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Autore Topic: Ciottoli di fiume  (Letto 2281 volte)

Offline Alamuna

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Ciottoli di fiume
« il: 3 Agosto 2010, 19:21:02 pm »
Quest’attesa mi rende inquieta. E’ già da circa mezz’ora che aspetto e ancora non ho visto arrivare nessuno. Lui è stato chiaro: “Alle due e mezza all’angolo del negozio per animali”. Tra l’altro, la fermata dell’autobus urbano con cui sono arrivata è proprio qui, vicino a questo negozio, così non devo fare strada a piedi. Pigra come sono, questa è stata una grande fortuna per me.
Sono stata puntualissima e lui non è ancora arrivato. Non deve essere difficile riconoscermi dato che sono l’unica qui sull’angolo e sono proprio sotto l’insegna del negozio per animali che a quest’ora del pomeriggio è chiuso. Ci do uno sguardo dentro tra le grate e ci vedo gabbie, cucce di legno, acquari, grandi sacchi di mangimi, lunghi scaffali pieni di ogni sorta di mercanzia per animali, dai guinzagli alle tutine colorate per cani. Mi chiedo se potrei mai aver bisogno di questo negozio. In realtà si, perché mi piacciono i pesci, potrei decidere di prenderne qualcuno e allora avrei il negozio proprio a pochi passi da casa per tutto l’occorrente. Osservo la zona per capire quanti e quali vantaggi poterne trarre nell’eventualità di venire davvero ad abitare qui. Il caldo si fa sentire gradevole sulla pelle in questo pomeriggio di primavera, il sole mi accarezza con i suoi raggi insieme a un vento piacevole che mi agita i capelli. Torno a guardarmi in giro e provo a indovinare dove possa trovarsi l’appartamento che sto per visitare. Il proprietario al telefono mi ha detto che si tratta di un condominio. Ci sono solo condomini e palazzi lungo questa strada, sopra negozi di abbigliamento e panetterie. Non riesco proprio a immaginare quale possa essere tra tutti questi. Mentre mi guardo intorno, mi accorgo che sono arrivati degli uomini ad un bar di fronte e ora si siedono insieme al tavolino esterno. Bevono il loro caffè e ogni tanto con lo sguardo si rivolgono verso di me e poi bisbigliano qualcosa tra loro. Una signorina sola soletta, si, ma che c’è di male? Starà aspettando qualcuno, no? Non capisco cosa abbiano sempre tanto da guardare gli uomini. Basta che vedano un paio di jeans aderenti, dei grandi occhiali da sole ed una folta chioma bruna per mettersi a confabulare chissà che cosa. Fingo di non vederli, anche perché le lenti scurissime dei miei occhiali mi aiutano a tenere lo sguardo nascosto. Per attirare la mia attenzione di tanto in tanto emettono dei fastidiosi fischi. Vorrà dire che dovrò fingere di essere anche sorda.
Sono infastidita e comincio a perdere la pazienza. Già non sono sicura di quello che sto per fare, in più questo estenuante ritardo mi mette addosso ansia e mi crea ulteriori dubbi. Mi tranquillizzo solo quando penso che infondo non devo dire per forza di si. Sto solo andando a vedere l’appartamento. Se non me la sento posso sempre rinunciare. E infatti non è che alla fine me la senta tanto di compiere questo passo. È che negli ultimi mesi della mia vita ogni decisione che ho preso è stata la conseguenza di consigli altrui o al massimo di una sensazione di inerzia che si è impossessata di me, per la quale sento di dover fare le cose perché mi rendo conto di doverle fare, ma non perché lo voglio. È stato così per ogni cosa, a pensarci bene, ultimamente. Per esempio, ho iniziato a uscire forzatamente con le mie amiche dopo la fine della mia storia con Marco non perché ne avessi voglia ma perché venivo costretta da loro, preoccupate che stando sola in casa non mi sarei mai potuta dimenticare di lui. Ora sto valutando di trasferirmi in città solo perché sento che è l’unico vero modo per cambiare la mia vita e voltare pagina, approfittando del fatto che il mio datore di lavoro abbia deciso di cambiare sede d’ufficio perché pensa che la città possa accrescere la sua attività. Di conseguenza subentra la mia eventuale decisione di trasferirmi, per evitare quella noiosa e pesante vita da pendolare che per niente si addice alla mia pigrizia. Sento il cambiamento che mi travolge completamente, sento le novità che si scontrano violentemente con il mio animo ancora scosso dal passato, sento di dover essere forte per sostenere tutti i mutamenti che così in fretta stanno investendo la mia vita. Sento anche un forte senso di debolezza nelle gambe, perdendomi nei ricordi di solo qualche mese fa. Sono ancora smarrita, come fossi dentro a un lungo labirinto con tante vie d’uscita che però sono proprio incapace di trovare. Sono qui in questa bella città e in questo piacevole pomeriggio caldo e ancora sono in grado di pensare a Marco. Lui era per me un punto di riferimento fisso, fermo, costante. Sento la debolezza nelle gambe proprio perché mancano due altre gambe a camminare accanto a me. Non so se da sola ce la posso fare. La verità è che so di doverlo dimenticare e che lo penso ancora perché nella mia vita non c’è niente di nuovo, perché faccio ogni giorno le stesse cose, perché non so ancora verso quale direzione devo rivolgere il mio sguardo e perché la paura mi preclude la possibilità di percorrere nuove strade. La verità è che sono confusa e che mi sto costringendo a prendere casa in città convincendomi che il cambio di sede dell’ufficio presso cui lavoro sia un segno del destino, ma non è quello che voglio e non so se riuscirò a farlo. La verità è che adesso l’unica cosa che vorrei fare è fuggire da quest’angolo e da questo appuntamento, di riprendere il pullman e tornare in paese senza aver visto l’appartamento, di fare un bidone a questo maleducato ritardatario che mi sta facendo aspettare da sola alle tre del pomeriggio e di abbandonare quest’idea assurda che ho avuto di trasferirmi in città, fingendo di farlo per seguire il mio datore di lavoro quando in verità l’unica ragione è dimenticare un uomo con cui la storia è finita qualche mese fa. Potrei fare la pendolare a vita anch’io, perché no? C’è tanta gente che lo fa. Un altro snervante fischio dagli uomini seduti al bar mi distoglie da tutti questi pensieri. Avevo quasi dimenticato dove mi trovo, tanto ero assorta.

