Pioveva…Sopra ed intorno a loro…L’aria era fresca… Leggera.
Nulla risultava essere importante in quel momento. C’erano soltanto lui e lei, abbracciati sotto un grosso albero dalle alte fronde: uno di quegli alberi che non perde mai le foglie, in qualsiasi stagione si ci trovi; così era il loro amore, duraturo nel tempo ed invariato, nonostante le difficili circostanze. Alla nuova elsa egli sarebbe partito, forse per mai più tornare, ed ella sarebbe stata data in sposa ad un Re, come garanzia di un’alleanza tra Uomini…
- Ti rivedrò? -Gli chiese alla vigilia della sua partenza.
- Non posso promettere nulla. - Le sussurrò in un piccolo orecchio, prima di darle un dolce, profondo bacio, appena sfiorandole le labbra.
- Non so se ce la faccio. - Ammise Tàrena, stringendolo a sé, come se fosse l’ultima volta. Tiepide lacrime cominciarono a lasciare i suoi chiari occhi; mentre le guance le si arrossavano lentamente.
- Devi essere forte. - La esortò Trilix - Tutti dobbiamo esserlo, per avere un futuro. -
Lei, scettica alle sue parole, lasciò la presa e si lamentò, girandogli le spalle, a braccia conserte: - Ma di quale futuro parli…Accanto ad un uomo che rievoca la più feroce delle bestie. -
- Stiamo parlando di rimanere in vita, non vi è nulla di più significativo. - Cercò di spiegarle, prendendole il viso tra le mani, con tenerezza.
- Allora forse preferirei morire… -
Trilix smise di respirare in quel momento, corrugando la fronte, in segno di disappunto. Egli rimase immobile ad osservarla per un attimo, cercando di fissare i suoi lineamenti nella mente.
- Mia bellissima fata - La invocò con voce soave - Non dire così, ti supplico. -
E dopo averle baciato la fronte, lei, raccolto dentro di sé il coraggio necessario, gli confessò, posando delicatamente le mani sui suoi forti polsi: - Preferirei avere da vivere solo qualche giorno ancora con te, piuttosto che accettare nella mia vita qualcuno che non sia tu. - Una piccola, debole lacrima rigò in silenzio il volto di Trilix, che rimase colpito dall’affetto che ella dimostrava, nei suoi confronti, smisuratamente grande. Non sapendo cosa rispondere, sebbene, in cuor suo, pensasse la medesima cosa, la prese tra le braccia nuovamente, affinché lei sfogasse tutta l’angoscia nel pianto e non scorgesse la propria, di debolezza. Trilix doveva essere forte per tutti e due. Una velata nebbiolina si levò dall’umida terra sottostante;mentre la pioggia, come le lacrime, cadeva incessantemente; offrendo ad entrambi la scusa per attardarsi in quel luogo.
Ora erano le spalle di Trilix ad essere appoggiate al robusto tronco; mentre le sue braccia cingevano Tàrena, in un abbraccio indissolubile, che nei loro cuori sarebbe potuto durare eternamente.
- Perché non fuggiamo.. - Propose la giovane donna, tra un singhiozzo e l’altro.
- Perché non si può scappare da questa guerra. - Ammise, odiandosi per quelle parole così severe.
- Puoi lasciare che altri la combattano al tuo posto… -Cercò di dissuaderlo.
- Sarei un codardo! - Si espresse con voce dura.
Tàrena, ancora una volta, si divincolò dall’abbraccio, gridando:
- Onore..Dovere! - E poi aggiunse, abbassando il tono della voce - E che ne è dell’amore…Io ti amo! -
Trilix la baciò con tutto sé stesso, grato agli spiriti , per avergli dato la possibilità di amare con una tale intensità e dedizione.
Un amore così grande, da non conoscere né tempo, né tautomero incertezze. Un amore che sarebbe rimasto intatto per sempre.
Tuttavia, d’un tratto, nel medesimo istante in cui gli occhi di Trilix, riaprendosi, si specchiarono in quelli lucidi di lei, accadde qualcosa d’inaspettato, che avrebbe cambiato il loro destino, reversibilmente.
