Giovedì, 30 Aprile, ore 13
Una goccia di sudore imperlò la testa rasata dell’uomo con la pistola. Scivolò fino ad affacciarsi in bilico al suo naso ansimante. Le mani stringevano l’arma fino a far sbiancare le nocche.
<< Vieni fuori con le mani alzate e butta la pistola sul pavimento! Non ti verrà usata violenza. Non peggiorare la tua situazione!>>.
L’agente più anziano aveva usato il megafono a pochi metri dalla porta di vetro della banca. Aveva un aspetto appesantito e neanche tanto convinto.
Una mano teneva il megafono, l’altra era fissa sulla fondina, pronta.
<< Pensate sia così che vanno le cose? Io non credo proprio!>>. Così dicendo afferrò la donna bionda, che si fece scappare un singulto più forte mentre finiva sotto il braccio possente del rapinatore. La fasciatura al braccio le diede una fitta di dolore e si colorò di rosso.
Lei lo fissò terrorizzata negli occhi celesti. In un’altra occasione, centinaia di miglia lontano da quella banca e da quella pistola, lo avrebbe definito un ragazzo attraente. Dopo che si era tolto il passamontagna aveva liberato lineamenti delicati. Ma lì, in quel momento, era solo il mostro che cercava di portarla via dall’amore dei suoi bambini.
Sul bancone c’era adagiato un sacco enorme. Pochi minuti prima l’uomo aveva costretto il cassiere a riempirlo di banconote. Questi non aveva minimamente opposto resistenza. In pochi istanti il guscio di tela era stato colmato. Alessio si accorse che era molto pesante. Ma le sue spalle erano forti. E il peso della libertà era una soma dolcissima.
Altri agenti si affiancarono al primo, formando una fila blu davanti alle vetrate.
Alessio cominciò a sudare ancora di più pensando a quello che aveva fatto.
Ora non ne poteva più uscire. La strada era solcata. Sarebbe dovuto passare in mezzo agli agenti e poteva farlo soltanto con un ostaggio stretto sotto il suo avambraccio e immobilizzato dalla canna della pistola schiacciata sulla tempia.
L’uomo in doppio petto era completamente nel panico. Continuava ad ansimare e a tenere la mano sinistra sul petto. Alessio lo aveva preso di mira immediatamente.
Era impossibile non notare l’abito blu che indossava. Alta sartoria da almeno duemila euro. Cravatta di seta. I capelli perfettamente gelatinati erano scesi sulla fronte, rompendo la plastica composizione all’indietro che aveva quando era entrato. La tracotanza si leggeva nell’arroganza dei suoi passi verso una fila che non aveva voluto rispettare. In mano sventolava un assegno da centoventimila euro da depositare.
Alessio fu certo che quella scena si verificasse quasi ogni giorno.
Ma non poteva scegliere lui come ostaggio no. Troppo nervoso. Imprevedibile.
Avrebbe potuto, con qualche gesto sconsiderato, fargli volare la pistola dalle mani. Lo avrebbero steso al suolo in un secondo.
Meglio scegliere la donna. Pur di tornare a casa avrebbe collaborato.
Ma proprio mentre le cingeva il collo fu sorpreso dalla mossa imprevista dell’uomo elegante. Scattò in piedi con un urlo di terrore e si gettò verso le vetrate per uscire.
In quell’urlo c’era la volontà cieca di sparire. L’illusione di salvarsi. Ma la sua corsa finì lì.
Con un rapido gesto Alessio gettò di lato la donna bionda scintillante di lacrime e fece fuoco. Senza una parola.
Il proiettile si conficcò al centro della schiena dell’uomo. E ben presto fu seguito da altri tre colpi.
L’assegno ancora stretto tra le mani finì in aria, e il suo lento atterrare diede a tutti l’impressione che l’intera scena si fosse svolta al rallentatore.
L’uomo fu schiacciato contro il vetro. Il sangue andò a macchiare la lucida superficie. L’ultimo proiettile gli aveva perforato la nuca, facendo sprizzare stille rosse in avanti.
