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Autore Topic: Racconti e poesie della nostra infanzia!!  (Letto 9771 volte)

Offline Alamuna

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Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« il: 8 Gennaio 2010, 16:17:21 pm »
Non so se sia giusto postare questo topic in questa board... non sapevo dove postarlo!
Comunque: l'idea nasce dall'invito propostomi da Tinuviel: postiamo i nostri scritti (racconti-poesie-altro) di quando eravamo piccoli!
Se li avete e li trovate da qualche parte, condivideteli con noi!
Un abbraccio
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Offline Juliet

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #1 il: 12 Gennaio 2010, 23:22:35 pm »
Io non lo trovo più, ma avevo scritto un racconto che prendeva come personaggi i protagonisti delle fiabe e favole famose, dei cartoni Disney eccetera e poi avevo mescolato le favole tra loro: Capuccetto Rosso vendeva la sua voce alla strega del mare della Sirenetta per poter catturare il lupo, la Sirenetta trasformava il principe in una bestia perchè voleva sposare il suo gemello povero e cose di questo tipo...
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline Alamuna

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #2 il: 13 Gennaio 2010, 00:21:49 am »
Bellissima idea!!! se lo trovi mi farebbe piacere leggerlo! io non ho ancora avuto possibilità di cercare i miei raccontini dell'infanzia, ma lo farò presto spero...  =)
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Offline Juliet

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #3 il: 13 Gennaio 2010, 15:10:06 pm »
Proverò a cercarlo allora...dovrebbe averlo mia mamma da qualche parte, assieme a tutte le cose che avevo scritto e fatto alle elementari...

Trovato:(lo scrivo nello stesso post di questa mattina, perchè in realtà non si potrebbe mettere due post consecutivi... :-d)

