LE CENTO BISACCE
C’era una volta un regno piccino e prospero dove un buon re felicemente regnava. Barbadoro lo chiamavano i suoi sudditi, perché aveva un barba lunga e lucente che, sotto i raggi del sole, mandava riflessi d’oro.
Questo re, vedovo da molti anni, aveva una figliola di nome Chiarastella, bella come una giornata di primavera, ma capricciosa e lunatica come il vento di marzo.
-Chiarastella! Ormai sei in età da marito!- le diceva il padre, con tono severo -Devi pensare a sposarti, o vuoi che il tuo vecchio padre non faccia in tempo a conoscere la sua discendenza?-ma la principessa faceva spallucce e sbuffava:
-Lasciamo stare padre! Non c’è uomo sulla terra per me!-
Il re scuoteva la testa e si consultava con la vecchia nutrice:-E dunque! Come le leveremo questa fissazione dalla testa…”Sulla terra,babbo, non c’è uomo per me!” … dovremmo forse farlo venire dalla luna questo futuro padre dei miei futuri, regali nipoti? Che ne dite voi, Biancamano?-
Come sempre, la nutrice si raddrizzava nei suoi pochi pollici di statura e si allargava nelle sue molte libbre di peso, finché, tutta tronfia come una vecchia chioccia, rispondeva:-Maestà! Certo, non c’è uomo pari in bellezza e bontà alla principessa vostra figlia! Giustamente, e dico GIUSTAMENTE! Ella ha rifiutato tutti i principi di casa reale dei dintorni, e anche i duchi e i baroni e…-
- Così mi aiutate, Bianca? Ma che disperazione deve provare un povero re che vuole diventare nonno?-replicava Barbadoro, tutto rosso per la rabbia.
E scuoteva la testa e andava a passeggiare nel parco del castello, ma senza trovare consolazione.
Per l’appunto una mattina, mentre passeggiava tra gli alberi maestosi, un uccellino bizzarro dal piumaggio colorato lo apostrofò da un ramo:
-Sire? Sire?-
Il re si fermò di colpo.
-Chi ha parlato?!-
-Sono io sire, Fiordibecco, per servirti!- cinguettò l’uccello.
-Tu parli? Che prodigio è mai questo!?-replicò il re meravigliato, accarezzandosi la barba che splendeva più che mai sotto il sole.
-Sì, mio re. Sono un uccellino fatato e conosco il cruccio del tuo cuore. Posso darti un buon suggerimento se vuoi fare un patto con me!- rispose Fiordibecco e scese su un ramo più basso,proprio davanti al viso del re.
-Un patto! Fra un pennuto e un re!? Non si è mai visto finora!- replicò sdegnosamente sua maestà.
-Pensavo- rispose il furbo uccellino -come sarebbe bello se questo parco risuonasse di grida e giochi di bambini, sire! Sarebbe bello vedere dei vostri nipotini correre qui intorno…-
Gli occhi del re si fecero sognanti e la sua voce si addolcì: -Certo, se solo Chiarastella
Si decidesse, se finalmente pensasse a prender marito…- sospirò Barbadoro.
-Io conosco un modo…- sussurrò Fiordibecco.
-Perbacco! Davvero !? parla,dunque, uccello sfacciato!-esclamò il re.
-Eh no, sire, prima i patti, poi lo stratagemma!-replicò il pennuto, alzando fieramente il becco in su.
Ormai il re era catturato dal sogno dei suoi discendenti e quindi, deposto ogni regale orgoglio, chiese: -Dunque, che cosa vuoi in cambio del tuo consiglio? Parla, te lo ordino!-
-La vostra barba, maestà!-rispose precipitosamente l’uccellino.
-Cooosa?- urlò il re, facendo un salto veramente insospettabile per la sua età e stringendosi entrambe le mani sulla bella barba -Ma che te ne faresti mai della mia regale barba?-riprese non appena ebbe ritrovato un po’di compostezza.
-Ecco, si dà il caso -soggiunse l’uccellino alzando fieramente la testolina -che anche io , nel mio regno di pennuti, si capisce, anche io sia…re! Nel mio nido mancano simboli adeguati alla mia, ecco, alla mia … nobiltà; ma con la vostra barba d’oro, maestà! Certo acquisterei molto rispetto dai miei sudditi! Che ne dite, dunque?-
-Mmmm…-meditò il re-e sia! Taglierò la mia barba e te la darò a cose fatte. D ‘accordo?-
-D’accordo!-replicò felice Fiordibecco.
-Parola di re?-
-Parola di re!-
Così i due sovrani suggellarono il loro patto in un modo curioso, perché l’uccellino volò sulla testa del re e gli dette una beccatina affettuosa che non sembrò affatto dispiacere al sovrano.
