“Analizza anzitutto se esistono indizi sicuri del male che dovrebbe sopraggiungere: per lo più sono i sospetti la causa della nostra sofferenza, e siamo ingannati dalle dicerie che sogliono far perdere una guerra e, a maggior ragione, abbattono gli individui. E' così, o mio Lucilio, ci associamo troppo in fretta alle opinioni della gente, non osserviamo sotto una giusta luce ciò che ci spinge alla paura né lo analizziamo, ma trepidiamo e voltiamo le spalle, come quei soldati che per il polverone sollevato da una mandria in fuga abbandonano in tutta fretta l'accampamento, o che sono atterriti dal diffondersi di qualche fandonia chissà da chi inventata. Non so come, ma le pure invenzioni ci sconvolgono di più; la verità ha in effetti una sua misura; tutto ciò che è frutto d'incertezza entra nel dominio della congettura e delle fantasie di un animo in preda alla paura. Non c'è dunque nulla di così disastroso, di tanto incontrollabile quanto il timor panico, perché, se le angosce di altro genere sono infondate, quelle provocate dal panico non hanno alcun senso.”
(Seneca, Lettere morali a Lucilio, libro secondo)
La paura quindi ci intrappola, tenendoci impegnati altrove, anziché sul presente. Tutti vorremmo avere più tempo e meno paure, pur non capendo che invece di impiegare il tempo a desiderarne altro, dovremmo accontentarci e vivere di quello che abbiamo.