L’immagine impietrita dalla morte fu riflessa negli occhi dell’agente che aveva parlato poco prima. Si era ritrovato faccia a faccia con gli ultimi istanti di respiro di quell’uomo avventato. Le mani scivolarono lungo il vetro mentre il luccichio dell’anello di brillanti faceva a botte coi raggi del sole.
Il corpo, ormai privato di quella vita tanto preziosa, scivolò in posizione innaturale sul pavimento.
Gli agenti fuori dalla porta ebbero una reazione tardiva, colti completamente di sorpresa dall’azione.
Alessio aveva agito d’istinto. E adesso le sue mani tremavano e il panico bussava forte. Ma fu ancora più sorpreso dal putiferio che si scatenò immediatamente dopo che tutti ebbero messo a fuoco l’accaduto, dentro e fuori dalla banca. I suoi ostaggi cominciarono a gridare. Incontrollabili saette di paura nascevano dalle loro voci disperate.
I poliziotti fuori dalla porta si schierarono in posizione di attacco.
Decine di pistole, di mitra, puntati verso di lui. Capì che il dado era tratto. Che non sarebbe mai uscito vivo da quella maledetta banca. Che tutti quei soldi che aveva messo nel sacco sarebbero tornati nelle tasche di mille altri fantocci come quello che aveva appena steso. Mentre tanta povera gente lottava per cento euro in più da ottenere a fine mese.
Capì che quella donna bionda era esattamente così. Negli occhi aveva i graffi del sacrificio. Ma anche la serenità del perdente soddisfatto. La invidiò.
Fu la sola a tenergli testa.
<< Non volevo fare del male a nessuno>>, si rivolse a tutti con labbra tremanti. Voglio solo quello che mi spetta! Sono stato licenziato quattro volte! E adesso basta!la devono pagare!>>
<< Che c’entriamo noi?>>, gli urlò la donna bionda da pochi metri.
<< Ognuno di noi ha una vita fuori e ci vogliamo tornare! I soldi? Pensi che possano pagare coi soldi il male fatto? A chi pensi di far pagare? Non tutti sventolano assegni da migliaia di euro! Io sono qui a ritirare i miei ultimi risparmi per riparare la cucina che è andata a fuoco! E poi non avremo più niente!>>.
Alessio fu messo con le spalle al muro. All’improvviso ebbe chiarezza che non stava colpendo chi avrebbe voluto. Stava soltanto scaricando la sua frustrazione su persone che non c’entravano niente.
E aveva appena ucciso un uomo. Quel pensiero gli paralizzò il flusso di ogni altro. Voleva solo essere altrove.
<< Tornerete alle vostre vite, la mia invece è finita>>.
Era stanco. La sua voce traspariva la sua stessa insicurezza.
Quell’attimo di pausa gelò le lacrime di tutte le persone in attesa.
<< Tu>>, disse indicando col mento la donna bionda, <<come ti chiami?>>
<< Donatella>>
<< Non ho mai preso un’arma in mano Donatella>>
La donna si inserì immediatamente nel varco che quell’uomo gli lasciava aperto. Il suo tono si era addolcito. Sembrava veramente sconfitto. Iniziava a fargli pena.
<< E allora posala. Mettila sul pavimento e lasciaci tornare a casa. Noi non abbiamo fatto niente. Ho due bambini. Saranno fuori la scuola ad aspettare la loro madre che tarda>>.
<< Come si chiamano?>>
<< Mariano e Saverio>>, e una lacrima gli scese prepotente lungo il solco delle altre.
<< Scommetto che sono bellissimi>>. Alessio abbassò la testa pensando a tutto quello che non aveva fatto nella vita. E come ultima scena aveva scelto quella performance vergognosa. Ne sarebbe uscito almeno con dignità.
<< Le cose si sistemeranno anche per te>>. La donna lo aveva detto col tono di chi ci crede veramente. Ma no, no. Era troppo tardi. Non aveva più forze per affrontare le conseguenze di quel gesto.
