questa è una relazione su una conferenza contro la pena di morte a cui ho assistito l'altra settimana.....
grazie a questa relazione ho preso 9 in filosofia, ma comunque non è molto importante il voto perchè alla fine sono andata lì per ascoltare cio che avevano da dire su questa pena, che oserei definire incivile, barbara e assolutamente ingiusta..... personalmente, e credo ke dalla relazione si capisca, sono decisamente contraria alla pena capitale...
lo so ke è un po lunga la relazione ma l'ho fatta proprio con il cuore, c'ho dato l'anima x scriverla xke m sta molto a cuore qsto argomento...e poi m è venuta proprio bene...
vabè eccola qui....
Sono le 18 e qualche minuto, l’aula è gremita, l’argomento alquanto scottante “No alla pena di morte”.
La conferenza tenutasi presso l’auditorium il giorno 27/11/2006 è la degna e doverosa conclusione di un percorso compiuto dalla comunità di S.Egidio di Sezze con le scuole medie inferiori e superiori del paese. Inserita all’interno del contesto “SI ALLA PACE”.
Oratori della conferenza l’insegnante Luisa Coluzzi della sezione setina della comunità, e un esponente della sezione della comunità della capitale.
Dopo i ringraziamenti d’obbligo, la signora Coluzzi ha esplicato il perchè della scelta di tale delicato argomento:
per prima cosa perchè la comunità organizzatrice in toto crede fermamente che la vita umana sia, al di là di tutto, un valore importantissimo e basilare e nessuno ha il diritto di arrogarsi la decisione sulla vita o sulla morte di un altro essere umano. Secondo poi perchè è da ormai tanti anni che la comunità intrattiene con molti detenuti nel braccio della morte un intenso rapporto di corrispondenza epistolare grazie al quale si è venuti a conoscenza delle realtà e del passato più o meno drammatico di ognuno di loro. Tra i tanti, troppi detenuti nel braccio della morte, sono venuti a conoscenza della storia di Dominick Green, un giovane diciassettenne che, non essendo riuscito a provare la sua innocenza per mancanza di denaro con cui pagare un avvocato, è stato giustiziato nel 2004. Da ultimo, ma non per ordine di importanza, la comunità ha deciso di organizzare tale conferenza perchè fermamente convinta che la vita può cambiare, per tutti, soprattutto partendo da proposte positive e che ognuno deve avere almeno una volta una seconda possibilità.
Pensando alla pena di morte, vengono alla mente molti sentimenti: odio, amicizia, vendetta, perdono, riscatto…. Ed è per aiutare tutte quelle persone dimenticate che la comunità di S.Egidio è da ormai 10 anni che intrattiene con loro corrispondenze regolari.
Facendo un breve sunto della storia della pena capitale bisogna dire che questa all’inizio del 1900 era largamente diffusa e praticata in tutto il mondo, fortunatamente venne piano piano abolita. Solo negli ultimi 10 anni è stata abolita da più della metà delle nazioni e al momento solo 50 Paesi conservano la pena capitale anche se solo 4 o 5 di questi compiono ancora esecuzioni regolarmente, provocando, però, più del 90% delle morti nel Mondo. Ma chi sono i Paesi moderni che conservano, purtroppo, ancora questa pena cosi barbara e antica?
Nel Vecchio Continente tutti i Paesi sono degni dell’aggettivo “moderno” perchè nessuno di loro conserva ancora la pena capitale, in Africa solo 10 Paesi conservano ancora tale pena anche se sono più di 10 anni che non ne praticano più l’uso e per questo sono definiti abolizionisti de facto; il 90% delle esecuzioni si svolge in Asia tra Cina, Singapore, Giappone, Corea, Vietnam… solo per citarne alcuni, ma non bisogna dimenticare alcuni stati della modernissima America.
Naturalmente la speranza è che la situazione cambi radicalmente o, per lo meno, che il numero delle esecuzioni diminuisca drasticamente.
Alla platea viene quindi proposto un video documentario di tutte quelle realtà di sofferenza e orrore in cui vivono migliaia di condannati e in cui sono costretti a morire.
“NON VALE LA PENA
–la ballata della morte-,
sei volti,
sei voci,
sei parti del Mondo,
sei squarci di vita”.
È questo il titolo del documentario scioccante sì, ma che purtroppo tratta una realtà tristemente vera anche se può sembrare assurda, troppo lontana dalla nostra.
Il video è incentrato sulle realtà, vere, di sei paesi del Mondo in cui vige la pena di morte.