(continua giù)
« Ultima modifica: 3 Agosto 2010, 19:31:13 pm da Alamuna »
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Offline Alamuna

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Re: Ciottoli di fiume
« Risposta #1 il: 3 Agosto 2010, 19:21:31 pm »
Sto cercando di tenere a bada i miei capelli mossi dal vento quando sento una voce dietro di me che dice: “Chiara?”. Mi volto e vedo un uomo in un maglioncino leggero color grigio scuro con il collo di una camicia bianca che sbuca da sotto il maglione. Finalmente è arrivato. Mi sorride presentandosi e porgendomi la mano e, ricambiando la stretta, gli dico: “Piacere mio”. Cerco di ricordarmi il suo nome, me l’ha appena detto. Credo d’aver capito Valerio. E’ che tutto mi sarei immaginata tranne un uomo così carino che con questo sorriso smagliante e rassicurante mi guida verso l’appartamento. Mi ritrovo improvvisamente a pensare che è stata una fortuna aver indossato questi nuovi jeans che mi vestono proprio a pennello e mi preoccupo d’avere qualcosa fuori posto. Mi sistemo i capelli velocemente mentre lui cammina davanti a me. All’improvviso rallenta il passo in modo che io possa raggiungerlo e camminare al suo fianco. Mi chiede scusa per il suo ritardo spiegandomi che ha avuto un problema alla macchina e un’altra serie di cose a cui però non faccio grande attenzione in questo momento, perché sono troppo presa a chiedermi quanti anni possa avere e a sentirmi immersa in questa situazione per me del tutto nuova. Lui non avrà più di trent’anni e per me è la prima volta che vado a vedere un appartamento in affitto. A dire il vero non so neanche riconoscere le stanze umide da quelle non umide, specie in questo periodo dell’anno. Prima di arrivare alla meta, lui stesso inizia già a parlarmi dell’appartamento. Mi dice che oltre alle spese di gas, luce ed elettricità qui c’è da pagare una somma modesta di condominio ed una altrettanto modesta per la donna delle pulizie che viene una volta alla settimana. Annuisco e in verità mi rendo conto di non avere termini di paragone perché non ho mai avuto esperienze di affitto, quindi non saprei certamente giudicare se le somme di cui mi parla siano convenienti o meno. Intanto annuisco fingendo di ritenere queste somme di cui mi parla abbastanza convenienti. Arrivati al condominio, ci entriamo e mi arriva alle narici un buon odore di pulito. C’è una grande pianta nell’ingresso, in un grosso vaso di terracotta. Sulla sinistra c’è un ascensore. Valerio lo chiama e si volta verso di me sorridendomi di nuovo. “Lei è anche una studentessa?” mi chiede, in attesa dell’ascensore. Mi sento in imbarazzo per questa sua domanda, come se dovessi giustificarmi del fatto che non ho potuto studiare perché i miei non avevano la possibilità di pagarmi gli studi e che ormai all’età di 26 anni, anche se ho il mio lavoro fisso da tre anni come segretaria presso uno studio legale, non posso più permettermi di iscrivermi all’Università. In verità ho pensato anche a questo ultimamente, ma mi sento vecchia per mettermi a seguire le lezioni insieme ai ragazzi di 19 anni e con il mio lavoro a tempo pieno non avrei neanche abbastanza tempo libero per studiare. Gli rispondo di no, che faccio la segretaria per un avvocato che ha deciso di spostare la sede del suo studio qui in città e che è questo il motivo per cui cerco casa a fine Maggio. Per fortuna l’ascensore è arrivato e Valerio da gentiluomo mi cede il passo per farmi entrare per prima. Preme il bottone per il terzo piano. Mi è tornato l’imbarazzo, me ne creano sempre questi momenti in ascensore. Siamo vicinissimi, uno di fronte all’altro. Se mi volto sulla sinistra c’è un grande specchio, sulla destra la porta dell’ascensore, di fronte ho