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Guardando attraverso gli occhi di quella donna impaurita che era sempre stata, Claudia rivide quel mondo che ormai non le apparteneva più, fatto di gioia e amore. Una vita fatta di eterna giovinezza, di quell’innocenza infinita che a Claudia mancava tanto. Accarezzò la cornice impolverata della fotografia che teneva in mano, mentre stava seduta su un tappeto di foglie morte portate dal vento. Le tende bianche, forse l’unica cosa rimasta intatta in quella casa senza più un padrone, si muovevano leggere come fantasmi nell’aria fresca dell’alba. Fin dal momento in cui aveva varcato la soglia di quella villa, Claudia aveva sentito il passato scorrerle nuovamente addosso, con i suoi ricordi e i suoi pensieri che prendevano vita. Immersa nell’ombra, Claudia si alzò in piedi e prese a camminare, lentamente, quasi a passo di danza, gettando ogni tanto uno sguardo indietro, osservando quelle impronte nella polvere candida, bianca come la neve, pura come quell’innocenza che, aveva sempre pensato, era morta troppo rapidamente.
Si avvicinò al vecchio pianoforte, oramai scordato e privo della maggior parte dei tasti. Lo sfiorò con un dito, liberando una piccole nube di polvere illuminata dalla debole luce del sole nascente che filtrava attraverso qualche buco delle ante. Sedendosi sullo sgabello di pelle lacerata dal tempo, Claudia appoggiò sulle gambe la fotografia che teneva stretta al cuore e lasciò liberi i ricordi legati a quella casa, mentre le sue dita scorrevano veloci sui pochi tasti del pianoforte. La musica del vecchio strumento le fece rimettere ordine in quella stanza priva di vita. Claudia chiuse gli occhi, mentre nella sua mente il lampadario di cristallo tornava al suo posto sul soffitto, illuminato da decine di candele. Rivide la tavola apparecchiata, i fiori appena colti erano nel vaso bianco; una fotografia in bianco e nero era appesa al muro, accanto ad uno specchio dalla cornice dorata. Con gli occhi della mente, Claudia si avvicinò alla fotografia che la ritraeva accanto al marito, il giorno delle nozze. Si guardò a lungo nel ritratto, per poi osservare la propria immagine nello specchio, vedendosi com’era allora, giovane e bella. Il suono del vecchio pianoforte si propagò per tutta la stanza, trapassando la finestra. Attraversò il giardino e la siepe e il bosco, per poi tornare indietro e penetrare profondamente nella mente di Claudia che attraverso i suoi ricordi teneva stretto a sé il marito. Nei momenti più sconfortanti tornava nella loro vecchia casa, ormai mezza diroccata e suonava quel pianoforte che la portava lontano nel tempo e sentiva vicino quell’uomo che aveva amato così tanto, quell’uomo che in fondo non l’aveva mai abbandonata. Quando pensava a lui, quando le memorie si impossessavano di lei, il dolore che provava spariva, si attutiva fino a scomparire. Nei momenti di silenzio seguiva il percorso della sua mente, alla ricerca di quelle parole e di quelle cose che sembravano perdute; immaginava che lui fosse proprio lì, accanto a lei.
Claudia smise di suonare, mentre nella sua mente il lampadario si infrangeva in mille pezzi. Le candele erano spente ormai e il vaso giaceva a terra privo dell’acqua e di quei fiori che donavano vita alla stanza. Tutto tornò in bianco e nero, quando Claudia aprì gli occhi. Cosa avrebbe dato per sapere dove si trovava ora lui, se stava bene, se qualcosa poteva ancora ferirlo. Attorno c’era solo un grande silenzio, mentre dentro di lei la sua anima gridava pietà. Claudia si alzò e con lo stesso passo lento e trascinato si avviò verso l’atrio, mentre le lacrime silenziose creavano nuove orme nella polvere grigia.