La pioggia aveva finalmente smesso di cadere sulla capitale e la Cristoforo Colombo sembrava un fiume in piena di macchine. La gente saliva e scendeva dagli autobus.
A Vinci sembrava di vedere sempre la stessa scena mandata avanti col veloce. Era ormai buio da diverse ore e la gente si affrettava a tornare a casa per la cena.
Trovarono l’appartamento, o meglio la villetta di Guerra quasi subito. Il muro del giardino era avvolto da un alto cespuglio di edera per preservare dalla strada l’initmità degli abitanti. Un po’ coperto dalle foglie trovarono il cancelletto, ma era un ingresso privato, sprovvisto di citofono. Proprio mentre stavano per voltarsi sentirono una voce chiamare dall’interno. Era una donna.
“ Agenti? Prego”. Scese le scale del terrazzo e si avvicinò al cancello.
“ Sicuramente state cercando me. Sono Maria Salnelli”
“ Sì signora, in effetti vorremmo scambiare due parole con lei se possibile. Siamo molto spiacenti per suo marito”. All’unisono si tolsero il cappello. La donna, seria, abbassò lo sguardo “ Grazie”.
Aprì il cancello con un piccolo interruttore e li fece entrare in un giardino curato in modo maniacale. L’erba era intensa e di un verde sano, tagliata così ordinata da sembrare inglese. L’enorme pino che affacciava sulla strada, lasciando sul marciapiede pigne ed aghi, era appesantito dalla pioggia. L’albero di limoni era rigoglioso di frutti gialli, mentre il nespolo poco distante era spoglio e triste. Vinci sorrise malinconico a quel contrasto. La vita era così, la stagione dell’abbondanza e la stagione dell’assenza. A destra e a sinistra della piccola scala che portava alla terrazza c’erano due maestosi ficus. Senz’altro Guerra aveva un ottimo giardiniere.
Seguirono la signora fin dentro casa. “ Prego accomodatevi”. Presero posto sul divano di pelle bianca.
“ Signora, siamo venuti nella speranza che lei possa darci qualche informazione riguardo suo marito. E’ chiaro che non mi riferisco agli ultimi tre anni. Ci interesserebbe però sapere qualcosa riguardo le sue relazioni precedenti. Contatti con gruppi organizzati o altri collegamenti”
“ Capisco perfettamente. Ma mio marito non aveva nessun aggancio in alcun gruppo. Era solo un uomo senza grandi qualità ma con una grande ambizione. E non trovò nessun modo migliore per poterla soddisfare che organizzare una rapina. Fu un gesto molto sciocco. In ogni caso, come sicuramente saprete, Giorgio non si mosse da solo. Aveva un socio in quella scellerata operazione. Come si chiamava…”
“ Rino Gandini, sì lo sappiamo. E’latitante da allora. E’ riuscito a far perdere le proprie tracce. Avrà raggiunto il Sudamerica o chissà quale altro luogo”
“ No commissario devo contraddirla…”
“ Maresciallo signora, sono dei Carabinieri…”
“ Oh chiedo scusa. In ogni caso il signor Gandini venne circa un anno fa da me. Chiese che fine avesse fatto il denaro. Lui ne aveva preso solo un quarto. Io gli dissi che tutto quello che era in possesso di mio marito era stato restituito ai carabinieri. Era furibondo. Se ne andò imprecando e minacciando”
“ Scusi signora ma perché non venne da noi in quell’occasione?un latitante la viene a cercare, le chiede soldi, lancia minacce, e lei se ne va per la sua strada così, come se niente fosse accaduto?”
“ No comm…maresciallo in verità io non diedi peso alla cosa. Era un periodo in cui volevo solo dimenticarmi di mio marito. Le sue minacce non riguardavano me, ma Giorgio. E, come dire, lui era al sicuro. E poi era appena morto mio padre e in quei giorni avevo altro per la testa”.
Se Vinci si era aspettato di trovare una donna dimessa, alquanto ignorante e popolana, dovette ricredersi. La signora Bassani era una donna semplice ma nello stesso tempo prestava attenzione ai modi e al linguaggio. Evidentemente negli ultimi anni doveva aver avuto una profonda evoluzione grazie alla scalata sociale. Non potè fare a meno di ammirarla, anche per una certa tenerezza e ingenuità che non poteva nascondere dietro un velo di formalità. Gli occhi parlano più della bocca. E Vinci era un attento ascoltatore.