Si girò verso la donna gentile e sussurrò << Mi dispiace>>.
Da quelle parole Donatella capì che erano le ultime.
Alessio si portò la pistola alla tempia. Chiuse gli occhi e premette il grilletto. Ma la donna si gettò su di lui, riuscendo a deviare la pistola. Ma il colpo era già partito, e in una frazione di secondo fu nel petto di Donatella.
Il corpo immediatamente senza vita della donna coi capelli biondi finì a terra. Quei bambini avrebbero aspettato tutta la vita il ritorno della madre seduti sui gradini di una scuola.
Alessio rimase qualche istante a guardare basito il corpo esanime che gli aveva evitato di morire. Non poteva accettare che una vita più importante della sua fosse finita per colpa della sua follia e del suo egoismo. Per salvare la sua inutile esistenza.
Tutti gli ostaggi nella grande sala rimasero impietriti al loro posto, testimoni controvoglia di quella inutile tragedia. Protagonista la morte.
Fu l’agente con l’aria triste ad entrare per primo. Quel momento di distrazione aveva consentito ai poliziotti di entrare senza che nessun altro rimanesse ucciso.
Spalancarono la porta facendo scivolare il corpo del de Renziis lontano, seguito da una scia di sangue rappreso.
Alessio li vide posizionati e capì che era finita. Che aveva sbagliato tutto.
Vedeva a stento, attraverso un velo di lacrime che sbiadiva il mondo intorno a sé. Forse lo sbiadiva già da tutta una vita e non era mai riuscito a liberarsene.
Riuscì a vedere gli agenti prendere la mira e non riuscì a dare il comando alla mano di lasciar cadere la pistola. Aveva deciso che quella era l’unica fine giusta. Non avrebbe passato il resto dei suoi giorni ad impazzire in un carcere. Non ne aveva la forza.
Strinse l’arma ancora più forte puntandola verso quegli uomini in divisa sistemati come un plotone blu di fronte a lui.
Subito ognuno di loro lasciò partire un colpo. Più di venti proiettili raggiunsero il suo corpo. Sembrò quasi che si aprisse il varco un sorriso sul suo volto mentre moriva. Forse aveva avuto quello che voleva.
Finì a terra con un tonfo. I suoi occhi azzurri rimasero privi di vita, come di ghiaccio.
Il sangue sulla pelle pallida sembrava ancora più rosso.
Giovedì, 30 Aprile, ore 22
Salvatore Sciuto passeggiava da solo nel cortile di casa.
Aveva visto tante volte la morte coi suoi occhi. Ma mai aveva avuto le sfumature chiare di quella mattina.
Avrebbe voluto morire. Lasciare quella terra infame e ricongiungersi con sua figlia.
Avrebbe voluto che le acque di quel maledetto canale lo avessero inghiottito per sempre, lasciando di sé solo una sagoma livida.
Ma adesso… adesso aveva sentito l’odore della morte di chi aveva fame della vita.
Aveva visto quella donna cadere a terra e lasciare dietro di sé la scia di una famiglia perfetta. Di un marito amorevole. Di due bambini la cui vita era rovinata per sempre.
Tutto per tentare di salvare un uomo che aveva cercato di toglierle la vita.
Aveva visto quell’uomo morire a un metro dai suoi occhi. Si era spento guardandolo. Cercava solo di scappare dal pericolo. Il suo amore erano le sue cose, la sua ricchezza. E aveva combattuto per non perderle.
Aveva visto quel rapinatore perdere la ragione per un ideale. La sua storia era stata ricostruita. E anche se preda della follia, aveva perseguito la sua convinzione fino alla morte.
E lui? Cosa cercava di fare da cinque anni? Era un privilegiato e se n’era reso conto solo adesso.
Sentì forte il bisogno di un abbraccio di sua moglie.
Con le mani affondate nelle tasche della giacca cominciò a immaginarlo.
Percorse a passo svelto il vialetto coperto di foglie.
Non era mai stato così contento di tornare a casa.