C’era una volta, tanto tempo fa, una principessa bellissima che viveva in un castello su un’alta montagna. Questa principessa si chiamava Aurora. Quando era nata i suoi genitori avevano già una figlia, Cenerentola, che veniva chiamata così perché fin da bambina era stata abituata a leggere tanti libri, attività che faceva stando seduta accanto al fuoco nella libreria. Quando poi si alzava per tornare in camera i suoi bei vestitini colorati erano sempre sporchi di cenere. Alla nascita di tutte e due le figlie i genitori avevano chiesto a delle fate di essere presenti, in modo da gettare sulle piccole degli incantesimi. Alla nascita di Cenerentola erano presenti la fata Smemorina, la fata Turchina e anche il potente Mago Merlino. Alla nascita di Aurora, oltre a questi tre, erano presenti altre tre fate. Ogni fata o mago aveva il compito di fare un dono alle bambine. Nel caso di Cenerentola i doni furono: i più bei abiti di tutto il reame, il dono del canto e la capacità di potersi trasformare in qualsiasi animale. Aurora ricevette questi doni e anche l’immortalità, la dolcezza e la bellezza. Le due principesse crescevano felici e tranquille all’interno del castello. Cenerentola diventò molto amica della cugina, chiamata Sirenetta perché era stata trasformata da una strega cattiva in una sirena. Il suo vero nome era Ariel, e prima che accadesse questa disgrazia, le due cugine si vedevano tutti i giorni: un giorno Ariel andava da Cenerentola e il giorno dopo era il contrario. Dopo la magia però, essendo molto amiche, le due ragazze non smisero di vedersi: ogni sera, al tramonto, Ariel emergeva dal lago in cui era costretta a vivere e senza la luce del sole perdeva la forma di una sirena, riacquistando quella di una donna. Così Cenerentola poteva vederla e raccontarle la sua giornata e le sue sofferenze dovute all’amore. Aurora invece era sempre stata una ragazza più solitaria. Anche a lei, come alla sorella, piaceva molto leggere; il guaio era che passava l’intera giornata facendo questo. Frequentava tutte le biblioteche del reame e fu proprio in una di queste che fece amicizia con una ragazza della sua età, Belle. Belle era francese e si era trasferita da poco nel reame con il padre, un inventore un po’ particolare. Anche lei amava molto i libri e leggeva persino mentre camminava. Aurora e Belle divennero così amiche da cominciare ad uscire assieme quasi tutti i giorni, quando i doveri di principessa di Aurora non le impedivano di mettere il naso fuori dalla porta.
Un giorno, leggendo un libro di viaggi, Aurora e Belle si resero conto di quanto sarebbe piaciuto anche a loro fare un lungo viaggio. Sapevano però che i loro genitori non le avrebbero mai lasciate partire da sole. Così prepararono un piano per scappare. La notte scelta si trovarono alle porte della città: Aurora era vestita con semplici stracci, come una mendicante e Belle aveva portato con se il suo cavallo, Filippe, sul quale aveva caricato cibo, acqua, vestiti e naturalmente libri. Le due si ripromisero che, qualunque fanciulla più grande di loro avessero incontrato sul loro cammino, l’avrebbero fermata per parlare con lei d’amore, un sentimento di cui avevano sentito molto parlare nei libri, ma che non avevano mai provato. Aurora e Belle si misero in cammino e dopo giorni di passeggiate arrivarono nelle vicinanze di un bosco. Stavano per entrare quando sentirono dei forti rumori: erano versi di animali, seguiti da un bellissimo gorgheggiare. Le due amiche si guardarono sbalordite; seguirono il suono della voce fino a trovare la sua fonte: una ragazza dai capelli neri raccolti in un nastro rosso se ne stava seduta su un tronco, cantando agli animali, i quali stavano seduti in cerchio attorno lei, ascoltandola e imitandola. La giovane vide le due ragazze e si alzò. Si presentò dicendo di chiamarsi Biancaneve. Aurora le chiese perché si trovasse nel bosco tutta sola. Biancaneve rispose: “La mia matrigna mi ha mandata via di casa per impedirmi di vedere il mio più grande amore. Ha persino ordinato ad un cacciatore di uccidermi.” Le due ragazze erano stupite. “E tu come hai fatto a sopravvivere?” chiese Belle. “Sono scappata”, rispose Biancaneve. “ Ho corso, corso e corso, per montagne, valli e pianure, attraversando boschi, laghi e fiumi ed infine mi sono ritrovata qui. Il cacciatore non mi inseguiva più, e sapete perché?” Aurora e Belle fecero no con la testa e intanto, incantate, si sedettero sul tronco dove prima c’era Biancaneve. “Perché ha incontrato un grosso lupo e ha pensato che se l’avesse ucciso avrebbe potuto vendere la sua pelle e con i soldi che avrebbe guadagnato avrebbe vissuto per tutto il resto della vita senza più lavorare!” spiegò Biancaneve. “Davvero?” fecero in coro Aurora e Belle. “Sì”. “Ma tu come fai a saperlo?” “Lo so perché l’ho incontrato qui nel bosco e me l’ha raccontato.” “Ah, ma l’ha preso poi il lupo?”, chiese Aurora. “Eh no, il lupo continua a scappare spostandosi da una parte all’altra perché insegue una povera bambina, una certa Cappuccetto Rosso.” rispose Biancaneve. “Ma tu hai detto che avevi un fidanzato.” “Eh sì, si chiamava Erik, ma purtroppo ora lui si è sposato con una principessa che era vittima di un incantesimo: di giorno era un cigno e di notte una donna.” “Perché parli al passato?” “Perché la strega cattiva si era stufata di avere un cigno nel suo lago e quindi l’ha ritrasformata