Era una mattina serena dopo una notte tumultuosa di sogni lugubri. Una mattina nata dal grembo di un caldo sole di primavera.
E quella mattina sembrava mi sorridesse con un energico slancio vitale...se non fosse stato per quella silente e nascosta sensazione di calma apparente.
Ma tutto procedeva con il suo ritmo naturale..come se quel giorno non potesse essere altro che come un fiume, placido...segue il corso del suo esistere senza innaturali e brusche deviazioni.
Ma quando un fiume devia...bruscamente le sue acque diventano un frastuono impetuoso, minaccioso.
E quel giorno venne a deviarsi.
La telefonata, l'ospedale, l'incidente...
il suo sangue
ormai solo una bevanda mesta per quell'avido asfalto.
Silentium cosmico.
Quel giorno straripò nel dolore.
La mia anima si lacerava tra le lame di pugnali gocciolanti del respiro nero, pesante e denso della morte.
E senza che quest'anima si alienasse dal mio corpo..io fui morta.
Ma morire veramente non potevo..
uccidermi? Le fiamme dell'inferno mi avrebbero diviso da lui.
E sono ancora qui...(dove posso ascoltare ancora il suo respiro)..sulla sua tomba..la mia dimora nell'attesa della morte.