Il respiro di Tàrena, ancor prima che Trilix si rendesse conto, si spezzò; mentre il suo corpo, abbandonato tra le sue braccia, divenne rigido e tremante. Le sue rosee labbra si schiusero leggermente, come se tentasse di dire un ultima parola ed i suoi occhi, sgranati dal dolore, permisero ad un’ultima, lenta lacrima, la cui discesa sembrò per Trilix durare un infinità, di dire addio.
In un baleno, così come le sue mani l’avevano stretto con forza, ora, allo stesso modo, ella si accasciava completamente verso il suolo, chiudendo gli occhi per l’ultima volta.
Fu nel tentativo di sostenerla; quando il panico e la confusione più assoluta si erano impadroniti di lui, che si accorse della freccia conficcata nell’esile schiena dell’amata. Lentamente l’accompagnò a terra, con cura, inginocchiandosi innanzi a lei, appoggiata allo stesso albero sotto il quale si erano amati. Nel momento in cui potè scorgere le proprie mani bagnate dal sangue di Tàrena, alzò lo sguardo, colmo di feroce rabbia, verso colui che aveva scoccato il mortal dardo.
L’uomo smontò da cavallo, producendo un secco e pesante tonfo.
- Tu! -Urlò Trilix, puntando l’indice sinistro avanti a sé; mentre con destrezza l’altra mano estraeva la spada. Un celere suono metallico risuonò nel vuoto, spezzando il silenzio.
- La medesima sorte è toccata alla mia prima compagna: infida e traditrice, come lei - Giustificò il suo tremendo gesto, additando il corpo morto, al riparo dalla fitta pioggia, di quell’infausto giorno.
- Oh, maledetto… - Gridò il giovane iracondo - Maledetto assassino!-
- Ho ucciso per molto meno - Confessò cinico, Re Kugriw, sguainando a sua volta la spada.
Le membra di Trilix tutte tremavano dalla cieca rabbia e le parole faticavano ad uscire; la sua gola era secca e la sua testa sarebbe potuta esplodere, da un momento all’altro.
Correva a perdi fiato un cavallo selvaggio, attraverso la foresta della Vita. Correva come il vento. Truci pensieri animavano le sue ampie falcate. Un orribile presagio opprimeva il suo spirito.
- Che aspetti! - Esclamò Kugriw, in tono di sfida - Non mi tirerò certo indietro, per il nome che porti! -
- Mio padre non c’entra in questa storia. - Fu accomodante nelle parole - Siamo solo io e te! -
Ancora correva quel fiero animale, tra i verdi alberi, bagnato da una pioggia pesante come fosse sangue, pungente come acuminate pietre. Correva veloce, affinché non si avverassero le sue paure.
- Avanti! - Lo incitò allo scontro; mentre Trilix camminava davanti al nemico, pronto alla vendetta. Il primo colpo s’incrocò in aria, quel giorno, e lì rimase per qualche istante; quando i due ancora si stavano studiando. Un secondo colpo, in basso, vide l’incontrarsi di due grande forze contrastanti, attraverso un brusco suono metallico, prodotto dalle affilate lame. Vi fu un terzo colpo, un quarto e subito dopo un quinto, fu Kugriw ora ad attaccare. Levò la spada verso il nuvoloso cielo e, forse troppo sicuro di sé, scagliò la spada verso il basso, senza alcuna esitazione. La sua lucente spada fallì il colpo, fendendo null’altro che l’inscindibile aria.
Approfittandone Trilix, preso dalla foga ed accecato dall’odio, tese il braccio in avanti e la spada anch’essa, conficcandone la sommità nella spalla sinistra dell’avversario, il quale subitamente cadde sulle proprie ginocchia. Con sguardo sconfitto, di chi è rassegnato alla fine, gettò la spada Re Kugriw, attendendo il colpo di grazia. Tuttavia gli Spiriti vollero che proprio in quell’istante sopraggiungesse un nero, enorme destriero, dai lunghi e folti crini.
Trilix non fece in tempo ad assestare il colpo decisivo, che due grandi zoccoli, neri come la pece, presero a roteare sopra la sua testa, dissuadendolo dall’uccidere il Re. Accortosi dell’identità di chi aveva scongiurato un’altra morte, il vincitore, gettata con veemenza l’arma, con passi sconvolti s’incamminò nella direzione dell’albero incantato.