in donna e l’ha spedita in India su un tappeto volante. Dice che là ci abita un suo caro amico stregone, il potente Jafar. Però dato che senza una bella principessa il suo lago le sembrava vuoto, ha trasformato una certa Ariel in una sirenetta: di giorno è una sirena e serve la strega, di notte è una donna.” “Io la conosco Ariel, è mia cugina!”, disse Aurora. Non prestando ascolto a quello che la sua amica aveva appena detto, Belle chiese a Biancaneve: “Ma scusa, se ora questa donna-cigno non c’è più, perché non vai dal tuo Erik e non te lo sposi tu?” “Perché purtroppo Erik è legato per sempre a Jasmine: lei l’ha salvato; anche lui era stato trasformato dalla strega cattiva, però in un ranocchio. Jasmine l’ha baciato facendolo tornare un uomo, ma se loro si lasciano, Erik tornerà un ranocchio.” “Capisco, chissà quanto stai soffrendo!” Beh, sì, ma per fortuna ci sono tutti i miei amici!”, disse Biancaneve indicando tutti gli animali.
Nel frattempo, nel reame, i genitori di Aurora e il padre di Belle si stavano disperando per la loro scomparsa. Cenerentola era subito corsa a confidarsi con Ariel, la quale le aveva detto che se le avesse viste, le avrebbe convinte a tornare a casa.
Aurora e Belle ripresero il loro cammino. Non molto distante da dove avevano lasciato Biancaneve incontrarono due ragazzini tedeschi Hansel e Gretel, i quali le convinsero a farsi ospitare da loro per la notte. Le due amiche li seguirono fino ad una casetta molto strana: era in una radura ed aveva il tetto di croccante, il tetto di torrone, la porta di cioccolato fondente e le finestre di cioccolato bianco. I due bambinetti prepararono i letti per le loro ospiti, le quali, stanche per il lungo viaggio si addormentarono nel momento in cui appoggiarono la testa sul cuscino. Improvvisamente però, durante la notte, si svegliarono: Aurora era chiusa in una gabbia, mentre Belle aveva le mani incatenate. Aurora cominciò a gridare, svegliando i due bambini che in realtà altro non erano che Maga Magò e Frollo, due potenti maghi, che spiegarono alle ragazze il loro piano: avrebbero costretto Belle a servirli, mentre avrebbero fatto ingrassare Aurora per mangiarsela.  Le ragazze spaventate, di giorno ubbidivano ai maghi, mentre di notte progettavano la fuga. Finalmente venne il giorno in cui i due stregoni si decisero a cucinare Aurora. La liberarono dalla prigione e la portarono in cucina. Poi Maga Magò ordinò a Belle di infilare la testa nel forno per vedere se era abbastanza caldo. La ragazza, essendo furba, le disse che non sapeva come fare: Maga Magò le mostrò cosa doveva fare, ma appena ebbe infilato la testa nel forno  Bella la spinse dentro e lo chiuse. Le ragazze riuscirono ad allontanarsi prima che Frollo tornasse a casa. Scapparono, correndo per giorni, fino a che incontrarono una bambina con un cappuccio rosso. Subito si ricordarono della storia di Biancaneve, la quale aveva parlato di una certa Cappuccetto Rosso. Pensando che lei conoscesse il posto meglio di loro, si fermarono a chiederle informazioni, scoprendo però che la piccola era muta. Cappuccetto Rosso riuscì però a raccontare a gesti la sua storia. La sua mamma le aveva detto che doveva portare da mangiare alla nonna nel bosco. Sulla strada, però aveva incontrato un grosso lupo che voleva mangiarla. Lei aveva paura e aveva cominciato a correre, finchè si era ritrovata sulla riva di un grande lago. Qui aveva visto emergere una bellissima ragazza, la quale aveva detto di chiamarsi Ariel. Notando la sua preoccupazione, Ariel le aveva chiesto cosa le era successo. Cappuccetto Rosso aveva detto di essere inseguita dal lupo e quindi Ariel le aveva trovato una sistemazione per la notte e le aveva detto che il giorno dopo l’avrebbe portata con sé dalla strega per farsi aiutare. E così fu. Sentendo la bellissima voce della bambina, la strega cattiva le disse che se lei le avesse dato la voce l’avrebbe liberata per sempre dal lupo e infatti da quel momento il lupo era troppo impegnato a scappare da un cacciatore per inseguire lei. Sentendo nominare ancora sua cugina Aurora chiese: “Tu hai visto Ariel? Lei è mia cugina.. come sta?” La bambina disse che Ariel stava bene, che era una potente maga anche lei e che la strega le aveva detto che se avesse sposato John, suo figlio, le avrebbe ridato la sua vera natura di donna e Ariel aveva accettato, anche se aveva un piano: avrebbe sposato John, avrebbe riacquistato la sua forma, e poi avrebbe trasformato il principe in una bestia, per essere libera di sposare il gemello povero di John, del quale era davvero innamorata. Rendendosi conto del pericolo che Ariel correva, Aurora trascinò via Belle, salutando Cappuccetto e ringraziandola e corse da Ariel. Cavalcarono con il cavallo di Belle per giorni, ma quando arrivarono al lago era troppo tardi: Ariel aveva già messo in atto il suo piano e la strega, più arrabbiata che mai si era trasformata in un enorme drago contro cui il figlio povero stava combattendo.
Aurora però non seppe mai chi dei due vinse, perché ad un tratto sentì una voce: “Aurora, Aurora svegliati! Non è ancora ora di dormire! Stiamo facendo lezione, te lo ricordi! E smettila di giocare con quel gatto e di vagare nel paese delle meraviglie!”, le disse la sua insegnante Belle.
« Ultima modifica: 13 Gennaio 2010, 22:06:01 pm da Satine »
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline Alamuna

