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Autore Topic: Senza titolo  (Letto 2085 volte)

Offline Juliet

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Senza titolo
« il: 7 Maggio 2010, 19:00:34 pm »
Oggi mia madre mi ha ucciso.
Sono un bambino, o come vengo chiamato dagli adulti, un feto, di sole 5 settimane. Mi chiamo “Esserino”. È così che mia mamma si riferisce a me. Non ho un nome, un nome vero, come tutti i bambini. Mia madre ha deciso di non darmelo, perché per lei la mia vita non è importante. Lei pensa che io non possa ascoltare, che non possa sentire, ma oggi, mentre era in sala d’attesa ad aspettare quell’uomo con l’aria minacciosa vestito di un lungo camice bianco, ho sentito un’altra voce, quella di un’altra mamma. Anche lei aveva il suo bambino ancora nella pancia. Però lei sembrava più giovane. Mia mamma deve avere più o meno 30 anni. Non so come sia fisicamente o da dove venga. L’altra donna ne aveva molti di meno, forse 16 o 17. Non so chi sia, né come si chiami, ma so che parlava con un uomo, anche lui molto giovane. Lei aveva una voce dolce. E anche lui sembrava simpatico. Parlavano del loro bambino. Volevano dargli un nome, chiamarlo Andrea, sia che fosse maschio o che fosse femmina.
Andrea. A me piace il nome Andrea. Mi piace perché potrebbe andare bene indipendentemente dal mio sesso. Mi piace perché mi suona come qualcosa di straniero. Però io mi chiamo “Esserino”, quando mia mamma è gentile con me; perché invece, quando si arrabbia, mi chiama “Vermiciattolo” o “Rospetto”, con un tono duro. A volte mi fa paura quando parla così. E ho paura anche adesso. Sento che la mamma è inquieta, a disagio, ma cerca di non darlo a vedere. Me la immagino seduta in una sala tutta bianca con tante sedie mentre sorride a quella giovane coppia accanto a lei. Forse loro pensano che anche lei sia lì per vedermi, guardare come sto diventando grande e controllare che io sia sano. E invece lei è lì per uccidermi, per commettere un omicidio legalizzato. Ma io non odio mia madre per quello che sta per fare. Non so molto di lei, ma sono sicuro del fatto che papà l’ha abbandonata quando hanno scoperto che sarei arrivato io. Lei prima era felice. Quando ha saputo che c’ero anche io lei piangeva, è vero, ma lo faceva per la gioia. Pensava che finalmente il papà si sarebbe deciso a sposarla. Quando lui è tornato a casa dal lavoro hanno cenato e hanno guardato un bel film, dal titolo francese, che parlava di una prostituta che si innamorava di un scrittore. Poi sono andati a dormire. Papà voleva fare l’amore con la mamma, ma lei gli ha detto di no e gli dato la notizia. Papà si è alzato e se ne è andato, dopo aver picchiato la mamma. Forse è per questo che ho sentito il dottore dire che sarei nato con dei problemi. Ma non so cosa volesse dire. Ora la mamma è da sola. Per stare con lui era andata contro tutta la sua famiglia e ora anche lei è stata abbandonata a se stessa. Si sente sola.
Ma tu non sei sola mamma! Ci sono io con te. Anche se ancora per pochi giorni. Vorrei poterti prendere la mano, mamma. Abbracciarti e stringerti forte, promettendoti di non lasciarti mai sola. Ma io e te, pur abitando assieme, viviamo in due mondi diversi, che per quanto vicini, sono troppo lontani per rimanere uniti. Tu vivi nel mondo della realtà: sai di non potermi crescere, perché sei sola, perché non hai più un lavoro, perché c’è un uomo che ogni sera viene a casa tua, accompagnato da altre persone che stanno in camera con noi e quando escono danno tanti soldi a quell’uomo che li ha portati lì, quell’uomo che ieri ti ha spinta contro il tavolo procurandoti un brutto taglio sul braccio che continuava a sanguinare; quell’uomo che ti ha imposto di uccidermi, se non volevi che fosse lui a farlo a forza di botte. E allora tu ti sei decisa a venire qui, dal dottore, per parlare con lui e prendere appuntamento per farmi morire.
Io invece vivo ancora in un mondo fittizio, un mondo fatto di sogni. Sento la musica che mi fai ascoltare. Mi piace soprattutto quel compositore, come si chiama, quello che ha scritto quell’opera con la Regina della Notte. Mi piace quello che mi dici e sogno della nostra vita da madre e figlio se io non dovessi morire. Ma è solo immaginazione, lontana dalla tua realtà.