“ E in che consistevano queste minacce?lo aveva minacciato di morte?”
“ Non direttamente. Ma come saprà mio marito prese il minimo della pena grazie alla sua collaborazione. La restituzione della refurtiva ad esempio. E nel processo fece il nome del complice”
“ Questo è un dettaglio importante. All’epoca del processo io ero di servizio a Cagliari, ma faremo le dovute ricerche”. Gli bastò nominare quella città perché gli occhi si coprissero immediatamente di tristezza. Massirelli non aveva detto una parola, intento a prendere appunti. Ma fu fondamentale nel rompere il ghiaccio.
“ Bene signora, grazie. Non credo ci sia altro”.
Proprio mentre si alzarono sentirono la porta d’ingresso chiudersi. Entrò nella sala un uomo brizzolato. Era molto elegante nel suo lungo cappotto nero, il collo avvolto in una candida sciarpa bianca. I capelli fissati col gel. La sua presenza tradiva l’appartenenza ad una classe sociale ben più alta di tutti i presenti. Il mento squadrato contribuiva alla creazione di una persona decisamente interessante. Andò incontro ai due uomini in divisa con un sorriso gentile, come se fossero stati suoi ospiti.
“ Buonasera signori. Molto lieto sono Paolo Guerra”. Strinse la mano ad entrambi e salutò la compagna, che parve immediatamente rassicurata dalla sua presenza.
“ Buonasera signor Guerra, maresciallo Vinci. Eravamo venuti per avere informazioni sul marito della signora, Giorgio Bassani. Come saprà è stato assassinato questa mattina fuori il carcere”
“ Certo certo, ho saputo e sono venuto immediatamente. Ero in campagna, a Colleferro da un amico. Brutta storia davvero”
Parlava in modo perfetto, con una voce calma e rassicurante.
“ Lei aveva conosciuto personalmente il Bassani?”
“ No come avrei potuto. Ho conosciuto Maria dopo che lui fu arrestato. Ma da quello che mi racconta lei era un brav’uomo, al di là di certi errori. Certo non meritava una fine così tragica. Appena ottenuta la libertà poi”
“ Sì infatti”, intervenne Maria, “ l’ultima volta che ci ho parlato, circa un anno fa, non vedeva l’ora di uscire. Stava pensando di trovare un lavoro in una fabbrica a nord. A Padova ci sono certi suoi zii. Aveva voglia di ricominciare e io fui contenta. Anche io ne avevo molta. Lo avevo lasciato proprio quando fu arrestato. Gli sono rimasta vicino ugualmente. Pur avendo trovato un altro amore. Poi l’ultima volta mi aveva chiesto di non andare più e di pensare alla mia vita. Apprezzai molto quel gesto. Quando oggi pomeriggio mi avete chiamato per darmi la notizia sono rimasta veramente sconvolta. Ero appena tornata da casa di mia madre ed ero sola”
“ Va bene io direi che può bastare. Abbiamo qualche elemento da approfondire adesso. Vi ringraziamo per la collaborazione, ci faremo vivi”
“ Per qualunque cosa siamo a disposizione maresciallo” concluse con garbo l’uomo affascinante stringendo a sé la compagna.
“ Buonanotte” e così dicendo Vinci si rimise il cappello e si diresse verso l’uscita. Verso una notte gelida senza neanche una stella.
La mattina dopo il carcere di Regina Coeli era coperto dalle nuvole, come tutta Roma. Vinci si era svegliato all’alba e alle otto era già fuori le pesanti porte che neanche ventiquattr’ore prima avevano visto vivo per l’ultima volta Giorgio Bassani.
Fu introdotto immediatamente nello studio privato del direttore, un suo vecchio amico del primo periodo a Roma, prima di essere trasferito in Sardegna. Aveva una simpatia fuori dal comune per un uomo che passa tutta la vita in carcere. Una sorta di ergastolano, perché la sua era una libertà finta.
“ Ogni tanto mi vieni a trovare eh Marco?”. La sua voce era un tuono.
Una mosca ronzava fastidiosamente sulle vetrate dello studio.
“ Fosse per me non ci sarei mai venuto qua dentro. Ma stavolta era necessario”, disse col sorriso più sincero che gli venne.