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #4 il: 14 Gennaio 2010, 14:31:42 pm »
 W00T! Grande fantasia di una bambina innamorata delle favole con un deciso decisissimo tocco di... originalità!!  :-* :-)
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Offline Juliet

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #5 il: 14 Gennaio 2010, 18:03:47 pm »
Grazie...lascia perdere il mio metodo di scrittura, che fa abbastanza pietà, dato che io non sono proprio capace a scrivere...però, ieri rileggendolo ho pensato che da bambina non avevo proprio niente da fare! :-d
Comunque grazie ancora :-*
"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline Alamuna

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #6 il: 17 Febbraio 2010, 12:15:54 pm »
Ho cercato i miei raccontini dell'infanzia e li ho trovati, ma sono davvero troppo lunghi per postarli, non ricordavo mica fossero così lunghi. Comunque sono simpatici! Ne ho riletto uno, che narra di un viaggio sul... pianeta Saturno! Avrò avuto undici anni credo. Poi sono tornata coi piedi per terra, poichè alla fine del racconto svelo che si è trattato solo di un sogno, ma una strana coincidenza lascia credere che in realtà qualcosa di vero sia accaduto sul serio...! Grande fantasia!
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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #7 il: 18 Febbraio 2010, 12:34:34 pm »
già...direi  di sì! :-d
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Offline Phoebe1987

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #8 il: 21 Febbraio 2010, 11:39:32 am »
Da quando avevo 15 anni ho cominciato un'interminabile saga fantasy di quasi 400 pagine in word...Ovviamente incompiuta! Mi ricordo che avevo cominciato a scriverla per mia sorella. In effetti, adesso che ci penso, devo a lei l'aver cominciato a scrivere così tanto e soprattutto al pc, perchè ero solita usare fogli che presto o tardi sono destinati a perdersi tra le mille cose di una casa!!!Posterò qualche pezzettino, magari... ;)