Silenzio di stato, ucciderli è giusto, parlarne non serve. Uccidiamo per legge. Era indegno di vivere. Spetta a noi decidere. Uccidiamo da secoli. Sono queste alcune delle risposte che gli addetti sono soliti dare a chi porge loro domande sui “fatti”.
Uccidono solitamente in estate, quando la gente è in vacanza, non legge i giornali, non segue il tg come d’inverno. Si nascondono.
I condannati non sentono dolore, non subiscono tortura…. Uccidono con i guanti…..Minorenni o minorati, la legge è uguale per tutti. Moriranno quando vogliono “loro”…..Oggi si muore…, niente avvocati, nessun giornalista, nessuna notizia…. Parlarne non serve, muoiono e basta. L’importante è che non trapeli nessuna notizia, nessuno deve vedere e nessuno vedrà. L’errore? Può darsi….., è meglio non dirlo.
La seconda testimonianza arriva dallo Shentzen e racconta, documentando anche con le immagini relative alle esecuzioni di cui tratta, la routine quotidiana dei soldati addetti alle esecuzioni.
“Guardiamo, impariamo. Oggi sono arrivati 10 camion pieni di persone legati a gruppi di 5. Nessuno piange. Nessuno grida. Ognuno ha appeso al collo il cartello con scritto il reato per cui viene punito. Al momento cruciale, pochi secondi prima della morte, l’uomo piange. L’uomo grida. L’uomo muore. Uno sparo…. In ginocchio…. Il proiettile gli ha sfondato il cranio. La famiglia rivuole il corpo? Dovrà pagare il costo del proiettile usato per eseguire il proprio caro…. È il turno di un ragazzo, occhi azzurro cielo. Il colpo che si ode è più forte. Sarà per quegli occhi? Sono azzurri. Sono aperti. Sono spalancati. Sono serrati. Sono enormi. BAM! Il reato? Furto di verdura…..”
Tra le testimonianze c’è anche quella di un boia, addetto all’impiccagione nell’Entebbe, Victoria.
“Ne ho uccisi a centinaia. La morte? Un lavoro. Un mestiere. È onesto. È necessario.
Con il tempo si cresce, si impara. Mille volte l’ho fatto, l’ho fatto sempre uguale: ti prendo, è il tuo turno, braccia dietro la schiena. Non gridare, dura poco. La benda calata sugli occhi e ti porto con me, ti porto alla morte…. Non gridare, dai, sei vicino, non ti farò alcun male…. Ecco, è questa la stanza, metti il collo avanti. Stringo il nodo, quattro gocce d’olio ogni mattina…. Abbasso la leva, la botola si apre, come al solito. Uno schianto. Collo spezzato. La vita?.... Un ricordo. Per te ho preparato una cassa di legno, sono in tanti ad aspettarti sotto terra. È il mio lavoro. Domani a chi tocca????...”
È dal Texas, U.S.A, che arriva la quarta testimonianza. Quella di una giornalista pagata per assistere alla morte dei condannati. Pagata per scrivere e raccontare la morte di migliaia di persone. 700 righe per un bianco, 400 per un nero. Anche per raccontare la morte si è razzisti.
“Sei innocente? Lo dicono tutti, non serve. L’ago è pronto nella vena. La macchina si aziona. 10…. 9…. 8…. Lui muore 7…. Io guardo 6…. 5…. Lui muore 4…. 3…. 2…. Io scrivo 1….0….. Era un mostro, ha ucciso un bambino. Nessuna pietà per le bestie…. È morto? È morto. Peccato, non era un nero! Ci alziamo. Tutto fatto, tutto finito. Chi ride. Chi scherza. Come stai? Bene grazie. Buonanotte. Buonanotte!”
Le immagini scorrono. Si commentano da sole. La platea è in assoluto silenzio, contemplando le storie, vere e sconvolgenti, che vengono raccontate. Come quella che proviene da Quazim….
“Corpo a corpo, centinaia di donne, bambine, vecchie. È notte fonda, ma sono tutte sveglie; sveglie ed immobili. Il silenzio è assoluto. Colpo su colpo, corpo su corpo… Sono più di 300 per notte ad essere uccise. I reati? Femminista. Scrittrice. Adultera. Eretica. Strega. Donna.... È morta 4 volte, 4 volte è stata schierata contro quel muro, la quinta volta è stata l’ultima…. Aveva 15 anni.”
L’ultima realtà raccontata è quella di Havana, Cuba. È quella di una madre che rivuole riavere il corpo del figlio, giustiziato.
“Sono più di 6 ore che sono seduta su questa sedia. Voglio il corpo di mio figlio.
