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Autore Topic: Counting Falls  (Letto 5628 volte)

Offline Frances

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Counting Falls
« il: 30 Settembre 2006, 12:38:40 pm »
spero vi piaccia!

-Cap 1

Counting Falls era una cittadina apparentemente normale e simile a molte altre province di Boston, Stati Uniti.
Era una giornata illuminata da un bellissimo sole mattutino, che creava delle delle ombre e dei colori molto suggestivi agli occhi dei suoi abitanti. Un piccolo paese formato da quattro strade principali e alcune stradine secondarie, che dagli appassionati dei piccoli centri era considerato un dono di Dio.
Era completamente circondata da alberi nel pieno della fioritura, quel giorno. Il giardiniere Sam stava proprio guardando con ammirazione uno di questi, particolarmente fiorito.
A Counting Falls vivevano poco più di trenta famiglie; c’erano una scuola, un panettiere, un meccanico, un’oreficieria, un minimarket, un negozio di fiori, un fastfood e due ristoranti( i quali erano convinti che a Counting falls fossero gli unici ad avere tanta concorrenza). Tutti i proprietari erano ben conosciuti all’interno della cittadina e godevano di un’ottima reputazione.
Il preside della scuola era Tom Flint quegli anni. Che allo stesso tempo era proprietario del minimarket. Il panettiere invece veniva chiamato “tartaruga Will” , anche se il suo vero nome era Will Sanchez, perchè molti anni prima ancora solo trentenne aveva vinto la gara dei panettieri di Boston con il suo panino a forma di tartaruga alto un metro e sessanta centimetri. Molte foto nella sua panetteria lo raffiguravano mentre gli veniva dato il premio. I fratelli Posin invece lavoravano nell’oreficieria e molti dei cittadini pensavano che loro facessero gran bei soldi a Boston, dato che si credeva fossero invischiati con la mafia, anche se nessuno osava farne parola. Il negozio di fiori ovviamente era seguito dal giardiniere Sam, che aveva smesso di lavorare ai giardini dei ricchi di Boston quando era stato investito da una macchina in corsa, ed era rimasto paralizzato. Da quel giorno cambiò casa e si trasferì da Boston a Counting falls, nella quale non esistevano né crimini né povertà estrema ( o almeno così si credeva) e dove avrebbe potuto stare tranquillo lontano di clacson della grande città.
Il fastfood era un nuovo arrivo a Counting falls, era una delle grandi catene che aveva esteso il proprio dominio a Boston,e che ora si stava impadronendo anche delle piccole province. I due propretari dei ristoranti erano Tom Silicio e Christina Bents, i quali si odiavano fin da quando avevano aperto i due ristoranti, vent’anni prima, nella setssa salita che portava alla scuola. C’era chi diceva che Tom fosse quello che andasse meglio economicamente, chi diceva il contrario. I più maligni pensavano che entrambi non sapessero preparare nemmeno un bistecca, ed altri ancora erano convinti che un giorno i due avrebbero convolato a nozze.
Quello era uno dei tanti giorni soleggianti a Counting falls. Will stava aprendo la panetteria, Tom Silicio stava mettendo fuori i tavoli in caso arrivasse qualche cliente che volesse pranzare fuori. Christina aveva seguito l’esempio, seccata dal fatto che non fosse stata lei a pensarci prima.
Il meccanico Phil stava aveva aperto la porta del suo garage, e già era al lavoro con una macchina che gli avevano portato il giorno prima. Mentre era steso, sotto quella macchina, pensava intensamente alla scuola. Aveva dato tutto per quel garage, aveva compromesso persino il suo andamento al liceo di Boston, quando era morto il padre per cancro al pankreas. Aveva una enorme paura di dover passare la vita sotto le macchine e sporco d’olio, anzichè fare ciò per cui suo padre aveva investito per anni, anche morendo di fame, studiare e fare un lavoro di prestigio. Suo padre non avrebbe mai voluto che lui diventasse un povero meccanico, costretto ad una vita difficile e senza soddisfazioni. Aveva dato tutto ciò che aveva per far sì che Phil non diventasse come lui, dal denaro alla vita stessa. Ora Phil pensava a quanto dovesse essere infuriato con lui, anzi poteva persino giurare di sentire le urla stridule che provenivano da sottoterra, che continuavano a ripetere una cantilena “Perchè ti stai buttando via?”. Sapeva che se fosse stato ancora vivo adesso gli avrebbe detto “ Phil basta con le macchine. L’unica macchina che devi usare è il tuo cervello! Vai in camera e studia, sfaticato!”; Phil non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe avuto voglia di andare a studiare, ma quel giorno era arrivato.
