Corriamo sotto la pioggia a cercare una cabina telefonica, per poi rinchiuderci invece nel primo fast food aperto per ripararci dal freddo. Un panino, quattro risate. Conosciamoci meglio, mi sei simpatico e un amico in più in una città straniera fa sempre piacere. Ma la sera è buia, cupa, ci fa paura, e quando usciamo dal fast food i lampioni in strada sono quasi tutti spenti, non possiamo separarci, non stasera, rimaniamo insieme a parlare ancora un pò. E infatti abbiamo solamente parlato, per tutta la notte, e consumato almeno cinque lattine di birra ciascuno sul divano di casa sua. Abbiamo riso così forte che rischiavamo di svegliare tutti i vicini. La sensazione più straordinaria è questa impressione di conoscerlo da tanto tempo e di sentirmi completamente a mio agio con lui. Si chiama Peter, un bel nome, ci siamo conosciuti per caso in biblioteca ieri mattina, quasi a litigare su chi dovesse prendere in prestito per primo la traduzione italiana di The strange case of Dr Jeckyll and Mr Hyde. Alla fine hai vinto tu. Dimmi che quello non era un bacio vero, ti prego, dimmelo. Dimmi che eravamo solo un po’ su di giri per via dell’alcol.
La mattina, una volta sveglia, ci impiego un po’ per capire dove sono e cosa è successo. Ti vedo riverso sul divano accanto a me, e le lattine di birra vuote sparse sul pavimento sotto di noi. Prendo le mie cose e faccio per andare via, frastornata. So che non è successo niente, ricordo che c’è stato solo un bacio, ma non posso fare a meno di sentirmi turbata al solo pensiero di essere stata a un passo dal tradire Carlo. Tu ti svegli e mi vedi uscire dalla stanza con in mano la giacca a vento e le mie cose. Non mi chiedi nulla. Va bene così, hai capito anche tu.
La verità è che sono passati cinque mesi da quando sono lontana da casa e mi pare che tutto ormai sia cambiato dentro di me. Se all’inizio Carlo mi mancava da piangere tutte le sere, adesso non è più così. Lo sento al telefono e la sua voce mi pare quasi quella di un estraneo. Non lo conosco più. Non so più chi sia. Non gli ho detto di Peter, no. Se fosse stata una semplice amicizia gliene avrei parlato. Invece con Peter c’è stato un bacio, e poi… poi non lo so, ma Peter mi ha lasciato un bigliettino nel mio libro di inglese quella notte, in cui mi ha scritto il suo numero di telefono. La verità è che non sappiamo ancora niente l’uno dell’altra, e così stasera andiamo insieme a vedere la proiezione di un film su un maxi schermo della città.
Ci incontriamo all’angolo di casa sua. Passa un taxi e lo prendiamo al volo. Mi sistemo i capelli nel buio del sedile posteriore, e ogni tanto mi volto a cercare il suo sguardo illuminato a intervalli dalla luce dei lampioni. Mi sento emozionata come una bambina. Scopro che Peter mi piace, altrimenti perché sto tremando? Ho anche spento il cellulare, non vorrei mi chiamasse Carlo mentre sono con lui. Cerco di promettere a me stessa che non accadrà nulla. Peter mi guarda e mi dice “Dopo c’è una sorpresa per te”. Gli sorrido. Sono felicissima e guardo il film con la curiosità di sapere cosa mi aspetta. Mi sono innamorata. Terminata la proiezione, le solite risate a perdifiato e poi scompariamo nel buio fitto della notte. Ha ricominciato a piovere. Cerchiamo un taxi e ci infiliamo nella vettura che ormai siamo bagnati fradici. Ridiamo a crepapelle, ma non siamo ubriachi. Arrivati a casa sua non aspettiamo un solo attimo, ed è tutto diverso dall’altra volta. Viene spontaneo, e improvvisamente non siamo più due semplici amici che si incontrano per parlare di fronte a una birra. La casa è in disordine e qualcosa mi dice che non c’è nessuna sorpresa per me. Mi spinge dolcemente sul divano dove l’altra notte abbiamo dormito teneramente, e stavolta ci stringiamo in un abbraccio, ci avvinghiamo l’uno all’altra. Chiudo gli occhi, non sento niente se non le sue mani sulla mia pelle e il calore del suo respiro forte sul collo.
Ora settembre è arrivato di nuovo. Settembre, il solito mese dei cambiamenti, il mese della nostalgia, gli amici che tornano dai viaggi, i lavori persi, gli addii agli amori estivi, settembre, settembre, ognuno che porta con sé tante storie diverse. Ecco la mia. Partire, lasciare qui ogni cosa che mi sono costruita in questi mesi è doloroso, ma so che devo farlo. Infondo era solo un viaggio di studio, un corso di lingua della durata di un anno. Peter non l’ho più sentito dopo quella notte, e neppure Carlo. E ora mi chiedo cosa mi sia rimasto di quello che avevo prima di partire e di quello che credevo d’aver trovato qui. Chiudo per un attimo gli occhi, restando seduta sulla panchina arrugginita di questa stazione puzzolente, mentre aspetto il treno che mi riporterà a casa. E così mi vengono alla mente proprio i primi istanti, quando tutto è iniziato. Mi viene quasi da ridere: e dire che non volevo neppure venirci, qui! Mi ricordo bene: stessa stazione, un bagaglio a mano, la mia amica Consuelo ed un cellulare per mettermi in contatto con la mia famiglia e con Carlo. Ma era settembre di un anno fa.
