Seduto sul divano accendo la tivvù,
guardo il notiziario, scorrono le foto,
quelle più cruente feriscono di più,
l'autore delle bombe resta ancora ignoto.
Tra tutte le tragedie questa m'ha segnato
non solo per i morti, pochi per fortuna,
quanto per il caso d'un ragazzo mutilato,
steso lì per terra dove c'era la tribuna.
Di colpo l'esplosione, un fortissimo rumore,
un sibilo assordante stride nell'orecchio.
Sbalzato via lontano tra le urla di dolore,
cerca con le mani, afferra il suo ginocchio.
Non posso immaginare quello che ha provato
guardandosi le cosce, il suolo insanguinato,
le ossa frantumate, la carne dilaniata.
Cosa ha generato una follia così malata?
Pensando a quegli istanti rifletti, te lo chiedi.
Fosse stato altrove al momento dell’attacco?
Ora quel ragazzo per il gesto di un vigliacco
mai più potrà sentire il terreno sotto ai piedi.
Un piccolo, minuscolo, lunghissimo secondo
e la disperazione che ti scava nel profondo.
Qual’era la sua vita prima che accadesse?
Fai delle domande, ormai sempre le stesse.
Tutta la crudezza di quel corpo martoriato,
vedere le sue gambe ridotte in quello stato.
Dentro la mia testa, un’immagine indelebile,
ho visto poche volte una cosa più terribile.
Cerco una risposta che sollevi il mio magone,
chi senza pensare ha premuto quel bottone?
Torno con la mente a chi ha fatto quest’orrore,
vorrei poter guardare all’interno del suo cuore.
Vedrei ch’è solo marcio, nero e imputridito,
specchio di un pensiero crudelmente razionale
di chi si crede Dio e gli basta solo un dito
per ledere una vita che mai più sarà normale.
Penso ad una pena che s’addìca a ciò che ha fatto:
gli strapperei le gambe, è il contrappasso adatto,
lo farei strisciare come un verme tra la gente,
leccando tutti i piedi della folla indifferente.