Il sole illuminava il portone di ferro del garage del meccanico, creava dei chiaroscuri fra le lamine; gli alberi, pieni di frutti, lasciavano un manto di piccoli petali che venivano trasportati dal vento per tutta Lambert Road.
D’un tratto un’ombra nascose il portone di ferro ed il rumore di un’auto sicuramente messa male coprì il lieve soffio del vento. Dalla macchina scese una donna alta, magra, molto conosciuta in città. Era la figlia di un famoso avvocato di Boston, che aveva vinto innumerevoli cause, alcune seguite persino dai telegiornali.
Phil si tirò fuori dalla macchina, si alzò e aprì il garage. Quando la vide fece un largo sorriso. Era contento di vederla, da molto non veniva a trovarlo. L’aveva sempre trovata una donna bellissima e gentile, il tipo di ragazza che intendeva trovarsi, ed era ormai da quasi un anno che pensava a lei come la donna più bella e intelligente che avesse mai conosciuto.
<< Salve signora Wood, posso fare qualcosa per lei?>>
<< Oh si Phil, guarda: ieri ho avuto un incidente.>>
<< Mi dispiace, ma vedo che sta bene>>
<< Io si, ma il guidatore dell’altra macchina se l’è vista brutta: per fortuna aveva la cintura. Si è solo rotto un polso.>>
<< Di chi era la colpa?>>
<< Mia. Non l’ho visto mentre attraversavo un incrocio. Puoi fare qualcosa per questa macchina entro domani?>>
<< Domani? Ho un sacco di lavoro, è davvero troppo poco. Magari per sabato è pronta.>>
<< Senti Phil, io per domani ho bisogno di quella macchina, ti pagherò il doppio se vuoi>>
<< Signora Wood non so proprio se riesco a..>>
<< Devi riuscirci! Te lo chiedo perfavore, almeno fà sì che e non si senta più qull’orribile rumore. No devi necessariamente mettermela a nuovo. D’accordo?>>
<< Va bene, vedo cosa posso fare.>>
<< Ok, domattina passo a riprenderla. Arrivederci>>
<< Arrivederci.>>
Phil mise la macchina nel garage e lasciò aperto il portone d’acciaio. Doveva immediatamente mettersi al lavoro per finire in tempo la macchina della signora Wood. Mentre guardava il motore, cercando il problema, si rese conto che la signora Wood era stata davvero scortese con lui, il che era molto strano. Intanto aveva trovato ciò che poteva essere un problema: la carrozzeria piegata lateralmente toccava pesantemente una parte del motore. Prese un pezzo di ferro e cercò di piegare l’ammaccatura. Prese le chiavi ed entrò in macchina, cercando di capire se avesse risolto o no il problema. L’accese, ma ancora il motore emetteva strani rumori, così lo spense e staccò le chiavi. Nel fare questo urtò la manopola della marcia e gli caddero le chiavi. Si chinò per raccoglierle e nel farlo trovò un oggetto che mai si sarebbe sognato di trovare: una pistola avvolta in un foulard nero. La prese e la guardò, lì seduto dal lato del guidatore, e per almeno dieci minuti non distolse il proprio sguardo. Mille pensieri gli balenarono in testa. Che cos’era la signora Wood, un’assassina o una donna impaurita dai milioni di stupratori e ladri esistenti? Phil se la vedeva più come una spietata e sexy assassina, proprio come aveva visto in tv. Ma chi avrebbe dovuto uccidere? Suo Padre? Sua madre, forse? Proprio Phil non riusciva a capacitarsi della presenza di quella pistola, dentro la macchina della donna dei suoi sogni. Guardò anche il foulard. Era nero con dei motivi bianchi stampati sopra. Lo annusò: portava il profumo che aveva sentito su di lei quando le era andato vicino mentre lei era girata a firmare un assegno: non poteva dimenticarselo: quella volta aveva capito che ne era completamente innamorato. Lo posò sull’altro sedile, per paura di poterlo imbrattare con le mani sporche di olio.


ne posterò ancora più avanti!