“ Già so il motivo della tua visita. Da ieri non si parla d’altro qui. Bassani. Neanche il tempo di uscire che si ritrova al cimitero. Roba da matti. Ma se vuoi sapere se qualcuno ha visto qualcosa devo deluderti. Non c’erano sentinelle fuori, con quel tempo. Gli agenti di turno erano all’interno del portone”
“ No, non speravo in quello figurati. Sono venuto più che altro per sapere dei rapporti del Bassani con altri detenuti in questi anni. Il fatto che sia stato ucciso dopo pochi minuti di libertà sta a significare che qualcuno di fuori non aspettava altro. Quindi si tratta di qualcosa nato o immediatamente prima di entrare in carcere, o stesso qui, fra le tue celle direttore”
“ Capisco. Che posso dirti? Il suo compagno di cella ad esempio era un certo Saverio Del Gaudio. Anche lui una bella condanna per rapina. La seconda a dire il vero. Aveva scontato i primi tre anni dal 97, poi l’ultima condanna è stata di cinque”
“ Bene, mi ci fai parlare? Soltanto pochi minuti, il tempo di capire se Bassani avesse paure, o altri progetti”
“ E ti devo deludere di nuovo Marco. Purtroppo, e dico purtroppo per la società intera, Del Gaudio è uscito a novembre”
“ Interessante…ascolta e con quale altro detenuto posso parlare?qualcuno che abbia avuto rapporti con uno dei due insomma”
“ Non saprei. Anzi sì, guarda in quattro formavano un gruppetto abbastanza unito. Oltre ai due, c’erano i fratelli De Biasi. Sono dentro per il furto di un carico di stoffe. Diciamo che non sono esattamente due alte menti criminali. Però potrebbero aiutarti. Li faccio chiamare”
I fratelli De Biasi erano due colossi dall’aria tutt’altro che sveglia. Furono introdotti nella stanza delle udienze numero uno da tre agenti della penitenziaria. Quando videro l’uomo in divisa che li attendeva protestarono a gran voce.
“ Ma chi ce vole parlà co st’infame! Riportatece ar gabbio!”
Vinci prese subito in mano la situazione. “ Non c’è bisogno di fare i matti. Devo solo farvi qualche domanda e vi prometto che il direttore avrà un occhio di riguardo per voi. Sono il maresciallo Vinci”. I fratelli, che già pensavano al televisore al plasma e alla play station che avrebbero avuto in cella, diventarono subito mansueti, e presero posto davanti al carabiniere.
“ Voi conoscevate Giorgio Bassani vero?”
“ Sì stavamo spesso insieme”. A parlare era stato quello dei due che sembrava meno tonto, coi capelli a spazzola da marines.
“ Vi aveva detto qualcosa?non so temeva qualcosa fuori? Doveva dei soldi a qualcuno?”
“ No, a parte quel complice che aveva no. Ma quello chissà ndo è scappato”
“ Non vi aveva parlato di qualche progetto che aveva una volta uscito?o se aveva avuto qualche discussione qui con qualche altro detenuto?”
I due si guardarono in faccia insicuri. Vinci capì che c’era qualcosa da dire che rischiava di rimanere taciuto, e li incalzò. “ Ricordatevi dell’occhio di riguardo”
Fu l’altro a parlare, quello più grosso, con la testa rasata. “ Veramente ce sarebbe er lametta…uhm…Giorgio s’era messo in mezzo a certe cose sue”. Parlava un romanesco tanto marcato e biascicato da avere un effetto comico.
“ Chi sarebbe questo lametta?”. L’altro fratello era a disagio e guardava altrove.
“ Saverio faceva de nome. Lo chiamavano così perché c’aveva sempre coltelli in mano quando stava fori”
“ Ebbene che sarebbe successo con questo lametta?”
“ Era uno un po’ matto. E pare che voleva organizzà un'altra rapina na volta fori. Giorgio l’aveva saputo e voleva partecipare. Marescià uno è uscito a novembre e l’altro ce lo sapete. Quindi se poteva fa. Ma er lametta non ne voleva sapè niente. E quer Giorgio, matto pure lui lo andò a minacciare. Di raccontare tutto alla polizia”
“ Non vi disse nient’altro questo Saverio?”
“ No, solo che forse avrebbe risolto lui. Che nun se faceva prende in giro da un morto de fame”
“ Ho capito. Va bene così può bastare”. Il fratello più grosso guardò l’altro quasi per cercare approvazione alla sua loquacità. Ma il fratello era imperturbabile. Allora aggiunse “ Me raccomandò eh marescià, se ricordi de noi”
Ma Vinci era già di spalle bussando impaziente alla porta di ferro.