-Allora, adesso tocca a te parlare, uccellino impertinente…oh! Perdonami-sorrise il re, vedendo che il piccolo volatile gonfiava, offeso, le penne-dimmi, dunque, caro re volante, che cosa mi suggerisci?-
-Sire- cinguettò Fiordibecco con aria da cospiratore -chiamate le sarte del paese e fate confezionare da loro cento bisacce, ben forti e capienti; affidatele a cento pretendenti che vadano in cerca di un dono per la principessa. Chi di loro porterà il dono più gradito entro tre mesi, avrà la mano di Chiarastella!-
Così fu fatto. Tutte le sarte del reame tagliarono, cucirono, rifinirono e, in men che non si dica, le cento bisacce furono pronte; un banditore girò per il regno e, con il suo”Udite! Udite !” spiegò a tutti che cosa il re volesse, benché questo fosse quasi inutile, dal momento che la notizia era già trapelata e non si parlava d’altro in ogni dove. Ben presto si formò una lunga coda di uomini davanti al castello: chi giovane, chi vecchio,chi a piedi e chi a cavallo, chi povero, chi ricco…tutti volevano provare a ottenere la mano della figlia del re; ci provò perfino Mastro Grosso, che pure aveva tanto di moglie più cinque marmocchi: ma il Ciambellano reale, che conosceva tutti, lo mandò via a sonore bastonate.
Tutti i pretendenti partirono, il tempo trascorse e, allo scadere del terzo mese, la lunga fila si ricompose davanti al castello: tutti erano tornati con le bisacce piene e la speranza negli occhi.
Chiarastella sedette accanto al padre nella sala del trono e cominciò la sfilata degli aspiranti alla sua mano.
Un cavaliere aprì la bisaccia e ne trasse un superbo leone con un collare di diamanti: -Per voi, mia principessa!-disse. Ma il leone ruggì e Chiarastella si spaventò tanto che svenne, così il malcapitato cavaliere fu scacciato in malo modo. Un altro portò un nano che sapeva fare buffe capriole:-Per tenervi allegra, principessa!-. Ma il nano cadde, si fece male ad una gamba e Chiarastella si arrabbiò moltissimo.
E così via: i cento pretendenti sfilarono, aprirono le loro bisacce, ma nessun dono ebbe successo, tutti avevano qualcosa che irritava, spaventava o annoiava la fanciulla.
-A che punto siamo?-chiese, sconsolato, il re al suo ciambellano.
-Novantotto…novantanove…manca solo l’ultima, maestà!-rispose mesto il ciambellano.
A questo punto si udì un gran tramestio nelle sale adiacenti, con molte voci parlottanti e risatine , finché si vide entrare un uccellino multicolore che, con uno sforzo immane, trascinava una pesante bisaccia: svolazzando caparbiamente con le sue alucce, la sollevava un po’, la trasportava e poi precipitava con essa sul pavimento, in un grande svolazzare di piume e piumette che perdeva nello sforzo tra le risate dei presenti,pure non si fermava e ripartiva finché , giunto davanti al trono, ansimò:-Maestà, perdonate. Sono l’ultimo, ma spero abbiate la bontà…-
-Fiordibecco!-lo interruppe il re-Anche tu? Ma tu sei un uccellino! Molto impertinente, ma pur sempre un pennuto!-
-Oh, padre, vi prego!-intervenne Chiarastella -Lasciate che ci mostri il contenuto della sua bisaccia! Ha fatto uno sforzo così grande questa creatura, che lo merita più di tutti gli altri cavalieri!-
-E sia!-si rassegnò il re Barbadoro.
Così, Fiordibecco aprì la sua bisaccia e ne trasse un cuore, tutto rosso, che faceva impressione a vedersi per la sua rassomiglianza con un cuore vero, ma era fatto tutto di petali di fiori e piumette e bacche e scintillava tanto che sembrava anche battere.
-OOOOH!!-dissero tutti in coro alla corte e anche Chiarastella sembrò colpita.
-E’ il dono più bello, caro uccellino-gli si rivolse la principessa-e ti vorrò sempre bene per questo, ma…-
-Aspetta!-cinguettò Fiordibecco -Maestà! Presto ,la vostra barba!-e, poiché il re tentennava…-Maestà! Un re ha una sola parola, o sbaglio?-incalzò l’uccellino.
-E sia!-sospirò rassegnato il re e, con un paio di forbici d’oro che il ciambellano gli porgeva, tagliò la sua bella barba fluente e la porse al pennuto…ed ecco che, meraviglia!come la barba fu nel suo becco, l’uccello sparì in una nuvola dorata e al suo posto apparve un magnifico giovane che si precipitò a inginocchiarsi davanti a Chiarastella:-Finalmente, principessa, si è spezzato l’incantesimo cui mi aveva condannato una strega malvagia ed è merito del vostro buon cuore e della lealtà di vostro padre, volete sposarmi? Il mio regno e il mio cuore già vi appartengono!-
Così i due giovani si sposarono e sette giorni durarono i festeggiamenti, ben presto Barbadoro ebbe tanti di quei nipotini che ogni tanto, in segreto, rimpiangeva la quiete e il silenzio che prima regnavano sempre nella sua reggia…