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Autore Topic: Come cambia il linguaggio  (Letto 4100 volte)

Offline kant.51

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Come cambia il linguaggio
« il: 18 Gennaio 2010, 15:56:29 pm »
Citazione
Come cambia la lingua degli under 18
«Scialla», non per coprirsi ma per invitare a darsi una calmata; «Bella», non è un complimento rivolto a una ragazza ma il saluto più utilizzato dagli adolescenti italiani. «Emo», non è un extraterrestre ma il diminutivo di emotivo, aggettivo che indica chi tende al sentimentalismo mostrando il lato debole e vulnerabile del suo carattere. «Truzzo», non è un animale in via d’estinzione ma un «discotecaro» con capelli a spazzola e zeppe. Letteralmente «colui che va in discoteca», forse deriva dal suono onomatopeico «tuz tuz» identificativo della musica house. È il vocabolario dei giovani, irriverente, anticonformista, fantasioso, creativo. Uno slang fatto di sigle e metafore inventate, rielaborate, accorciate e qualche volta raddoppiate.

Un linguaggio che si evolve e cambia ogni dieci anni ed è quindi impossibile cercare di intrappolarlo e codificarlo nei classici dizionari, l’unica è stargli dietro in tempo reale. Se fino a qualche tempo fa infatti si usava l’italiano per le situazioni formali e il dialetto per quelle colloquiali e familiari oggi il linguaggio giovanile è diventato una realtà linguistica che sostituisce il gergo popolare a livello del parlare affettivo, emotivo e informale. Alla radice del linguaggio giovanile spesso c’è, opportunamente rielaborato, il dialetto.

Da una periferia all’altra cambia la compagnia di riferimento e ogni gruppo evidenzia qualche vocabolo autoctono. A Roma si va «a mazzetta» o «a rota» quando si fa qualcosa ripetutamente, quasi fosse un’ossessione. A Milano si va a «pasturare» non per pescare ma per andare a conoscere persone dell’altro sesso con lo scopo di avere rapporti. E se poi si rimorchia una «vreccia» vuol dire che la ricerca ha prodotto i suoi frutti.

A Napoli infatti è l’aggettivo che viene usato dai giovani per indicare una donna particolarmente dotata fisicamente. E se c’è qualche concorrente si può tranquillamente «pezzare», ossia fare a pezzi. «Il fenomeno del linguaggio giovanile - spiega il professore Michele Cortelazzo, docente di linguistica italiana all’università di Padova - è del tutto analogo a quello del vestirsi in una data maniera, a seconda del gruppo di appartenenza. L’intento -aggiunge l’esperto- è quello, da una parte, di distinguersi dagli adulti, e dall’altra, di condividere gli stessi valori e gli stessi obiettivi. Cioè il parlare allo stesso modo fa si che "io" sia uguale a quelli del mio gruppo ma contemporaneamente diverso da tutti gli altri che ne sono fuori».
Da LA STAMPA.IT, costume, il caso
cKappa ^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*° Sì che ti voglio bene, bene davvero...

Offline Juliet

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Re: Come cambia il linguaggio
« Risposta #1 il: 21 Gennaio 2010, 18:35:07 pm »
questo topic mi era sfuggito...comunque vero, noi giovani tendiamo ad usare un vocabolario molto diverso da quello..normale; ma non penso sia solo per distinguersi dagli adulti...credo che il cambiamento di linguaggio derivi anche dal fatto che molti di noi più giovani in realtà non sappiano più nemmeno cosa sia l'italiano...tendiamo a cambiare le parole, accorciandole, quasi volessimo risparmiare il fiato o inventarle, come se ci permettesse di essere classificati come geni...e intanto perdiamo la capacità di parlare la nostra VERA lingua...
vorrei solo fare una precisazione..l'emo non è esattamente la persona descritta nell'articolo, ma è proprio il nome di una moda e di una categoria di persone che segue questa moda..
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline martola

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Re: Come cambia il linguaggio
« Risposta #2 il: 29 Maggio 2010, 12:40:27 pm »
Io sono convinta, invece, che questo parlare a consonanti, ad abbreviazioni ecc., sia un modo per distinguersi e per "riconoscersi"...come ho già detto in un altro topic, poi sta al giovane cresciuto essere in grado di abbandonare questo slang per passare all'utilizzo di un italiano corretto (pur, in casi si estrema informalità, con qualche parola appartenente a questo slang).
"Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti"
(Fabio Volo, "Il Giorno In Più")