Valerio. Non so proprio da quale parte guardare. Lui non sembra così imbarazzato. Infondo è vero, che motivo c’è per esserlo? Nessuno parla, ce ne stiamo muti. Vorrei dire qualcosa, come se fosse d’obbligo rompere questo silenzio. Mi accorgo che Valerio indossa un profumo buonissimo, persa nel mio disagio sento l’odore invadermi dolcemente e vorrei dirgli proprio questo ma penso che rischierei di sembrare invadente. È solo il proprietario dell’appartamento in affitto che sto per vedere. Per quanto ne sappia, potrebbe anche essere sposato e sembrerebbe che ci stia provando con lui. Non sarebbe affatto carino. Il fatto che mi dia del Lei mi fa anche pensare che preferisca mantenere le dovute distanze. Quindi taccio. Senza volerlo il mio sguardo cade sulle sue mani alla ricerca di una fede intorno all’anulare, ma non vedo alcun anello. Vedo solo due grandi mani, sembrano lisce e vellutate, proprio delle belle mani. Non ha la fede, penso. Allora sarà fidanzato. Siamo arrivati al terzo piano, è stato più veloce di quanto credessi e finalmente le porte dell’ascensore si riaprono ponendo fine a questo fastidioso imbarazzo. Valerio si dirige verso la prima porta sulla destra e infila la chiave nella serratura. Entriamo nell’appartamento. Un odore di chiuso arriva improvvisamente alle narici. Valerio si scusa aprendo le finestre e spiegandomi che non ci abita nessuno da un mese e quindi quest’odore di chiuso è anche abbastanza normale. L’appartamento è molto luminoso e in soggiorno attira subito la mia attenzione una porta-finestra con la tapparella alzata da cui si esce su un balconcino e intuisco che si affacci proprio sulla strada. Adoro avere sotto al naso strade affollate di gente. Questa è una strada di passaggio e m’immagino ad osservarci la gente nelle sere malinconiche e solitarie, specie nel periodo di Natale, quando tutti si accalcano per le strade, nei negozi e alle vetrine e  camminano carichi di buste e di pacchi regalo sotto luci colorate che si illuminano a intermittenza. Guardo Valerio che ora mi invita a seguirlo. L’appartamento non è grande ed è ammobiliato discretamente. In tutto ci sono solo il soggiorno, due stanze e un bagno. Dopo averle viste tutte, mi sembra che, dimenticando l’odore di chiuso facilmente abbattibile, la casa possa dirsi del tutto accogliente. Fermatici un attimo in soggiorno, Valerio mi fa notare che c’è un ampio angolo vuoto tra il divano e la porta d’ingresso, che a lui personalmente non piace perché rende la stanza altrettanto vuota e mi invita a riempirlo con qualsiasi cosa io preferisca se dovessi decidere di prendere l’appartamento. Ma è solo un suo consiglio. Usciamo sul balconcino dalla porta-finestra e confermo che dà proprio sulla strada da cui siamo giunti, come avevo immaginato. Ci appoggiamo contemporaneamente sulla ringhiera e guardo giù con fare bambino. Noto l’insegna del negozio per animali presso cui ho sostato, il bar dove ancora sono seduti gli uomini di fronte alle loro tazze di caffè e in lontananza credo di scorgere anche un angolo di piazza. È un bel posto. Un appartamento proprio al centro della città. Valerio interviene a confermare i miei pensieri dicendomi che secondo lui l’aspetto più interessante è proprio la zona in cui ci troviamo. Dice che non mi mancherà mai niente, che sarò vicina a tutto quello di cui potrò avere bisogno, perché è una zona piena di banche, ci sono gli uffici postali a pochi passi dalla piazza, il panettiere proprio sotto il portone di casa, un fast food all’angolo della strada vicino al negozio per animali e un supermercato poco più avanti, per non dimenticare la fermata dell’autobus a soli due passi da qui. Mi giro leggermente a guardarlo mentre mi parla e noto una leggera