Capitolo 1: Passato che stringe il presente
Il campanile segnalava che la sera si immetteva nel vivo, mentre un gelido intirizzimento si posava lungo la staccionata che attorniava il cortile.
Cristopher era ancora calato nel leggere le ultime righe che aveva da poco composto, ma riflettendo si intristiva di come non riuscisse a disporre su foglio quello che serbava dentro di se, ed allora con impeto intinse la punta della penna nell’inchiostro e imbrattò il brandello di carta che gli stava dinanzi cancellando quanto aveva scritto.
Faceva così oramai da molte,troppe sere.
-<< Maestro, venga, ha già provato duramente il suo corpo ultimamente, si avvicini dentro, ho già acceso il caminetto e la pentola con l’alloro è già sul fuoco>> - disse con apprensione il vecchio Rudolf, capo della servitù oramai da cinquant’anni per una delle famiglie più nobili di Londra.
Cristopher,che chiameremo anche scrittore, faceva parte di uno dei più ricchi e famosi ceti della capitale, nel Nord, ma la sua anima dotta lo portò fin da piccolo a dissociarsi dalla vita vellutata intercorsa nella sua giovinezza e subito dopo gli studi universitari decise di vivere da solo, lontano dagli spassosi portamenti nobiliari, dedicandosi esclusivamente alla sua passione: la letteratura.
L’unica cosa che dovette accettare dalle sue radici, e quindi dalla propria famiglia, fu una residenza fatiscente in una zona marginale (quasi a voler essere allontanato, di fatti non poteva esser ritenuto normale un figlio che non accetta tanta ricchezza per poi vivere di ideali fittizi) ed un vecchio maggiordomo, Rudolf appunto, che era indispensabile nella vita quotidiana quale il cucinare, stirare, riordinare etc.
Certo, non si illuda il lettore che il nostro Cristopher abbia gradito con intensità quanto “donatogli” dalla sua famiglia, infatti non passò molto tempo che decise di dislocarsi in una, ancor più cadente residenza comprata con le prime sterline procurate dalle sue pubblicazioni.
Non di alto livello in verità, in fondo le lobby editrici intraprendevano scuse per escludere qualsiasi opera, seppur di eccezionale splendore, dello Scrittore, che comunque aveva sempre voluto immaginare, seppur senza prove alcune, che a mettere in scena tanta viltà fosse proprio la sua famiglia, la quale era sempre speranzosa che messo alle strette economicamente rimpatriasse alle proprie origini.
Le uniche vie di sostentamento che gli permanevano in quegli anni, erano brevi articoli su giornali a tiratura men che locale, lezioni private di letteratura inglese a studenti e seminari in caffè letterari e fu proprio in questo luogo, al caffè più frequentato dai giovani scrittori emergenti, che vide per la prima volta Selene, seduta di fianco al pianoforte ed intenta a non togliere mai lo sguardo dai suoi prospetti. Ragazza sublime: capelli voluminosi, sguardo interessato e dolciastro, occhi grandi color mare riflesso su perle in sabbie dorate, altezza da ballerina e fisico esile.
<<Si entro Mister –assentì Cristopher a Rudolf, lo chiamava mister nei momenti in cui non voleva fargli pesare il fatto che nonostante tutto fosse il suo datore di lavoro-, dammi solo altri cinque minuti per gioirmi dell’ultima luce prima della sera.>>.
In realtà sarebbe passata quasi un’ora, e nelle ombre notturne, adagiato sulla sua sedia di vimini, nel giardino di ciliegie, pensò con ardore come proprio in quell’esatto momento del giorno, anni prima, vide, verosimilmente, per l’ultima volta Selene.
…CONTINUA…