Offline Phoebe1987

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #9 il: 21 Febbraio 2010, 11:42:08 am »
Pioveva…Sopra ed intorno a loro…L’aria era fresca… Leggera.
Nulla risultava essere importante in quel momento. C’erano soltanto lui e lei, abbracciati sotto un grosso albero dalle alte fronde: uno di quegli alberi che non perde mai le foglie, in qualsiasi stagione si ci trovi; così era il loro amore, duraturo nel tempo ed invariato, nonostante le difficili circostanze. Alla nuova elsa egli sarebbe partito, forse per mai più tornare, ed ella sarebbe stata data in sposa ad un Re, come garanzia di un’alleanza tra Uomini…
- Ti rivedrò? -Gli chiese alla vigilia della sua partenza.
- Non posso promettere nulla. - Le sussurrò in un piccolo orecchio, prima di darle un dolce, profondo bacio, appena sfiorandole le labbra.
- Non so se ce la faccio. - Ammise Tàrena, stringendolo a sé, come se fosse l’ultima volta. Tiepide lacrime cominciarono a lasciare i suoi chiari occhi; mentre le guance le si arrossavano lentamente.
- Devi essere forte. - La esortò Trilix - Tutti dobbiamo esserlo, per avere un futuro. -
Lei, scettica alle sue parole, lasciò la presa e si lamentò, girandogli le spalle, a braccia conserte: - Ma di quale futuro parli…Accanto ad un uomo che rievoca la più feroce delle bestie. -
- Stiamo parlando di rimanere in vita, non vi è nulla di più significativo. - Cercò di spiegarle, prendendole il viso tra le mani, con tenerezza.
- Allora forse preferirei morire… -
Trilix smise di respirare in quel momento, corrugando la fronte, in segno di disappunto. Egli rimase immobile ad osservarla per un attimo, cercando di fissare i suoi lineamenti nella mente.
- Mia bellissima fata - La invocò con voce soave - Non dire così, ti supplico. -
E dopo averle baciato la fronte, lei, raccolto dentro di sé il coraggio necessario, gli confessò, posando delicatamente le mani sui suoi forti polsi: - Preferirei avere da vivere solo qualche giorno ancora con te, piuttosto che accettare nella mia vita qualcuno che non sia tu. - Una piccola, debole lacrima rigò in silenzio il volto di Trilix, che rimase colpito dall’affetto che ella dimostrava, nei suoi confronti, smisuratamente grande. Non sapendo cosa rispondere, sebbene, in cuor suo, pensasse la medesima cosa, la prese tra le braccia nuovamente, affinché lei sfogasse tutta l’angoscia nel pianto e non scorgesse la propria, di debolezza. Trilix doveva essere forte per tutti e due. Una velata nebbiolina si levò dall’umida terra sottostante;mentre la pioggia, come le lacrime, cadeva incessantemente; offrendo ad entrambi la scusa per attardarsi in quel luogo.
Ora erano le spalle di Trilix ad essere appoggiate al robusto tronco; mentre le sue braccia cingevano Tàrena, in un abbraccio indissolubile, che nei loro cuori sarebbe potuto durare eternamente.
- Perché non fuggiamo.. - Propose la giovane donna, tra un singhiozzo e l’altro.
- Perché non si può scappare da questa guerra. - Ammise, odiandosi per quelle parole così severe.
- Puoi lasciare che altri la combattano al tuo posto… -Cercò di dissuaderlo.
- Sarei un codardo! - Si espresse con voce dura.
Tàrena, ancora una volta, si divincolò dall’abbraccio, gridando:
- Onore..Dovere! - E poi aggiunse, abbassando il tono della voce - E che ne è dell’amore…Io ti amo! -
Trilix la baciò con tutto sé stesso, grato agli spiriti , per avergli dato la possibilità di amare con una tale intensità e dedizione.
Un amore così grande, da non conoscere né tempo, né tautomero incertezze. Un amore che sarebbe rimasto intatto per sempre.
Tuttavia, d’un tratto, nel medesimo istante in cui gli occhi di Trilix, riaprendosi, si specchiarono in quelli lucidi di lei, accadde qualcosa d’inaspettato, che avrebbe cambiato il loro destino, reversibilmente.
Il respiro di Tàrena, ancor prima che Trilix si rendesse conto, si spezzò; mentre il suo corpo, abbandonato tra le sue braccia, divenne rigido e tremante. Le sue rosee labbra si schiusero leggermente, come se tentasse di dire un ultima parola ed i suoi occhi, sgranati dal dolore, permisero ad un’ultima, lenta lacrima, la cui discesa sembrò per Trilix durare un infinità, di dire addio.
In un baleno, così come le sue mani l’avevano stretto con forza, ora, allo stesso modo, ella si accasciava completamente verso il suolo, chiudendo gli occhi per l’ultima volta.
Fu nel tentativo di sostenerla; quando il panico e la confusione più assoluta si erano impadroniti di lui, che si accorse della freccia conficcata nell’esile schiena dell’amata. Lentamente l’accompagnò a terra, con cura, inginocchiandosi innanzi a lei, appoggiata allo stesso albero sotto il quale si erano amati. Nel momento in cui potè scorgere  le proprie mani bagnate dal sangue di Tàrena, alzò lo sguardo, colmo di feroce rabbia, verso colui che aveva scoccato il mortal dardo.
L’uomo smontò da cavallo, producendo un secco e pesante tonfo.
- Tu! -Urlò Trilix, puntando l’indice sinistro avanti a sé; mentre con destrezza l’altra mano estraeva la spada. Un celere suono metallico risuonò nel vuoto, spezzando il silenzio.
- La medesima sorte è toccata alla mia prima compagna: infida e traditrice, come lei - Giustificò il suo tremendo gesto, additando il corpo morto, al riparo dalla fitta pioggia, di quell’infausto giorno.
- Oh, maledetto… - Gridò il giovane iracondo - Maledetto assassino!-
- Ho ucciso per molto meno - Confessò cinico, Re Kugriw, sguainando a sua volta la spada.
Le membra di Trilix tutte tremavano dalla cieca rabbia e le parole faticavano ad uscire; la sua gola era secca e la sua testa sarebbe potuta esplodere, da un momento all’altro.