Giaceva immobile, priva di vita, colei che aveva saputo rapire persino il suo di cuore, incatenato ad una mente così razionale…Ed ora tanto distrutta.
Dianoir aveva impedito che venisse a mancare un comandante al proprio esercito, ma aveva soprattutto salvato un amico dalla propria coscienza.
Trilix, preso dalla disperazione più assoluta, si gettò su braccia e gambe, urlando e piangendo, come mai aveva fatto prima.
Nella sua anima ardevano rabbia e rancore, per non averla protetta, senso di colpa ed odio verso colui che l’aveva strappata al sua amante, crudelmente. Al riparo da una scintillante sfera di luce, Dianoir divenne Asthor, il Diamante Nero, sotto gli increduli occhi del Re ferito. Uno sguardo cupo ed intollerante, rabbuiava il volto della creatura; mentre i suoi alti occhi si posavano con disprezzo verso il basso. Non giudicando grave la ferita, lasciò che Kugriw si tenesse il dolore, rimanendo inginocchiato dall’umiliazione: ciò che era la pietà per un valoroso comandante come lo era lui.
Un esile brillio cominciò improvvisamente a scaturire dalla fanciulla morta; una luce rossastra, che crebbe in poco tempo, fino a divenire insostenibile alla vista, costringendo Trilix ad allontanarsi.
Al cessare di quell’insolito fenomeno, al quale nessuno dei presenti seppe dare una spiegazione, apparve un gigantesco, rosso, bocciolo, che prese ad aprirsi proprio lì, innanzi ad occhi sbalorditi.
- Una morte avvenuta, ai piedi di uno di questi rari alberi - Annunciò una voce delicata, come un petalo - Dà vita, a sua volta, ad un fiore leggendario, purché chi perde il respiro sia una nobile e pura creatura.-
Asthor s’inchinò alla Regina Nelis.
- Giacerà qui per l’eternità, ove tutti potranno farle visita e renderle onore come figlia e moglie di re. - Concluse solennemente.
Re Kùgriw ora sedeva contro il tronco di un altro albero, agognando la morte, come meglio di un’esistenza nel disonore e nella vergogna di un duplice assassinio. Trilix, sconvolto, aveva smesso di gridare, ma il suo animo irrimediabilmente lacero, urlava ancora.
Asthor osservava la scena, senza proferir parola. Fu Nelis, confessando ciò che non poteva tacere, a spostare l’attenzione verso un luogo lontano e buio, ove la neve tradiva la vista, ma non quella interiore.
- Lei, lasciata da sola, ora è in pericolo. - Sussurrò con una voce calda, ma allo stesso tempo di gelido impatto, come ghiaccio sulla nuda pelle.
Asthor balzò fuori dai suoi confusi pensieri, realizzando perfettamente, ciò che aveva voluto rivelargli, con quelle parole, apparentemente senza senso.
- E Sanlx Arcàic? - Domandò invano
- Lontano. -
Il volto del giovane si fece ancor più cupo, ad un passo dall’esplodere erano pesanti parole, condotte dalla spinta più profonda e spontanea:
- Maledizione!Che gli Spiriti mi siano testimoni di quanto mi ero aspettato un risvolto del genere! -
Trilix, ascoltando quelle imprecazioni, si rese conto che la situazione era ancor più grave, per quanto fosse già pesante sopportare il suo dolore.
- Avrei dovuto ascoltare me stesso. - Continuava in preda ad uno scatto d’ira - Ma ora basta. -
Davanti al tacito sguardo di Nelis e a quello attonito, impotente di Trilix; davanti anche a codardia e disonore, egli, da uomo, fattosi nuovamente cavallo, partì alla volta dell’Unica, come suo salvatore, rientrando nei suoi vecchi panni.
- Misteriax. - Lo guidò la voce di Nelis, prima che, con un frenetico cenno del muso, dietro al quale splendenti crini formarono guizzanti onde al vento, Dianoir partisse al galoppo. Un ultimo, fugace sguardo, fu rivolto al suo amico, che lasciava per forza di causa maggiore, convinto che alla fine si sarebbe rialzato dal dolore, per combattere di nuovo al suo fianco.