Offline Giusva

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Counting Falls
« Risposta #1 il: 30 Settembre 2006, 17:30:58 pm »
Lo stampo e lo leggo questa sera.. mi piace farlo a letto (oddio che brutta frase!!)  :D  :D  :D  
Giusva
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Counting Falls
« Risposta #2 il: 30 Settembre 2006, 18:27:23 pm »
molto bello anke questo!
brava brava continua a stupirci!
Per avere qualcosa che non hai mai avuto devi fare qualcosa che non hai mai fatto

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Offline Frances

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Counting Falls
« Risposta #3 il: 1 Ottobre 2006, 11:28:25 am »
grazieeeeeeeeee!!!!!!!!!!!! i love you  :wub:  

Offline Albert

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Counting Falls
« Risposta #4 il: 3 Ottobre 2006, 20:15:29 pm »
Un film, questa è la sceneggiatura di un film!!!  :D  :D  

....non voglio morire
scoprendo di non aver vissuto....


....if I die tomorrow, I'd be allright because I believe
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Offline Manfry

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Counting Falls
« Risposta #5 il: 6 Ottobre 2006, 21:06:21 pm »
Bellissimo come inizio!!!!! Mah, forse la prima parte un po' descrittiva... ma poi inizia la suspence!!! Complimentiiiiiiii
ATTENDO CON ANSIA IL SEGUITOOOOOOOO
MANFRY

Non esistono né pregi né difetti, ma solo caratteristiche che ci rendono unici.

Offline Giusva

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Counting Falls
« Risposta #6 il: 8 Ottobre 2006, 16:11:18 pm »
Non l'ho letto "a letto", ma in treno ieri sera mentre tornavo da una veloce gita.. mi piace un sacco. Inizialmente parti tranquilla e non sembra nulla di eclatante, ma poi il tono cambia e rende la lettura davvero piacevole... e poi adoro questo tipo di argomenti.

Solo un appunto, fai attenzione alle ripetizioni del nome Phil, che in alcuni punti sono molte!
Giusva
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Offline Frances

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Counting Falls
« Risposta #7 il: 10 Ottobre 2006, 21:58:00 pm »
un film! mah, forse! XDXD grazie ragazzi! adesso ne aggiungo un pò dai!