Correva a perdi fiato un cavallo selvaggio, attraverso la foresta della Vita. Correva come il vento. Truci pensieri animavano le sue ampie falcate. Un orribile presagio opprimeva il suo spirito.

- Che aspetti! - Esclamò Kugriw, in tono di sfida - Non mi tirerò certo indietro, per il nome che porti! -
- Mio padre non c’entra in questa storia. - Fu accomodante nelle parole - Siamo solo io e te! -

Ancora correva quel fiero animale, tra i verdi alberi, bagnato da una pioggia pesante come fosse sangue, pungente come acuminate pietre. Correva veloce, affinché non si avverassero le sue paure.

- Avanti! - Lo incitò allo scontro; mentre Trilix camminava davanti al nemico, pronto alla vendetta. Il primo colpo s’incrocò in aria, quel giorno, e lì rimase per qualche istante; quando i due ancora si stavano studiando. Un secondo colpo, in basso, vide l’incontrarsi di due grande forze contrastanti, attraverso un brusco suono metallico, prodotto dalle affilate lame. Vi fu un terzo colpo, un quarto e subito dopo un quinto, fu Kugriw ora ad attaccare. Levò la spada verso il nuvoloso cielo e, forse troppo sicuro di sé, scagliò la spada verso il basso, senza alcuna esitazione. La sua lucente spada fallì il colpo, fendendo null’altro che l’inscindibile aria.
Approfittandone Trilix, preso dalla foga ed accecato dall’odio, tese il braccio in avanti e la spada anch’essa, conficcandone la sommità nella spalla sinistra dell’avversario, il quale subitamente cadde sulle proprie ginocchia. Con sguardo sconfitto, di chi è rassegnato alla fine, gettò la spada Re Kugriw, attendendo il colpo di grazia. Tuttavia gli Spiriti vollero che proprio in quell’istante sopraggiungesse un nero, enorme destriero, dai lunghi e folti crini.
Trilix non fece in tempo  ad assestare il colpo decisivo, che due grandi zoccoli, neri come la pece, presero a roteare sopra la sua testa, dissuadendolo dall’uccidere il Re. Accortosi dell’identità di chi aveva scongiurato un’altra morte, il vincitore, gettata con veemenza l’arma, con passi sconvolti s’incamminò nella direzione dell’albero incantato.
Giaceva immobile, priva di vita, colei che aveva saputo rapire persino il suo di cuore, incatenato ad una mente così razionale…Ed ora tanto distrutta.

