Ciaoooooooooooooooooooo^^
Sto tentando anche io di buttare giù qualcosa....ma credo mi manchi ancora tanto sullo stile di scrittura....
Non guardate i nomi....li ho messi così a caso...
ma vorrei un vostro giudizio.....grazie...ciaooooooooooooooo^^
Era una notte invernale scura e fredda, il vento soffiava e strideva, mentre il mondo, assopito, sembrava fermarsi per non disturbare il solenne silenzio.
Hedmond, nonostante il sonno, sedeva ancora nel suo studio scrivendo alla fioca luce di una candela. Stava scrivendo una lettera per il Re, doveva comunicargli alcuni recenti fatti avvenuti, avrebbe dovuto finire di scrivere entro il giorno seguente, quando il messaggero sarebbe passato per raccogliere e consegnare la posta, ma le idee si confondevano nella sua mente, si sovrastavano l’una all’altra, impedendogli di scrivere pensieri di senso compiuto. Era dal pomeriggio che scriveva, o meglio, ci provava, ma ormai l’oscurità era così fitta che la debole fiammella non bastava più ad illuminare la vasta stanza in cui lavorava. Gli occhi iniziavano a fargli male, così si alzò dal suo scrittoio e si affacciò alla finestra: tutto era immobile, una coltre nebbiosa imbiancava le strade di Trivium, desolate a quella ora della notte. Un gruppo di ragazzini passò di fronte ai suoi occhi visibilmente ubriachi, barcollavano, sorreggendosi l’uno sull’altro e cantavano una canzone popolare che inneggiava il divertimento e la libertà. Hedmond si ritrovò a pensare con rabbia a quella giovinezza che la sua posizione sociale gli aveva sempre fatto vivere a metà e che non avrebbe mai potuto riavere. A quei pensieri un malinconico sorriso gli colorò il viso; a cosa serve rimpiangere ciò che ormai è perduto?
Sempre più stanco tornò alla sua scrivania: doveva finire quella lettera e quei pensieri non facevano altro che stancarlo più del dovuto; non era il caso di rimuginarci troppo sopra.
Intanto, nella foresta, nascosta tra i rovi e gli abeti centenari, una donna correva per avere salva la vita, tra le braccia reggeva un fagottino bianco e l’abito stracciato era ricoperto da scure macchie di sangue. Dietro di lei tre figure dai capelli argentei e occhi che parevano sprizzi di sangue, la inseguivano, riducendo la distanza ad ogni passo, la foresta era fitta e selvaggia e la donna faticava a scappare. Rami, liane e arbusti sembravano volere la sua cattura. Era ormai sul punto di mollare tutto e di lasciarsi catturare, quando la fortuna passò dalla sua parte, la fine della foresta era vicina e i primi deboli raggi del sole mattutino filtravano dai rami degli alberi. I tre inseguitori si fermarono di scatto, sapevano che il sole non avrebbe fatto altro che indebolirli e consapevoli che la ragazza non sarebbe potuta andare lontano, dopo alcune occhiate d’intesa, si raggrupparono e sparirono nel nulla. La ragazza li osservò esterrefatta - Un varco temporale…incredibile, nessuno ne ha più usati da millenni! - .Terrorizzata e stupita allo stesso tempo dalla scoperta e dolorante per le ferite, riprese a correre guardando il piccolo fagotto: doveva raggiungere la città il più presto possibile.
Hedmond si svegliò e ancora dilaniato dallo scomodo sonnellino sulla scrivania, guardò l’ora: la lettera! Non l’aveva completata e il messaggero aveva ormai lasciato Trivium. Ora avrebbe dovuto aspettare il mese seguente o partire per il castello, cosa che non lo allettava molto. Andò verso il bagno e si guardò allo specchio. Il viso stanco era ormai ricoperto di rughe profonde e la barba e i capelli avevano scordato il loro colore originario per lasciare posto ad una splendida gradazione di grigi. Tutto ad un tratto si sentiva vecchio, ma la cosa più che preoccuparlo lo divertiva: chi avrebbe mai creduto che sarebbe successo anche a lui? Si era sempre considerato infallibile, ma probabilmente il tempo era più forte anche di lui.
La nebbia della sera precedente era scomparsa ed il sole splendeva alto nel cielo di mezzogiorno. Uscì in giardino: voleva respirare quell’aria fresca e magari accendersi la pipa per godersi la bontà del tabacco importato dalle lontane terre del Mitland. La stava giusto preparando, quando davanti ai suoi occhi una splendida ragazza avvolta in un abito scuro cadere a terra. Lasciò la pipa e corse a soccorrere la sventurata, la girò e vide che era svenuta e ricoperta di sangue ovunque; la raccolse, tra le mani stringeva un fagottino bianco. Sempre attento a non fare cadere il fagotto trascinò la ragazza dentro casa e la stese sul letto. La ripulì dal sangue incrostato con un cotone umido e a mano a mano che il sangue veniva via, poteva vedere quanto era bella: capelli corvini le contornavano un viso dai lineamenti perfetti e la bocca leggermente aperta era piccola e morbida ed esile com’era poteva sembrare una fata delle antiche leggende. Prese dalle sue mani il fagotto e ne saggiò il peso, aveva una consistenza strana così decise di aprirlo .- Oh dei dei sette cieli! – tra le sue mani, nascosta tra i panni candidi, c’era una splendida bambina.