L’indomani mattina Phil era stanchissimo per la notte passata in bianco a pensare cosa avrebbe potuto dire all’arrivo della Signora Wood.
Come al solito il gardiniere Sam stava aprendo il negozio di fiori, Tom Silicio lanciava occhiatacce a Christina Bents, Tartaruga Will toglieva dal forno alcune pagnotte perfettamente impastate. Tutto procedeva come sempre, a Counting falls.
Verso metà mattinata Phil sentì dei tacchi che camminavano nervosamente vicino al portone d’acciaio. Lo sollevò e la vide, bella come non mai. Lei entrò e disse:
<< Allora, Phil, sei riuscito a mettermela a posto?>>
<< Si, certo, non potrà fare molti chilometri, perchè il motore potrebbe guastarsi da un momento all’altro, ma sono riuscito a non far sentire l’orrendo rumore di cui parlava ieri.>>
<< Benissimo, Phil, come ringraziarti?>> Gli fece un gran sorriso e Phil si sentì quasi male.
<< Va benissimo così, signora. Daltronde è così raro vedere una luce più bella del sole del mattino a Counting Falls, e lei ci è riuscita.>>
<< Cosa?>> Disse sorridendo maliziosamente.
<< Parlavo dei suoi occhi, si illuminano meravigliosamente quando sorride>>
<< Grazie, Phil, ma non è il momento per i complimenti.>>
<< Comunque io adesso so il suo segreto.>>
La Signora Woods si allarmò, quasi come se nascondesse qualcosa di ben più grande di una pistola in macchina.
<< Avvicinati.>>
Phil si avvicinò, come lei gli aveva fatto segno.
<< Senti, Phil, adesso non ho proprio tempo per i tuoi giochi, come posso spiegartelo? Mi dici o no di che cosa ca**o stai parlando? Eh?>>
<< Signora, mi lasci, mi fa male>>
<< Tu adesso puoi chiamarmi anche Michelle.>>
Michelle aveva stretto il braccio di Phil, e lui non riusciva a pensare ad altro che al suo profumo.
<< Ho scoperto la sua pistola, Michelle.>>
Michelle per un attimo rimase come interdetta. Lasciò il braccio di Phil e si rallegrò quasi, sospirando.
<< Non ha capito cosa ho detto, Michelle?>>
<< Ho capito bene, Phil. Tu mi stai dicendo che adesso non posso nemmeno difendermi.>>
Michelle si allontanò, e con un sorriso disse:
<< Non è vero, Phil?>>
Phil voleva saltarle addosso.
Si avvicinò a lei e le sussurrò:
<< Ma quella pistola non la usa per difendersi, vero?>>
Michelle a quel punto non sapeva più che fare, così fece la cosa che le riuscì meglio: abbindolare un uomo; lo baciò e lui , all’inizio stupito di quella mossa, ne rispose bene.
Lui la costrinse ad appoggiarsi sulla sua macchina, e a quel punto fu impossibile dividerli.


Alle Tredici in punto Phil era sotto la stessa macchina del giorno prima, stavolta a pensare a ciò che aveva fatto nella mattinata.
Aveva l’impressione di non essere mai stato così radioso. Mai si sarebbe aspettato che una donna come Michelle potesse minimamente volerlo. Ma doveva capirlo, nel corso degli anni di occhiate, sguardi languidi e parole più o meno dolci, Michelle gli aveva lanciato molti segnali.
Adesso gli sembrava tutto così limpido: Michelle lo voleva da molto tempo, più di quanto lui avesse cominciato a fantasticare su di lei.

Michelle intanto pensava a ben altro. Si chiedeva se fosse riuscita ad abbindolare Phil in modo che si dimenticasse della pistola che aveva trovato. A sentirlo fischiettare pareva proprio di sì.
Anche se aveva ormai raggiunto il suo scopo non se la sentiva di troncare la relazione, in quanto Phil era per lei come uno scampo dalla propria vita.
Non aveva mai conosciuto un uomo come lui, che l’aveva trattata con tanta cura per anni, e che quasi aveva paura di poterla guardare per rovinarla, anzi, non aveva mai avuto la minima speranza che potessero esistere persone così. Che si stesse innamorando? No, lei sapeva bene cosa volesse dire innamorarsi. Questo sentimento da lei mai provato la faceva sentire come al sicuro dalla sua vita, ed era un sentimento più forte dell’amore. Un sentimento che si nasconde all’interno della propria mente e si custodisce gelosamente.

Si rivestì in pochi minuti, si truccò ancor più velocemente, si mise gli occhiali e le scarpe, poi bussò sul cofano della macchina sotto la quale Phil stava lavorando.

<< Sì??>> Disse Phil felicemente. Michelle si accorse immediatamente della macchia di grasso che aveva in fronte.
<< Sei sporco, aspetta che ti pulisco>>
<< Dove?>>
<< Sulla fronte>> disse lei mentre tirava fuori dalla borsa un fazzoletto profumato. << Senti, adesso devo andare assolutamente.>>
<< Tornerai?>>
<< Certo, dovrò pur venire a ridarti la macchina, no?>> Disse in modo sarcastico sorridendo. Ancora una volta Phil si sentì momentaneamente euforico.
Michelle ovviamente aveva capito cose volesse intendere, così disse:
<< Mercoledì sera alle undici verrò a riportartela.>>
<< Allora a mercoledì alle undici>> Disse Phil, anche se con un pò di tristezza perchè mancavano ancora cinque giorni a mercoledì.
Lei gli sorrise e immediatamente si girò e se ne andò, camminando in modo regale sui suoi tacchi alti.