Mi hanno detto - Lo riavrà 24 ore dopo l’esecuzione. Entro domani lo riavrà all’ufficio apposito. Numero 16 20 70 - …. Lo voglio….
Erano in 20 contro quel muro. Puntare. Sparare.
È morto tremando? Nessuna risposta
È morto piangendo? Non posso rispondere
È morto sul colpo? Non posso saperlo
2 gessi, 1 sapone, 3 stringhe,1 bottone. È questo ciò che aveva.
Non c’era un diario? Segreto di stato.
Ho atteso sei ore, lo voglio quel corpo, lo voglio vedere…. Finalmente esce qualcuno da quella porta. È un militare. – Quel corpo è scomparso, lo stiamo cercando….ritorni domani –
RITORNI DOMANI…… MA CHI SIETE? CHI SIETE PER UCCIDERE…. PARLO A VOI, A VOI…… CHI SIETE PER UCCIDERE???? DITEMELO!”
Il video termina, le luci si riaccendono e un senso di amarezza, rabbia e odio riempie la sala. Il proiettore si spegne, ma prima su quello schermo compaiono tali parole “Le persone coinvolte in questo video non hanno ricevuto alcun compenso. Un aiuto contro l’INCIVILTÀ”
Il rappresentante della comunità di Roma riprende allora a parlare. Non commenta il video però, non ce n’è bisogno, le immagini parlavano chiare senza il bisogno di altre parole. Inizia a parlare spiegando l’impegno che quelli di S.Egidio hanno preso, un impegno su due fronti:
da una parte il coinvolgimento con lotte politiche di tutti quei paesi in cui la pena capitale è ancora in vigore, dall’altro un impegno a favore dei condannati teso a creare e a mantenere una rete di corrispondenza in U.S.A., Cina e Africa.
Egli spiega inoltre la realtà propria di ogni paese: spiega come in America sia troppo dispendioso pagare la parcella di un avvocato per difendere la propria innocenza, spiega come in Cina si ricevono dei soldi per perdonare l’assassino della vittima e spiega come in Africa molti condannati vengano aiutati economicamente, grazie a poche centinaia di euro con cui il detenuto può pagare un buon avvocato che lo riesca a scagionare e a riportare alla vita con l’abolizione della pena.
Continua inoltre affermando come sia testato che nei paesi in cui la pena capitale è in vigore e regolarmente eseguita il numero degli omicidi sia tutt’altro che basso. Inoltre bisogna ricordare che anche i detenuti sono comunque persone con dei sentimenti; essi attendono il giorno della loro morte che potrebbe arrivare da un momento all’altro, il mattino seguente o dopo 5, 10, 15 anni. E la tortura è proprio questa: sapere di dover morire, ma non sapere quando, l’attendere giorno per girono, momento per momento, la propria fine.
Negli ultimi anni una nota positiva c’è stata: si sta registrando un trend positivo e le pene eseguite sono diminuite rispetto al passato. Purtroppo però, la battaglia ancora non è conclusa e solo grazie a molti privati che sostengono, a diversi livelli, i condannati e le associazioni pro abolizione pena di morte, che 20 e più paesi hanno abolito, negli ultimi 20 anni, la pena capitale.
Come in ogni conferenza che si rispetti alla fine del discorso non sono mancate le domande. A chi chiedeva quale potrebbe essere l’alternativa a tale pena, è stato risposto che si propone un carcere duro, un carcere vero, rieducativo e punitivo al tempo stesso, non come i carceri attuali che di carcere hanno ormai ben poco. A tale scopo è stata organizzata tempo fa una sollecitazione ai governi africano quali quelli della Tanzania, dell’Etiopia e della Nigeria per tramutare, in occasione delle festività, la pena capitale di molti condannati in ergastolo; e cosi è stato ben 250 detenuti hanno visto la barbara punizione tramutarsi in ergastolo.
In molti hanno sollevato la questione “Se suo figlio venisse ucciso, come si comporterebbe?”. Situazione molto difficile e delicata, non c’è dubbio. Ma perchè si dovrebbe punire con lo spargimento di altro sangue? Sangue non lava sangue. Se una società attribuisce alla vita un tale valore che può addirittura essere spezzata senza che nessuno dica nulla, in modo addirittura legale, che società è? Lo stato in quanto tale non può e non deve farsi strumento di vendetta tanto pubblica quanto privata.
Perché si è più favorevoli alla guerra che uccide migliaia di vittime e, invece, si è contrari alla pena di morte? Il principio in fondo è lo stesso!