Sai mamma, mentre siamo qui ad aspettare che il dottore arrivi e sento quella coppietta che parla del loro futuro da genitori, penso a me e te, alle cose che potremmo fare se tu non dovessi uccidermi. Potremmo andare al mare. Magari in inverno. So che ti piace tanto il mare in inverno, quando diventa grigio come il cielo che si specchia in lui, quando ci sono le onde alte che si infrangono sulle rocce. So che prima di andare a vivere con il papà abitavi in un paesino vicino al mare. L’hai detto tu un giorno, mentre parlavi con una tua amica. Hai raccontato che ti piaceva tanto  andare lì, sederti su uno scoglio che sembrava una grossa tartaruga e leggere, o dipingere ascoltando la musica del mare. Sai mamma, a me piacerebbe sapere com’è la musica del mare; vorrei vedere almeno una volta una tartaruga, per sapere come è fatto quel masso di pietra su cui ti sedevi sempre; sarei curioso di vedere anche i tuoi disegni. Ma non posso. Mi sembra strano, sai mamma, parlarti senza che tu possa sentirmi. Ma secondo me non è così. Per me riesci a sentirmi. Forse non capisci che sono io a parlarti, ma quando mi rivolgo a te sento che ti succede qualcosa, qualcosa che nemmeno tu riesci a capire. Se avessi almeno una possibilità di nascere e vivere, vorrei portarti al mare. Vederlo anche io con i miei occhi. Sono certo che lo amerei tanto quanto lo ami tu. Perché noi due siamo una persona sola. Siamo uguali. Anche se viviamo in due mondi diversi.
Ho una domanda da farti, mamma. So che non puoi rispondermi, ma te lo chiedo lo stesso. Forse ho capito cosa voleva dire il dottore. Spesso mi capita di sentirmi strano, di non capire cosa succede, di non sentire quello che viene detto fuori dalla mia “casa”. È questo che significa avere dei problemi? E se io avessi dei problemi e tu non fossi costretti ad uccidermi, mi terresti con te? Mi vorresti bene come sento di volertene io?
Perché stai piangendo mamma? Mi hai forse sentito? No, è impossibile. Io posso sentire te, ma tu non puoi sentire me. Non piangere mamma, per favore. Io sono qui, con te. Non ti lascio mamma, te lo giuro. Qualcuno ti sta toccando la spalla. È qualcuno che vuole farti del male? No.. è solo il ragazzo di quella coppietta. Ti ha visto piangere e si avvicinato per chiederti se poteva aiutarti. È molto gentile, sai mamma? Chissà come sarà felice il suo bambino quando nascerà, con un padre e una madre così. Anche io sarei felice, sai mamma? Anche se fossimo solo io e te per tutta la vita sarei felice, perché avrei la possibilità di crescere e vivere nel tuo mondo; perché so che saresti una brava madre, perché tu mi vuoi già bene e me ne vorrai per sempre, anche quando io non ci sarò più. Vorrei poterci essere per te quando avrai bisogno. Ma capisco che per te tutto questo è un grande sacrificio. Non vuoi farti vedere triste, ma lo sei.
Cosa fai ora, mamma? Parli con quel ragazzo. Ti dice di chiamarsi Davide e la sua fidanzata Giulia. Anche tu dici il tuo nome: Alessia. Hai un nome bellissimo mamma! Finalmente so qualcosa di più di te. Davide ti chiede se può aiutarti in qualche modo. Tu rispondi di no, dici semplicemente che ti stai chiedendo come farai a crescermi da sola, ma che un modo lo troverai. Stai mentendo. Non vuoi che loro giudichino la tua scelta di uccidermi. Una decisione che comunque non hai preso tu. È per questo che non sono arrabbiato con te mamma, sai? Perché so che se la tua realtà fosse diversa tu mi terresti e non avresti paura a dimostrare il tuo affetto per una persona che non è ancora nata.
Oggi mia madre mi ha ucciso.
È arrivato il dottore. Ti sento sospirare e singhiozzare. Piangi ancora, sempre di più. Sento la voce di una donna. Chiama un nome. Jessica Maggi. Non sei tu e rimani seduta, cercando di rilassarti; ti porti la mano al braccio, dove c’è la ferita che ti brucia. Passano pochi minuti e sento la stessa voce di donna. Chiama Alessia Gigghi. Questa volta sei tu. Ti alzi, timorosa e un po’ di malavoglia. Riesco a sentire quello che stai pensando. Credi che sarebbe meglio andartene, scappare via in un posto lontano, ma non puoi. Entriamo nello studio del dottore. Lui ti saluta, ti conosce già. Ha una voce dolce, pacata. Ti fa sedere e tu cominci a piangere e in lacrime gli dici perché sei lì. Quando finisci di parlare lui rimane in silenzio per qualche secondo. È sconcertato. Alla scorsa visita eri così felice di aspettare un bambino. Ti chiede se sei sicura di volermi uccidere. Tu non rispondi. Pensi a quell’uomo cattivo. Poi dici di sì.