Adesso Phil era solo, ma non faceva altro che pensare a lei. Ogni minuto si distraeva da ciò che faceva, ad esempio gli era capitato più volte in una giornata di guardare impalato il motore della macchina su cui stava lavorando.
Appena furono le cinque del pomeriggio chiuse i battenti e salì per poter andare a dormire.
In camera sua ripensava ancora agli strani eventi della giornata con felicità ed entusiasmo. D’un tratto però gli capitò di vedere una foto del padre, e allora ricominciarono a balenargli in testa quei progetti che lui aveva fatto per la sua felicità. Certo non prevedevano una relazione con una delle donne più belle e rispettate di Counting Falls e Boston, e nemmeno una vita passata a riverniciare macchine. Come poteva però pagarsi l’università? Era ormai al quinto anno del liceo, anche se pensava che probabilmente lo avrebbero bocciato per le numerose assenze, ma era un problema altrettanto consistente.
Si alzò dal suo letto e andò in cucina assetato. Aprì il frigorifero e subito gli venne voglia di latte fresco, così aprì il cartone.
Cazzo, pensò, maledetto coltello, e maledetto latte! Si era fatto un taglio profondo al pollice. Aprì immediatamente l’acqua fredda del rubinetto e mise sotto la mano.
Guardò istantaneamente l’orologio: mezzanotte. Ancora quattro giorni a mercoledì.

Quando finalmente il sangue smise di sgorgare dal suo pollice si avvolse il dito con un tovagliolo e tornò in camera sua. Si sentiva stanchissimo, ma una sensazione di nausea mista ad ansia gli impediva di dormire. Passò dal dormiveglia all’essere completamente sveglio per tutta la notte.
Alle sei di mattina era già in piedi. Sotto la doccia non faceva altro che pensare al corpo longilineo di Michelle, ai suoi capelli curatissimi, alle sue unghie rosse, alle sue labbra candide. Come faceva una cosa così bella vivere in un posto come Counting falls? Una donna così bella, generosa, interessante, simpatica, intelligente come lei? Come le era saltato in mente di vivere in un mortorio come Counting Falls? Insomma, tutti sapevano che lei era una donna dinamica, alla quale non piaceva stare ferma. Andava sempre a Boston per lavoro e ogni giorno tornava al piccolo paese. A questo punto Phil si chiedeva come una donna con tutto quel denaro e nessuna ragione per restare a Counting Falls non si trasferiva a Boston, al posto di partire la mattina presto per poter arrivarci. Glielo avrebbe chiesto mercoledì. Uscì dalla doccia e guardò l’orario: le otto e mezzo, ancora troppo tempo a mercoledì.
 

Offline Manfry

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Counting Falls
« Risposta #8 il: 10 Ottobre 2006, 23:48:59 pm »
Bellissima anche la seconda parte... prende sempre di piùùùù
Attendo il restoooo
Promette molto bene.... :) hehhehe mi sa che ricomincerò pure io a scrivere :D
MANFRY

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Offline Albert

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Counting Falls
« Risposta #9 il: 13 Ottobre 2006, 12:10:46 pm »
Concordo....la storia si fa intrigante..... :ph34r:  :ph34r:  

....non voglio morire
scoprendo di non aver vissuto....


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Offline Giusva

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Counting Falls
« Risposta #10 il: 14 Ottobre 2006, 23:13:30 pm »
Non lasciarci aspettare :))
Non ho commentato prima perché sto aspettando di leggerlo tutto.

Intrigantissimo (come dice Albert), davvero bello!!!
Giusva
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Counting Falls
« Risposta #11 il: 15 Ottobre 2006, 21:01:00 pm »
very very very good!
I like it SO much!

