LE QUATTRO ROSE
Quel gesto era diventato abituale...stringersi nelle scapole, come se avesse freddo, addossarsi ancora di più la giacca o il cappotto intorno al collo, ingobbirsi un po', il collo nelle spalle, quasi a difesa...
La macchina, stranamente, non fece capricci per mettersi in moto, non c'era molto gasolio, ma era sufficiente per raggiungere Le Quattro Rose, e infatti in meno di un'ora fu lì.
Scese, si accese una sigaretta e rimase a guardare in silenzio la vecchia tenuta, una villa signorile piuttosto in decadenza, il roseto inselvaggito, il gazebo coi rampicanti secchi.
Da bambino era una delle sue mete preferite, insieme alla soffitta che aveva quelle assi sconnesse da cui poteva spiare la cameriera, l' Annina, che in realtà aveva ben pochi anni più di lui, mentre si spogliava per cambiarsi...Sorrise al pensiero di quei turbamenti, di quel desiderio così intenso...forse non lo aveva più provato così forte, così prorompente come allora...
E poi ecco la piastrella che dava il nome alla tenuta: quattro rose centifolie dalle sfumature intense, a firma Bongiovì, un grande artista che ne aveva fatto dono a sua madre e aveva decretato, inconsapevole, il nome per la casa di famiglia, era lì, sulla colonna del cancello d'ingresso.
Ora che ci pensava, quel Bongiovì doveva essere innamorato della mamma, se ricordava gli sguardi che le mandava, gli sembrava di rivedere se stesso mentre spiava gli acerbi seni di Annina...
Sorrise, schiacciò il mozzicone della sigaretta e fece un giro attorno al muro di cinta.
I passi risuonavano soffici e ovattati sulle foglie cadute dai platani che circondavano la proprietà, odore di funghi e di umido si levava più forte a ogni calpestio.
Si fermò, preso da un altro ricordo: questo era esattamente il punto in cui si fermava a giocare con Dick, il pastore tedesco, perchè c'era ombra e aspettava comodamente al fresco che il cane gli riportasse la palla che voleva gli si rilanciasse decine e decine di volte...era bello, sapeva di calma e riflessione...quante decisioni erano state prese così...giocando monotonamente col cane aveva deciso di partire per fare il militare, di lasciare Estella che lo faceva soffrire troppo con le sue indecisioni, di cambiare facoltà universitaria dopo due anni di parcheggio inutile...
Scosse la testa e tornò alla macchina.
Questa volta il motore fece le bizze e gli tirò fuori un paio di parolacce insieme alle lacrime che gli rigavano il volto...mentre girava lo sterzo e voltava le spalle alla vecchia casa, mormorò "addio...te lo dovevo"...e andò via, alzando polvere e sassolini dalla stradina non asfaltata, all'angolo dello stop si fermò e scese, tirò un calcio al cartello piantato nel terreno, < VENDESI> e risalì in auto..
"Adesso non serve più - pensò- ormai è venduta..."
Poi mise lo stereo a tutto volume e prese il telefonino per chiamare Antonio e organizzarsi la serata...