Dianoir aveva impedito che venisse a mancare un comandante al proprio esercito, ma aveva soprattutto salvato un amico dalla propria coscienza.
Trilix, preso dalla disperazione più assoluta, si gettò su braccia e gambe, urlando e piangendo, come mai aveva fatto prima.
Nella sua anima ardevano rabbia e rancore, per non averla protetta, senso di colpa ed odio verso colui che l’aveva strappata al sua amante, crudelmente. Al riparo da una scintillante sfera di luce, Dianoir divenne Asthor, il Diamante Nero, sotto gli increduli occhi del Re ferito. Uno sguardo cupo ed intollerante, rabbuiava il volto della creatura; mentre i suoi alti occhi si posavano con disprezzo verso il basso. Non giudicando grave la ferita, lasciò che Kugriw si tenesse il dolore, rimanendo inginocchiato dall’umiliazione: ciò che era la pietà per un valoroso comandante come lo era lui.
Un esile brillio cominciò improvvisamente a scaturire dalla fanciulla morta; una luce rossastra, che crebbe in poco tempo, fino a divenire insostenibile alla vista, costringendo Trilix ad allontanarsi.
Al cessare di quell’insolito fenomeno, al quale nessuno dei presenti seppe dare una spiegazione, apparve un gigantesco, rosso, bocciolo, che prese ad aprirsi proprio lì, innanzi ad occhi sbalorditi.
- Una morte avvenuta, ai piedi di uno di questi rari alberi - Annunciò una voce delicata, come un petalo - Dà vita, a sua volta, ad un fiore leggendario, purché chi perde il respiro sia una nobile e pura creatura.-
Asthor s’inchinò alla Regina Nelis.
- Giacerà qui per l’eternità, ove tutti potranno farle visita e renderle onore come figlia e moglie di re. - Concluse solennemente.
Re Kùgriw ora sedeva contro il tronco di un altro albero, agognando la morte, come meglio di un’esistenza nel disonore e nella vergogna di un duplice assassinio. Trilix, sconvolto, aveva smesso di gridare, ma il suo animo irrimediabilmente lacero, urlava ancora.
Asthor osservava la scena, senza proferir parola. Fu Nelis, confessando ciò che non poteva tacere, a spostare l’attenzione verso un luogo lontano e buio, ove la neve tradiva la vista, ma non quella interiore.
- Lei, lasciata da sola, ora è in pericolo. - Sussurrò con una voce calda, ma allo stesso tempo di gelido impatto, come ghiaccio sulla nuda pelle.
Asthor balzò fuori dai suoi confusi pensieri, realizzando perfettamente, ciò che aveva voluto rivelargli, con quelle parole, apparentemente senza senso.
- E Sanlx Arcàic? - Domandò invano
- Lontano. -
Il volto del giovane si fece ancor più cupo, ad un passo dall’esplodere erano pesanti parole, condotte dalla spinta più profonda e spontanea:
- Maledizione!Che gli Spiriti mi siano testimoni di quanto mi ero aspettato un risvolto del genere! -
Trilix, ascoltando quelle imprecazioni, si rese conto che la situazione era ancor più grave, per quanto fosse già pesante sopportare il suo dolore.
- Avrei dovuto ascoltare me stesso. - Continuava in preda ad uno scatto d’ira - Ma ora basta. -
Davanti al tacito sguardo di Nelis e a quello attonito, impotente di Trilix; davanti anche a codardia e disonore, egli, da uomo, fattosi nuovamente cavallo, partì alla volta dell’Unica, come suo salvatore, rientrando nei suoi vecchi panni.
- Misteriax. - Lo guidò la voce di Nelis, prima che, con un frenetico cenno del muso, dietro al quale splendenti crini formarono guizzanti onde al vento, Dianoir partisse al galoppo. Un ultimo, fugace sguardo, fu rivolto al suo amico, che lasciava per forza di causa maggiore, convinto che alla fine si sarebbe rialzato dal dolore, per combattere di nuovo al suo fianco.
« Ultima modifica: 21 Febbraio 2010, 11:45:48 am da Phoebe1987 »

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #10 il: 21 Febbraio 2010, 17:03:57 pm »
Mi è piaciuto Phoebe! Solo verso la fine, ho fatto un po' di confusione con i personaggi, perchè il brano è estrapolato da un racconto più organico e completo...
Ho anche io un romanzo del genere, quasi completo, manca solo la conclusione che, comunque, ho in testa. C'è un MA...il mio non è sul computer, è appunto tra quei mille fogli e quaderni che prima o poi ( ma è PRIMA, è PRIMA... :s ) se ne perde uno...
E CHI LO COPIA?  o_O...mah...vedremo... :-*
cKappa ^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*° Sì che ti voglio bene, bene davvero...

Offline Phoebe1987

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #11 il: 21 Febbraio 2010, 18:23:33 pm »
Capisco perfettamente le tue difficoltà che sono anche le mie...Purtroppo l'ho dovuto copiare tutto da sola!!Grazie per averlo letto!!!

Offline kant.51

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Re: Racconti e poesie della nostra infanzia!!
« Risposta #12 il: 29 Aprile 2011, 22:08:46 pm »
Ecco....questa si "usava" ancora sui libri delle mie elementari....più o meno nel giurassico  :-d :P

I doni

Primavera vien danzando
vien danzando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta ?

- Ghirlandette di farfalle,
campanelle di vilucchi,
quali azzurre, quali gialle
e poi rose, a fasci e a mucchi.

E l'estate vien cantando
vien cantando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta ?

- Un cestel di bionde pèsche
vellutate, appena tocche;
e ciliege lustre e fresche
ben divise a mazzi e a ciocche.


Vien l'autunno sospirando
sospirando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta ?

- Qualche bacca porporina,
nidi vuoti, rame spoglie,
e tre gocciole di brina,
e un pugnel di morte foglie.

E l'inverno vien tremando.
vien tremando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta ?

-Un fastel d'aridi ciocchi,
un fringuello irrigidito;
e poe neve, neve a fiocchi,
e ghiacciuoli grossi un dito.

angelo silvio novaro
cKappa ^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*°^*° Sì che ti voglio bene, bene davvero...