 :)

:ph34r:  (è la sindrome da 6 ore settimanali di corso d inglese!)  :ph34r:  
Per avere qualcosa che non hai mai avuto devi fare qualcosa che non hai mai fatto

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Offline Frances

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Counting Falls
« Risposta #12 il: 15 Ottobre 2006, 23:06:33 pm »
che bello mi fa piacerissimo che vi piaccia!!

-Capitolo 2


<< Stan, Stan!!>> Urlò una voce da lontano.
Stan si girò e vide che una donna le stava venendo incontro. Era Julie, una sua compagna di classe.

<< Dimmi.>>
<< Ma sai che cosa è successo a Phil?? Non si fa più vedere. Mi sto preoccupando per lui.>>
<< E’ solo ancora scosso per suo padre. Presto tornerà, credo.>>
<< Ah, ok. Te lo chiedevo perchè quando la settimana scorsa era venuto a casa mia aveva dimenticato questo.>>
Julie fece vedere a Stan un libretto rosso. Lo conosceva bene, era uno di quei tanti oggetti di cui Phil si muniva quando doveva uscire. Ad ogni ora registrava cosa gli era accaduto. Se fosse stato in tempi normali, pensò Stan, a quest’ora sarebbe impazzito. Ma evidentemente aveva altro a cui pensare. Stan lo prese e disse:
<< Grazie, appena lo vedo glielo ridò.>>
<< Ok, allora ti saluto.>>
Julie gli sorrise e si girò per andarsene.

Stan era il figlio di Tom Silicio, il proprietario di uno dei ristoranti di Counting Falls. Aveva sempre frequentato la scuola in compagnia di Phil, dalle scuole elementari fino al liceo. Sentiva adesso più che mai la sua mancanza, dato che il padre era diventato per lui un estraneo e la madre era morta molti anni prima. Comprendeva perfettamente come si sentiva Phil, per questo aveva deciso di togliersi di mezzo e lasciare che il tempo facesse il suo effetto, come una medicina, perchè ricordava che alla morte della madre Stan non voleva altro che stare da solo e aspettare lo scorrere inesorabile delle ore, ricordando la vita che aveva avuto, quella che gli era stata tolta per far spazio ad una nuova condizione. Stan non aveva ancora superato perfettamente quel momento, lo dimostrava il fatto che di notte avesse ancora gli incubi che raffiguravano la madre come l’aveva vista l’ultima volta. La madre di Stan si chiamava Katie, era una grande lavoratrice e una donna saggia, talmente saggia che riusciva pure a tener testa al padre senza nessuna difficoltà, solo usando la sua saggezza e le sue conoscenze.  Aveva fatto una brutta fine per questa sua testardaggine e questa sua superiorità intellettiva, infatti era stata uccisa proprio per questo motivo.

Katie, dopo essersi sposata con Tom era felicissima. Le cresceva in grembo un bambino, aveva un marito premuroso, una famiglia sana e agiata. Non poteva andare meglio per Katie, se non fosse nell’indole del suo carattere crearsi guai. Stan nacque, e Katie lo curò amorevolmente fino all’età di tredici anni. Stan era un bambino felice, si sentiva bene perchè aveva una madre che lo sosteneva in tutto e anzi lo spingeva ad avverare i propri desideri, anche se gli insegnava solo il lato buono della vita. Il lato cattivo era lasciato al padre, Tom, che pareva sempre irato e irragionevole, anche se era proprio lui che voleva più bene a Stan, colui che cercava di proteggerlo dai suoi sbagli. Quando Stan ebbe compiuto i suoi tredici anni Katie impazzì; cominciò a picchiare Stan per ogni minima sciocchezza, ad avere crisi nervose e incredibili sbalzi d’umore. Fu proprio allora che venne rinchiusa in un ospedale psichiatrico, nel quale, dopo un anno, avrebbe perso la vita. Stan continuava a pensare che l’avessero uccisa, perchè non riusciva  a capacitarsi della instabilità della madre che aveva idolatrato per anni.
Nel giorno in cui Katie era morta lei aveva avuto una grossa crisi senza un motivo apparente. Gli infermieri cercarono di calmarla, ce n’erano due a bloccarle le braccia, due a bloccarle le gambe, mentre un medico scriveva su un libretto proprio davanti a lei. Katie era molto forte, tanto che riuscì a liberarsi un braccio e a rubare la penna del medico e in fretta e furia infilarsela in gola.
Stan era ancora convinto che non fosse assolutamente vero, che la madre sie era difesa dagli attacchi degli infermieri, in pratica cercava di darsi una spiegazione. Nel suo subconscio sapeva che tutto ciò che gli era stato detto corrispondeva alla verità, ma non voleva dare ascolto nemmeno a se stesso. Ed ecco come si immaginava sua madre negli incubi: truccata finemente, il taglio alla gola coperto dal vestito, gli occhi chiusi, sdraiata.

