So che è lungo... ma è un passo molto belllo del libro di Goethe "I dolori del giovane Werther", a me piace tantissimo ed è molto significativo...
«Non riesco a capire come un uomo possa essere così scemo da spararsi, solo a pensarci vado in bestia.»
«Ma è mai possibile,» esclamai io, «che voi uomini, per poter parlare di una cosa, dobbiate sempre dire: questo è stupido, questo è ragionevole, questo va bene, questo va male? Che significa tutto ciò? Avete forse individuato una volta per tutte i rapporti interdipendenti di un'azione? Sapete dunque dipanare con chiarezza le cause che l'hanno provocata, per le quali doveva accadere? Se fosse così, non sareste così sbrigativi con i vostri verdetti.»
[...]
«Ah, voi, gente così ragionevole!» gridai ridendo. «Passione! Alcolismo! Pazzia! Come ve ne state comodamente rilassati, voi, così senza essere coinvolti, voi uomini morali! Strapazzate l'ubriacone, disprezzate colui che ha perduto la ragione, passate via come il prete e come il fariseo, ringraziate Dio che non vi ha fatto come uno di loro. Io mi sono ubriacato più di una volta, le mie passioni non sono state molto lontane dalla pazzia e non me ne rincresce, perché nel mio piccolo sono riuscito a capire che tutti gli uomini straordinari, che hanno fatto qualcosa di grande, qualcosa che apparentemente sembrava impossibile, sono stati da sempre tacciati da ubriachi e da pazzi.
«E anche nella vita di tutti i giorni non se ne può più di sentir gridare dietro a qualcuno che abbia fatto anche solo qualcosa di appena libero, nobile, inatteso: quello è ubriaco, è matto! Vergognatevi, voi sobri! Vergognatevi, voi sapienti!»
[...]
«È certo più facile morire che sopportare con fermezza una vita tormentosa.»
[...]
«La natura umana,» continuai, «ha i suoi limiti: può sopportare gioia, dolore e affanno fino a un certo grado e crolla appena esso viene superato. Qui non si tratta più, dunque, di sapere se uno è debole o forte, bensì se è in grado di sopportare il peso del suo dolore, non importa se morale o fisico, e trovo che sia altrettanto stravagante dare del codardo a colui che si toglie la vita, quanto sarebbe bizzarro dare del codardo a colui che muore di febbre maligna.»
«Paradosso! che paradosso!» esclamò Alberto. «Non quanto credi,» replicai io. «Mi concederai che noi chiamiamo malattia mortale quella che attacca la natura in modo tale da distruggere in parte le sue energie, in parte da metterle fuori uso, cosicché essa non è più capace di rimettersi in sesto, di riprodurre con una felice rivoluzione il consueto corso della vita. [...]
Gli ricordai una ragazza che era stata trovata annegata qualche tempo prima, e gli ripetei la sua storia. «Una creatura giovane, mite, che era cresciuta nello stretto ambiente delle occupazioni domestiche, del lavoro scandito esattamente giorno dopo giorno, che non aveva nessun'altra prospettiva di svago se non passeggiare la domenica con le amiche fuori porta [...] fino a che non incontra un uomo dal quale è attratta da un sentimento irresistibile, sul quale ora ripone tutte le sue speranze, fino a dimenticare il mondo intero; non sente niente, non vede niente, non prova niente per altri che lui, l'unico, non brama che lui, l'unico. Non corrotta dalle vuote smancerie di una volubile vanità, il suo desiderio l'attira verso un solo scopo, diventare sua, legarsi eternamente a lui per cogliere quella felicità che le manca, godere all'unisono di tutte le gioie per le quali sospira. Promesse ripetute, che le suggellano la certezza di realizzare ogni speranza, carezze audaci che accrescono la sua voglia, imprigionano a poco a poco la sua anima; ondeggia in una coscienza offuscata, in un presentimento di tutti i piaceri, è tesa al massimo grado. Poi slancia finalmente le braccia per stringere tutti i suoi desideri - e il suo amante l'abbandona. Impietrita, incapace di intendere, è sospesa sull'orlo di un abisso; tutto è tenebra attorno a lei, nessun futuro, nessun conforto, nessuna risorsa! perché lui l'ha lasciata, lui che era il solo a dare un senso alla sua vita. Non vede il vasto mondo che le sta davanti, e neanche i numerosi uomini che potrebbero rimpiazzare quello che ha perduto, si sente sola, abbandonata dal mondo intero - e accecata, incastrata nella tremenda angoscia del suo cuore, si butta giù, per soffocare tutti i suoi tormenti nelle fluttuanti spire della morte. - Vedi, Alberto, questa è la vicenda di molta gente [...]
«Guai a chi può assistere a una cosa simile e dire: povera pazza! se avesse aspettato, se avesse lasciato tempo al tempo, la disperazione si sarebbe certo placata, avrebbe certo trovato un altro per consolarla. Il che sarebbe come dire: povero pazzo, guardalo, muore di febbre! se avesse aspettato di recuperare le forze, che i suoi umori fossero risanati, il tumulto del sangue placato, sarebbe andato tutto bene, e lui adesso vivrebbe ancora!»