Fa caldo, è estate, e tu indossi una maglietta a maniche corte sopra la gonna. Il dottore guarda la ferita sul tuo braccio. È inutile cercare di nasconderla. Persino un cieco la noterebbe. Sanguina ancora, a tratti. Gli occhi del medico corrono dalla ferita al tuo viso. Non dice nulla. Aspetta che sia tu a parlare. Ma tu hai paura, ti vergogni. Non vuoi raccontargli tutto. Abbassi gli occhi, fissi il pavimento. Di cosa hai paura mamma? L’uomo cattivo non saprà mai che hai parlato di lui. Il medico si alza, viene accanto a te. Si inginocchia e ti solleva delicatamente il viso, fissandoti negli occhi. Ha un fare paterno e a te ricorda tuo nonno, il mio bisnonno. Ricominci a piangere e lui ti richiede se sei sicura di volermi uccidere. Ti chiede se è una tua scelta. Tu rispondi di sì, con la stessa aria impaurita e passiva di prima. Il dottore vuole sapere come ti sei procurata la ferita. Prima che tu possa aprire bocca per raccontare una bugia, lui ti dice di non mentire, ricordandoti che è un medico e quindi sa distinguere una ferita accidentale da una derivante dalle percosse. Fai un lungo respiro. Non hai ancora trovato il coraggio di guardare il dottore in faccia, ma riesci a parlare, a sfogarti e a raccontare la tua storia. Sento a tratti quello che dici. Parli di papà, dell’uomo cattivo e delle persone che lo pagano per stare con te nella tua camera. Il dottore ti accarezza i capelli. Ha più o meno l’età di tuo padre, ma è molto diverso da lui. Ti consola dicendoti che ti aiuterà, che troverete una soluzione e che se la scelta di uccidermi non è tua non devi farlo.
Mamma, mi sento tanto strano. Non riesco più a sentire cosa vi dite tu e il dottore. Sento tanto freddo. Cosa succede mamma? Anche tu stai male. Sento una forte botta. Sei caduta dalla sedia. Tutto diventa nero davanti ai tuoi occhi.
Quando ti risvegli sei in un letto bianco. Il dottore ti ha dovuto far sdraiare per visitarti e farti riposare. Io mi sono svegliato prima di te. Ho ricominciato a sentire. Il medico ha detto che stavo morendo e tu perdevi tanto sangue. Cosa significa mamma? Tu sei preoccupata, lo capisco. Sento la tua ansia, il tuo respiro affannato. Sei spaventata. C’è un uomo accanto a te. Non è il dottore; non è l’uomo cattivo; non è papà. È un carabiniere. E c’è anche una donna. Un poliziotto anche lei. Vogliono parlarti, li ha chiamati il medico. Ti chiedono di raccontare quello che hai detto al medico. Tu lo fai, ma hai paura. La donna scrive tutto e ha anche un registratore. Descrivi l’uomo cattivo. Così ora so anche io come è fatto. Ha i capelli lunghi, castani e gli occhi neri. È alto, robusto. Fa paura. Quando finisci di parlare, i carabinieri ti salutano e vanno via. Torna il medico.
Oggi mia madre mi ha salvato.
Ha seguito il consiglio del medico. Ha deciso di tenermi: mi ha guardato, ha sorriso. Ha posato una mano sul suo ventre: avevo la sensazione che mi stesse accarezzando. Le hanno trovato un posto in cui stare, una casa-famiglia. È felice. Sono passati i mesi, io sono cresciuto. Il dottore le ha detto che ho la sindrome di Down; io non so cosa significa, ma la mamma ha pianto, e poi ha detto che lei mi vuole bene lo stesso. Ti voglio bene anche io mamma!
Oggi mia madre mi ha salvato.
Io non ti conosco mamma, non ho mai potuto vederti. L’uomo cattivo ti ha uccisa: ti ha trovata e ti ha picchiata. Voleva uccidere me. Mi hai difeso come hai potuto. Quando lui ti abbandonata in mezzo alla strada, pensando che io fossi morto, hai chiamato il dottore; è venuto a prenderti, ti ha trovata, ti ha portata in ospedale. Io ero da 8 mesi nella tua pancia. Mi ha fatto nascere. E in quel momento ho sperato di poterti vedere, ho pensato anche al mare che avremmo visto insieme. Ora ti conosco solo dalle fotografie che la mamma e il papà che mi hanno adottato hanno di te. Sei bella mamma. Sai come mi chiamo? Alessio, come te. Abbiamo le stesso nome, siamo una sola persona. Forse tu non puoi vedermi o sentirmi, come io ho sempre sentito te, ma spero che tu possa leggere queste parole scritte nel mio cuore. Ti voglio bene, mamma.
Oggi mia madre ha dato la sua vita per me.
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline kant.51