Pensando a questo stan tornò a casa. Prese le chiavi e le infilò nella serratura. Appena nell’atrio vide suo padre che lo guardava con sguardo assente. Il padre, pur essendo un grande lavoratore e un uomo molto forte ancora, quando non era al ristorante, lasciava andare i suoi sentimenti e prendeva le sembianze di un cadavere.
<< Ciao papà.>>
<< Ciao Stan.>>
si scambiarono queste sole parole prima che Stan salisse nella sua camera. Posò la cartella e prese la chitarra. Aveva una voglia incredibile di suonare ultimamente, probabilmente perchè in questo modo scaricava le sue energie su qualcos’altro che non fosse vivo. Sapeva che se non avesse avuto la chitarra non avrebbe avuto nemmeno uno svago e la sua felicità sarebbe andata persa per sempre. Teneva gelosamente questo strumento per lui tanto lo adorava, non lo faceva usare a nessuno, se non a dei chitarristi esperti come lui. Molte volte Phil gli chiedeva perchè non avesse mai voluto formare una band, e lui scherzosamente diceva che se si crea una band si smette di fare musica e si comincia a fare marketing. Ovviamente non lo pensava, anzi non gli sarebbe dispiaciuto suonare insieme ad altri oltre che con se stesso.
Mentre Stan strimpellava un pò suonò il telefono. Stan si bloccò all’istante e uscì dalla sua camera. Il telefono era posto vicino ad un mobile in salotto, proprio a tre passi c’era il padre che guardava l’apparecchio con sguardo vuoto. Stan  scese di corsa e rispose.
 

Offline *Tinkerbell*

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Counting Falls
« Risposta #13 il: 15 Ottobre 2006, 23:58:19 pm »
la cosa inizia a farsi ancora + interessante! solo ke secondo me dovresti evitare d ripetere troppo spesso il soggetto, ad esempio nelle ultime tre righe è sempre Stan ke compie le azioni ma in tre frasi il suo nome è ripetuto tre volte:
Mentre Stan strimpellava un pò suonò il telefono. Stan si bloccò all’istante e uscì dalla sua camera.[...] Stan scese di corsa e rispose.
nn so nn m filano tanto tutti qsti "Stan".
 :blink:  
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Counting Falls
« Risposta #14 il: 16 Ottobre 2006, 16:03:18 pm »
Citazione
la cosa inizia a farsi ancora + interessante! solo ke secondo me dovresti evitare d ripetere troppo spesso il soggetto, ad esempio nelle ultime tre righe è sempre Stan ke compie le azioni ma in tre frasi il suo nome è ripetuto tre volte:
Mentre Stan strimpellava un pò suonò il telefono. Stan si bloccò all’istante e uscì dalla sua camera.[...] Stan scese di corsa e rispose.
nn so nn m filano tanto tutti qsti "Stan".
 :blink:
lo so che è un problema, ma mi sembra sempre che il soggetto della frase possa risultare diverso dal mio punto di vista rispetto a quelli che lo leggono... cioè... cambio molto spesso i soggetti all'interno di un solo periodo, quindi non riesco a non scrivere così... lo so che è cacofonico, ma sinceramente non saprei come comportarmi altrimenti...