Appena sveglia sei più infantile di un pulcino.
Arruffata dal riposo come un prato calpestato dalle corse
rientri dai tuoi sogni senza averli abbandonati.
Dipani il sonno tirando il filo da uno sbadiglio.
Rotoli via ridendo e muti in gioa la nostalgia della notte,
la svuoti degli eccessi di culto
ed avvii la processione
al Santo Giorno patrono della vita
e della tua grazia.
Il Santo Giorno, per tua intercessione,
accoglie una supplica di carezze che ti muovo
ed inizia così una corsa di mani
sul lastricato d’ebano che orna la tua schiena.
Ma scossa, fuggi.
E voli via farfalla audace.
Sei nel chiarore una danza di pudore.
E non t’inseguo.
Perché i miei occhi temono la tua ombra.
Quell’ombra adulta.
Ombra fine dell’incanto!
Ora, seduta, hai cosce ampie di stupore albino.
Il lenzuolo è una baia di odori purissimi
che fluttuano sommandosi ai nostri sudori
quando un raggio inforca le persiane chiuse.
Stropiccio vesti. Mi stringo ad ogni panno che ti ha toccato.
Col respiro ne scavo ogni meandro e inspiro te e tossisco la tua anima
ormai padrona dei miei polmoni.
Organizzi il sole in uno spiraglio di luce,
dai un posto ai sentimenti
e ne governi il sapore in un caffè.
Ti raccolgo dalla prima acqua che ti purifica
e il nuovo battesimo quotidiano
mostra la tua appartenenza alle schiere di Dio.
Come in un trigono con l’aria,
tu ed io grondiamo freschezza di passione
e raccolgo le mani per bere
ai piedi di una cascata di sorrisi
dalla fonte dei tuoi occhi.