Capitolo 2: L'incontro
La musica è la mia passione. Sento ogni nota scavare il mio profondo, come fosse un battito d'ali, la sua dolcezza dondolare tra i meandri della mia coscienza, portandomi in una dimensione via via diversa, a seconda dei tasti del piano che scendon giù, di volta in volta. Il mio sguardo fisso tra più universi. E' sempre accaduto così.
Ma oggi no, oggi è un'altra storia: ecco che un silenzioso richiamo mi riporta alla realtà; un'onda di indicibile spessore, un'alta marea sfavillante,un intenso blu, che mi ammalia, mi travolge. Un uomo. Bello. I capelli in uno studiato scompiglio: color dell'oro, sono. Le labbra carnose e vellutate, la carnagione chiara, delicata, perfetta.
<< Il fascino della musica cede al vostro cospetto>> ma i miei occhi erano già persi nei suoi, in uno sconfinato spazio in cui nulla avrebbe potuto permettermi di replicare alcunchè. Il silenzio. Lo guardavo, intensamente.
Il suo sguardo si fa ancor più dolce, e abbassando gli occhi mi porge una rosa.
Mi lascia con una celestiale suono << Un altro tempo giungerà, e noi saremo insieme.>>
Tornata a casa, non riuscivo ad allontanare l'immagine impressa nella mia mente, quegli occhi, quella tenerezza, quelle parole; e la rosa sembrava essere l'unico elemento capace di catturare il mio sguardo,nella stanza. Non riuscivo, non potevo dormire.
Infilo la vestaglia di seta, e mi appresto ad uscire dalla stanza. Apro frettolosamente la porta. Rumore di passi. No,non è il momento. Richiudo. Mi appoggio contro la porta. <<Cos'hai Selene, che il tuo occhio oltre non giunge? Che il tuo orecchio, statico, più non ode?>> Nessuna risposta, solo un lieve tremore alle ginocchia. Riapro la porta, sguscio via.
Mi imbatto nella più profonda notte, mi avvicino alla fontana a cento passi dalla dimora dei miei. Nemmeno lo scrosciare dell'acqua mi distoglie dal pensiero di lui. E allora sarà la sua freschezza a salvarmi? Devo tentare. Immergo tutto il capo nella limpidezza di quella fontana. E' fredda, molto fredda. Un brivido mi attraversa completamente, lasciandomi stordita. Ma sono sempre io, e sempre di quell'uomo è l'immagine che ho dinanzi. Mi piego per terra, mi siedo, alzando le gambe e accostando le ginocchia. Appoggio il capo su di esse, e lente le gocce d'acqua scivolano sulla vestaglia color della neve. E una nuova essenza, caldissima, si ritrova a solcare il mio viso.
Piansi per ore. Poi, accanto al mormorìo della vecchia fontana, mi addormentai sperando fosse solo un sogno.
...CONTINUA...