Mentre viaggiavamo in attesa di arrivare, mi chiesi cosa avrei trovato. Immaginavo una marea di ragazzi persi, imbruttiti da quella bestia di polverina da iniettare in vena. Immaginavo la stanchezza nei loro volti, la depressione, l’infelicità, la delusione, la rassegnazione. Credevo di trovare un carcere senza sbarre e con una grande tristezza dentro.
Un pochino avevo paura. Stavo per entrare in un altro mondo. Non era il tipo di mondo a farmi spavento, era la paura di trovare ciò che mi aspettavo..non volevo rabbrividire, non volevo chiudermi.
Arrivammo, io e un’amica, dopo qualche ora di viaggio in treno. Prendemmo un bus per arrivare fin li…anche il paese sembrava un po’ triste..Le foglie morte non coloravano di certo quell’ambiente e anche le persone che ci passavano accanto contribuivano al grigiore. Mi son fatto quindicimila castelli in aria, la paura mi stava affogando..affogavo tutti i giorni comunque, ma tra l’acqua e la sabbia c’è una differenza.
Una volta li davanti, rimasi molto colpito. Era una grande, grandissima, casa. Avete presente le fattorie dei telefilm americani? Identica. C’era un grande spazio verde, gli animali, l’aria buona. Vidi tre uomini che lavoravano tra gli arnesi del capanno li affianco, mi avvicinai e chiesi loro dov’era la direttrice. Loro risposero che non ne avevano idea cosi, uno di loro, andò a cercarla. Intanto ci offrirono del latte appena munto..era molto buono.
“Io mio chiamo Francis” disse uno dei due rimasti al capanno.
“Draco” disse l’altro.
“Molto piacere io sono Damiano, lei è Miriam” risposi “siete operai immagino”
Risero entrambi e Francis disse “Siamo ospiti”..rimasi di sasso. Non perché ero di fronte a due ex tossici, ma perché…stavano lavorando e c’era molta felicità nei loro occhi. Erano vivi..
“Uao” fu l’unica parola che fui in grado di pronunciare
“si, spesso, le persone che vengono qui per la prima volta, si aspettano di trovare una specie di prigione per criminali, un’enorme cella di malati, ma non è cosi. Siamo vivi, come te e la tua amica, abbiamo avuto solo troppa paura della vita, in un momento molto delicato della nostra” disse Francis.
“E per fortuna esistono queste strutture…ormai son sei anni che son qua, ho finito il mio programma di recupero e ci lavoro… e non intendo andarmene” aggiunse Draco.
Rimasi in silenzio, emisi solo qualche sibilo strano…la cosa che mi stupiva non era l’aria del posto, o il modo in cui mungevano le vacche, o quello che mi avevano detto…fu la naturalezza, la forza…. l’orgoglio con il quale parlavano di ciò che li sconvolse, di ciò che li riprese e di come volevano lottare ora. Era bellissimo, mi sentii vivo. Gli dissi tutto questo, parlammo del più e del meno per qualche minuto, quando arrivò il terzo con la direttrice della comunità.
“salve ragazzi, io sono Emma” disse la donna “questo qui è Marco” continuò lei riferendosi all’uomo che la cercò.
Ci presentammo anche noi e in un piccolo lasso di tempo notai tutto di quella donna. Bassa, minuta…una voce profonda che non gli si addiceva minimamente. Capelli neri, occhi castano chiaro, stava sulla cinquantina e li portava in modo pesantissimo. Dai suoi occhi si leggeva la stanchezza e l’allegria. Era consumata ma soddisfatta per quello che stava facendo…era una donna giusta e posata.
Ci fece strada, chiedendoci chi volevamo vedere. Miriam disse “Siamo amici di Pasquale..Pasquale Ippocolo”
“oh si, è quello che mi ha dato piu grattacapi e soddisfazioni negli ultimi mesi. E’ esuberante, allegro, vivace, forte…vuole strafare a volte”. Rise.
Poi continuò “è molto solo, viene solo la madre a trovarlo ogni tanto, per questo vi concederò la giornata con lui anche senza un appuntamento prestabilito”
La ringraziammo e ci guidò dentro.