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Re: Senza titolo
« Risposta #1 il: 7 Maggio 2010, 23:26:52 pm »
E' tenero, commovente, un po' ingenuo, ma si sente che è scritto col cuore e per questo risveglia un'eco dentro...
Brava Satine  W00T!
cKappa ^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*° Sì che ti voglio bene, bene davvero...

Offline Juliet

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Re: Senza titolo
« Risposta #2 il: 8 Maggio 2010, 21:35:13 pm »
lo scopo era proprio quello..e credo che quando attingi da quello che tu hai sperimentato, riesci sempre, forse non ad esprimere pienamente quello che provi, ma a farlo capire sicuramente sì..comunque grazie, anche perchè sei sempre ricca di consigli!ti ringrazio!un bacio!
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline Young dreamer

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Re: Senza titolo
« Risposta #3 il: 14 Maggio 2010, 17:02:30 pm »
C'è tanta dolcezza tra le parole Satine... ^_^
E dopotutto ci sono tante consolazioni! C’è l’alto cielo azzurro, limpido e sereno, in cui fluttuano sempre nuvole imperfette. E la brezza lieve […]
E, alla fine, arrivano sempre i ricordi, con le loro nostalgie e la loro speranza, e un sorriso di magia alla finestra del mondo, quello che vorremmo, bussando alla porta di quello che siamo.
(Fernando Pessoa)       Blog: http://sogna-ragazzo-sogna.blogspot.com/

Offline Juliet

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Re: Senza titolo
« Risposta #4 il: 15 Maggio 2010, 19:22:26 pm »
grazie Young, :-)
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!