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Autore Topic: Quella soluzione insolita PARTE 2  (Letto 2751 volte)

Offline yag

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    • Kowalski Hotel
Quella soluzione insolita PARTE 2
« il: 30 Luglio 2012, 12:22:08 pm »
La giocammo quella partita a carte. Li, sul bancone dell'hotel, seduti su due sgabelli. Quel bancone, complice una lampada che lasciava nella penombra tutto il resto, sembrava l'unico posto dove avremmo potuto stare. Non eravamo soli. L'essere soli, ci avrebbe obbligati ad un confronto personale. A rompere gli indugi e confessarci che probabilmente eravamo li perche' in realta' non avevamo altro. Quella sera le carte  non erano solo compagne di circostanza, ci furono amiche, e ci vennero in aiuto. Il sig. Kowalski inizio' a darle come se in quella partita si decidessero le nostre sorti. Non le lasciava semplicemente cadere sul tavolo, le scagliava con rabbia quelle carte. Con la sua sigaretta stretta tra le labbra. Dietro la scia del fumo che saliva, il suo volto sembrava ancor piu' scavato. Le rughe che segnavano la vita sulla sua fronte, ancor piu' marcate. Capii che non giocava contro di me, ma contro qualcosa di piu'.  Il riquadro in pelle verde incastonato nel bancone, rendeva la partita piu' vera, degna di qualche Lord inglese che si giocava  la sua tenuta di caccia. Noi non potevamo giocarci altro che una cassa di birra comprata da Wal Mart. Non parlammo molto quella sera. Del resto io non facevo altro che scrutare i suoi pensieri dietro la fronte corrucciata, e me ne guardavo bene dal chiedegli cosa gli passasse per la testa. Il sig. Kowalski non me lo avrebbe detto. Mi avrebbe risposto con una battuta tra il cinico e il sarcastico, come sempre nel suo stile. Non amava far entrare le persone nella sua parte intima. La proteggeva come un prezioso gioiello. Anche se per il sig. Kowalski tutto cio' che andava oltre la banalita' dei discorsi di circostanza, era considerato troppo intimo. In realta' io credo non avesse nulla da proteggere, se non se stesso. Aveva paura quell'uomo. E ne aveva piu' di se, che di cio' che potevano pensare o dire gli altri. Era angosciato dal doversi ammettere un qualche cosa. Io ero molto rispettoso al riguardo, ecco perche' non andai oltre neanche con i pensieri. Mi sembrava di violare qualcosa di suo. Qualcosa che per lui era quasi sacro. Rimasi li, partecipando a quella partita, ma sentendomi uno spettatore. Neanche tenevo il conteggio dei punti. Ci pensava il vecchio a farlo, con quella matita lunga ormai tre centimetri, che probabilmente aveva da quando i suoi capelli erano ancora neri. Sul retro di quella ricevuta del lavasecco, segnava i punti come se fossero una questione vitale. Quella sera capii che a volte una partita a carte, puo' permetterti di stare con qualcuno senza dover dare spiegazioni, senza parlare per forza. Le carte erano diventate un capro espiatorio, la finta causa di quella serata. Ecco perche' ci salvarono. Perche' ci permisero di farci compagnia, senza doverlo chiedere, senza doverci spiegare perche'. Si presero loro la responsabilita' di tutto. Solo verso la fine ebbi la conferma di questo, il punteggio era incerto, mancavano poche mani, ma il sig. Kowalski pareva piu' tranquillo. I muscoli della faccia si erano rilassati. Lo capii anche perche' l'ultima sigaretta duro' a lungo. Avevo una sensazione strana, come se quella sera il Sig. Kowalski avesse in realta' combattuto un match con se stesso. La pace che regnava durante l'ultima mano mi dava da intendere che aveva raggiunto un accordo di tregua per quella sera. In tavola c'erano due carte. Non sapevo se vincerla o no quella partita. Le carte le avevo, ma sentivo di dover qualcosa a quell'uomo. Mi sarebbe piaciuto far qualcosa che gli allietasse quel momento. Capii che non era quello il modo, quello che lui voleva l'avevo gia' fatto. Spazzai il banco e chiusi la partita. Senza un cenno di allegria. Lui mi guardo' e disse:" Perche' ci hai pensato cosi' tanto brutto idiota!". Avevo fatto la cosa giusta. Non aveva bisogno di vincere. Aveva solo bisogno che fossi li.
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