Vivere in una trincea è la cosa più devastante che esista, pareti di terra quasi si fanno beffa di te, perchè se le guardi ti sembrano l'anticamera di un cimitero, un presagio.
Aspetto gli ordini, quelli che arrivano mi sembrano da suicidio, ma devo obbedire, perchè un militare obbedisce sempre e guardo i miei uomini, io capitano, guardo le loro facce di paura e mi chiedo quanti torneranno indietro. Odio la guerra ma era l'unico lavoro a cui potevo aspirare, io figlio di contadini analfabeti, io istruito nelle scuole del Duce almeno so scrivere e leggere, sono l'orgoglio di mia madre e la rabbia di mio padre. Torno a guardare i miei uomini hanno fiducia in me, alcuni li conosco da tempo altri un pò meno, impartisco gli ordini e dentro di me spero che non vadano allo sbando. Aspetto rinforzi ma sò che non arriveranno, sono troppo lontani. Siamo pronti, il nemico è qualche collina più in là, le informazioni arrivano scarse, ma devo fidarmi.
Siamo tornati e siamo molti meno di quelli partiti, con l'odore del sangue nel naso e le urla di disperazione delle orecchie, vorrei lavarmi, ma l'acqua è bene prezioso. Le mani mi tremano e ho il sangue di altri. E' notte e la luna sembra ridere di noi disperati. Alcuni militi vengono a chiedermi di scrivere a casa, sono l'unico rimasto che sa scrivere. Le lettere ormai sono parte integrante della nostra stupida quotidianità. Scrivo alle mogli, alle fidanzate, ai genitori scrivo della vita che facciamo, loro mi dettano quello che voglio che a casa sappiano, non è sempre la realtà. A volte mi guardano come a cercare la parole. Le lettere più belle sono quelle alle fidanzate, qualche poesia stentata, qualche parola d'amore imbarazzata. Ho visto questi uomini combattere e li vedo ora davanti a me cercare di essere teneri, questa guerra uccide lentamente quello che abbiamo dentro. Siamo partiti dalle nostre città e sappiamo che non ritorneremo.
Sono seduto con le spalle appoggiate alla parete della trincea e scrivo in questo mio diario, inizia a mancare la carta, le matite e anche il cibo e le munizioni. Siamo stati lasciati soli, rileggo la lettera appena arrivata dal comando dove mi avvertono che mia madre è morta, non ho tempo di piangere tra poco inizia il mio turno, penso a mio padre attaccato a qualche bottiglia. Ho tempo per chiudere un pò gli occhi e la mente ritorna a quando ero più giovane, mi consolo con i ricordi.
ps. questo è solo una piccola sintesi di un racconto scritto da me