barba incolta che cresce sulle sue guance. Mi accorgo che ci siamo appoggiati tutti e due alla ringhiera come se non volessimo più spostarci da qui, nessuno dei due si muove e siamo in una posizione tipica di chi è intento a farsi una bella chiacchierata. L’orario lo richiede e il sole che batte dolcemente sul balcone ci invita a rilassarci e a godere di questo torpore che sa tanto di lunghe ore passate a dimenticarsi di tutto, persi nel sapore di qualche bibita fresca, lasciandosi cullare da questo squarcio quotidiano, dalla calma che a quest’ora arriva dalle strade e dalle case, dai balconi pieni di bucato steso ad asciugare, dai terrazzini assolati e dai primi camioncini di gelati che passano con le loro musichette attira bambini. Ma invece di chiacchierare, io e Valerio restiamo in silenzio. Mi giro di nuovo a guardarlo di nascosto, sapendo che non potrà accorgersene perché lo vedo attento ad osservare il mondo tranquillo sotto di noi. E’ scomparso ogni sintomo di imbarazzo. È un momento in cui sto davvero bene. Spero che lui non si muova da qui perché non ho voglia di andare via. Chiudo un attimo gli occhi e sento il calore del sole ancora più forte sulla mia pelle, lo sento come se i suoi raggi fossero tante braccia con cui è in grado di avvolgermi completamente. Spero che Valerio si volti a guardarmi mentre ho gli occhi chiusi perché ho bisogno che mi guardi, che mi guardi mentre provo quello che sto provando. Sento il sole, la calma che scorre nelle mie vene, i lineamenti del mio viso che immagino distesi e totalmente rilassati, sento la melodia di un camioncino dei gelati che, allontanandosi, lascia solo una dolce scia musicale nella mia mente, sento il vento che scompiglia i miei capelli, sento che non c’è niente di brutto che potrebbe accadere in questo momento, mi sento lontana da ogni cattivo pensiero, con una forza nuova che si crea dentro di me e che nasce dal profondo delle mie viscere, come una sensazione di gioia, di pacatezza, di quiete, di dolcezza e insieme a questa forza nasce anche un senso di stupore che sa tanto di promessa e di novità, che mi permette finalmente di capire in che direzione devo rivolgere il mio sguardo, e infine sento la vicinanza di Valerio, mi pare di percepirlo sempre più vicino, sempre di più, sino ad avvolgermi il suo profumo, sino a percepire addirittura il suo respiro. Sento tutto questo e spero che mi stia guardando. Rimango qualche minuto così, assopita nel torpore di questo magico pomeriggio di fine primavera. Ma poi riapro gli occhi e vedo i capelli di Valerio luccicare al sole. Non saprò mai se mi ha guardata, anche solo per un istante, ma per me è come se lo avesse fatto. La mia vista fa fatica a riabituarsi a questa luce intensa. Vedo l’ombra di un bambino che scompare dietro l’angolo di un palazzo, era un’ombra scura sull’asfalto assolato. Valerio si volta verso di me e inizia a raccontarmi che in questo appartamento più di una volta ci aveva vissuto anche lui da piccolo, insieme a sua nonna, con cui rimaneva quando i suoi genitori, come spesso accadeva, partivano per lunghi viaggi all’estero. E ci ritroviamo all’improvviso immersi in una lunga conversazione in cui lui è il leader e mi parla di molte cose della sua vita. Lo ascolto con grande piacere. Noto che non ha difficoltà ad aprirsi con me e che aveva proprio voglia di parlare. Dai suoi discorsi trapela anche un senso di solitudine che deriva dalla recente fine di una storia d’amore. I suoi occhi castani brillano e sulla fronte ci sono pieghe di pelle che si sono formate dallo sforzo di tenere gli occhi aperti in direzione del sole. Ma ormai, man mano che i minuti passano, il sole diventa sempre più tiepido e non ci siamo accorti che sono passate