Me ne sto quì in solitudine
ingabbiato nei miei silenzi
cheto tra pause di pensieri distratto
scruto qualche stella che si mostra.
Mi è tutto lontano, distante;
indeterminato e vago
mi simulo estraneo e mi interrogo
e non so rispondermi.
Chi sono, chi fui, vissi?
Dove posso ritrovarmi,
mi riconoscerei tanto cambiato
dagli anni imbianchito e sdentato?
Ero ritto e non avevo rughe
lesto infilavo se occorreva l'ago sottile
il fiato non mi mancava, se amavo
sempre il cuore forte mi batteva.
Che sarà successo
in questi pochi istanti di vita
e i sogni dove più dimorano
e le donne che amai
e non mi amarono saranno morte?
Come scherza il tempo e deride!
L'effemeride ha pochi fogli ancora.
Se l'effabile senso del vuoto acuisce
che vi annoterò? L'acume si acumina
mi graffia e dissanguo: orrendo
della vita ho perso il filo del discorso.
Le labbra del tempo sordomuto
in uno sbaluginio si son mosse,
nella labiolettura ne apprendo
impassibile il significo profondo.