già due ore. Guardo l’orologio. “Tra un po’ devo riprendere l’autobus”, dico. Rientriamo in soggiorno e lui chiude dietro di noi la porta-finestra ed abbassa la tapparella. Mi chiede se voglio rivedere le stanze e gli rispondo che non ce n’è bisogno. Mentre siamo ancora in soggiorno intenti a uscire, vengo attratta da un posacenere di cristallo appoggiato sul bordo del caminetto. Mi accorgo che è pieno di sassolini bianchi e tondeggianti. La curiosità mi spinge a chiedergli cosa siano. “Sono ciottoli di fiume” spiega. “Mia nonna li ha sempre tenuti qui in ricordo del suo unico nipote che li aveva raccolti e glieli aveva donati”. Leggo nei suoi occhi la tenerezza dei ricordi. Mi racconta di averli raccolti quando era piccolo sulla riva di questo fiume dalle acque cristalline, durante una gita di famiglia. Mi confessa che gli piacerebbe andare a prenderne degli altri, altri di questi ciottoli che sanno di tante vite perse lungo le acque di un fiume che scorre senza mai fermarsi e che è certo abbia una meta, come tutte queste vite sulla riva. “Quando li guardo ci vedo la mia voglia di fare che vorrei assomigliasse ancora a quella che avevo da bambino”, dice. Io, invece, ci vedo la mia voglia di ricominciare, di voltare pagina e di scrivere con l’inchiostro della felicità ogni rigo della mia nuova vita.
Usciamo dall’appartamento e mi porto dietro un senso di rinascita e di serenità che non avevo prima di venire qui. Mentre lui rimette la chiave nella serratura e chiude la porta, io chiamo l’ascensore e quando arriva ci entro per prima. Ci ritroviamo nella stessa posizione di quando lo abbiamo preso due ore fa. Su un lato lo specchio, sull’altro la porta, noi due uno di fronte all’altra, ma non c’è più imbarazzo. Ogni tanto ci capita di guardarci negli occhi. Arrivati a piano terra si riaprono le porte dell’ascensore. Esco prima io e lui mi segue verso l’uscita del condominio. Mi chiede se ho bisogno di un passaggio ma gli dico che la fermata dell’autobus è proprio nel punto in cui ci siamo incontrati. Gli comunico anche che gli farò sapere presto cosa avrò deciso sull’appartamento. “E’ stato un piacere, Chiara”, mi dice porgendomi la mano per una stretta di saluto. “Anche per me”, rispondo sorridendogli e ricambiando la stretta. Ci salutiamo dimenticandoci che siamo venuti dalla stessa parte e che dobbiamo fare ancora qualche passo insieme. Ci mettiamo a ridere quando ci vediamo ancora l’uno accanto all’altra. Arriviamo alla fermata dell’autobus nonché al negozio per animali che adesso è aperto. “Allora ciao”, mi dice. “Ciao”, gli rispondo. Lo guardo andare via. Prima di scomparire dietro l’angolo da cui era arrivato, si volta di nuovo verso di me come volesse dirmi qualcosa, ma mi saluta soltanto, sventolando la mano. Mi volto verso il bar e ci vedo una coppia di fidanzati seduta al tavolino al posto dei signori di prima. Il sole non è più forte come in quelle prime ore del pomeriggio e la strada è piena di zone ombreggiate che creano dei disegni scuri su cui fisso la mia attenzione per qualche minuto. Mi accorgo che sta arrivando l’autobus. E’ fermo al semaforo rosso. Guardo un’ultima volta il condominio cercando di capire quale tra i tanti sia il balcone del “mio” appartamento. Poi mi volto verso il negozio per animali alle mie spalle e ci guardo dentro attraverso la vetrina. Vedo un bellissimo acquario tutto illuminato in cui nuotano dei meravigliosi pesci arancioni. Guardando più attentamente, mi accorgo che a fare da fondale all’acquario ci sono tanti sassolini tondeggianti. Sono simili ai ciottoli di fiume nel posacenere di cristallo. Si, penso. In soggiorno, nell’angolo vuoto tra il divano e la porta d’ingresso, quell’acquario ci starà a meraviglia.



S. Giorgino
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Offline Juliet

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Re: Ciottoli di fiume
« Risposta #2 il: 3 Agosto 2010, 21:11:20 pm »
Mi confessa che gli piacerebbe andare a prenderne degli altri, altri di questi ciottoli che sanno di tante vite perse lungo le acque di un fiume che scorre senza mai fermarsi e che è certo abbia una meta, come tutte queste vite sulla riva. “Quando li guardo ci vedo la mia voglia di fare che vorrei assomigliasse ancora a quella che avevo da bambino”, dice. Io, invece, ci vedo la mia voglia di ricominciare, di voltare pagina e di scrivere con l’inchiostro della felicità ogni rigo della mia nuova vita.
[...]
Si, penso. In soggiorno, nell’angolo vuoto tra il divano e la porta d’ingresso, quell’acquario ci starà a meraviglia.
questi pezzi mi piacciono da morire!!!!è un racconto meraviglioso Alamuna!

"L'effetto trigger" esiste,ma nessuno può dimostrarlo.Perchè nessuno è immune da esso.Tutti abbiamo rimosso dalla nostra mente una brutta esperienza.E allora come sappiamo che esiste davvero?Provate a chiedere alla vittima di una guerra,di un abuso,di una violenza e scoprirete che non sto mentendo.Perchè un viaggio nella mente umana è come un viaggio all'inferno,nel più profondo degli incubi..Anzi, peggio!

Offline Alamuna

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Re: Ciottoli di fiume
« Risposta #3 il: 3 Agosto 2010, 21:23:34 pm »
Un racconto semplicissimo, l'ho scritto un pò di tempo fa e non lo avevo mai postato. Sono contenta ti sia piaciuto. Un abbraccio  ^_^
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Offline Phoebe1987

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Re: Ciottoli di fiume
« Risposta #4 il: 5 Agosto 2010, 19:02:51 pm »
Sarà anche semplice, ma è scritto molto bene e coinvolge.. sembra sempre che siano davvero tutti parte di te. Mi piacerebbe un giorno vederli raccolti in una piccola collana, come radiose perle.

Offline Alamuna

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Re: Ciottoli di fiume
« Risposta #5 il: 5 Agosto 2010, 19:39:22 pm »
E' una cosa che farò... Ti ringrazio piccola Phoebe.  :-X
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