Ho bisogno di una sosta a volte.
Per raccogliere fili spezzati, per leggermi un poco dentro.
Non fumo, purtroppo.
Perchè chi fuma ha la scusa facile, si ferma, accende la sigaretta, si appoggia al muro e guarda lontano, gli occhi un po' perduti nel mondo che gli sta intorno, in realtà perduti dentro se stesso, a scavare, o semplicemente a osservare quelle pieghe minuscole in cui si annidano pensieri, desideri, rimpianti e anche l'amore.
Io faccio il cameriere: sbarco il lunario, mantengo la mia famiglia.
Un mal di piedi feroce alla sera, un sorriso incollato sulla bocca tutto il giorno, una pazienza infinita che mi finisce appena varco la porta di casa e lei mi rimprovera muta, con occhi spenti e severi.
Lo so, non le do più niente, ma è proprio che non ho più niente da darle, sono un uomo che si è esaurito.
Pile scariche, guscio vuoto, non so se c'è un riciclaggio di scarti umani, perchè io attualmente quello sono: uno scarto umano, dovrei buttarmi via.
Eccoli: sono le 20,30. Vengono sempre a quest'ora, mezza età, lei ancora una bella donna, lui alto, sanguigno. Sono cordiali, sorridono, ti danno un buonasera che non è di plastica, ti guardano negli occhi, dicono grazie quando gli cambi il piatto, prendono sempre le stesse cose, mancia piccola, ma non importa, c'è il sorriso.
" Il solito? " ...hanno la capacità di guardarti meravigliati, ogni volta si stupiscono che io li riconosca, mi ricordi...
" Ma lei come fa?..- la voce di lei è sensuale, leggermente roca- Davvero si ricorda che cosa prendiamo?" e inarca le sopracciglia
E' una specie di rito, anche io sorrido: " Certo che ricordo! "...
Li osservo, non so se si amano ancora, osservare questo nelle coppie che vengono qui, al ristorante, è una delle mie fissazioni.
Forse sì, si amano, e comunque parlano, non tutto il tempo, ma lui sorride alle cose che dice lei, lei lo ascolta e annuisce quando lui racconta. Almeno non sono due mummie come l'avvocato e la moglie, quelli non ti guardano nemmeno, non si guardano loro, schizzano veleno l'uno contro l'altra, mangiano poco, lasciano una mancia generosa: la sola cosa buona che puoi avere da loro.
Lei non si è vista stasera.
Sì, mi sono innamorato.
E' una studentessa, spesso viene a cenare , una pizza margherita, acqua, qualche volta il gelato.
Sempre sola, abita qui, a fianco, affittano l'appartamento del primo piano alle studentesse fuori sede, ha gli occhi grandi e dolci delle ragazze di Calabria, è riservata, gambe un po' pesanti, ma un viso incantevole, una bocca perfetta, un profumo che mi fa impazzire.
Ho rubato un tovagliolo giorni fa: lo aveva adoperato lei ed era impregnato del suo profumo.
Me lo sono portato nella toilette , l'ho aperto tremando e l'ho stretto al mio viso, un'emozione forte, fortissima.
Non sono un feticista, ma quel tovagliolo me lo conservo gelosamente , è la sola cosa che ho di lei.
Non cerco di parlarle, di conquistarla, di portarla a letto.
Non ho nulla da darle.
Da lei prendo. Prendo dalla sua gioventù: sogni, profumi, freschezza, un mondo intatto, ancora da realizzarsi, speranze, stelle negli occhi che brillano come non ho visto più. Forse come non ho visto mai.
So che suona il violino, la sento a volte nel tardo pomeriggio, mentre apparecchio i tavoli per la sera, qualche volta quando viene a cenare, ha la custodia con sè.
" Per passione? " ho osato chiedere un giorno, indicando la custodia.
Mi ha guardato negli occhi e mi ha sorriso: " Sì "ha detto. Semplicemente.
Ho annuito e, lei non lo sa, ma è stato come averla tra le mie braccia e farci l'amore mille volte, e vederla negli spasmi e nelle lacrime e nell'abbandono del dopo.
Perchè mentre diceva quel sì, io ho capito.
Ho capito tutto quello che aveva dentro e questo è l'unico vero modo di possedere una donna, leggerle l'anima.
L'ingegnere è andato via, ha lasciato il solito porcile sulla tovaglia, devo cambiare tutto, anche il copritavolo, anche il cuscino sulla sedia.
Sembra incarnare il suo personale rancore contro il mondo: tu sei ingiusto con me? E io ti sporco, ti insozzo, ti rendo lercio .
Macchie, briciole, pezzetti di cibo...il bordo dei piatti non si può toccare, l'olio è traboccato, bucce di frutta sono sparse, sfatte e colanti, sulla tovaglia...
Finalmente orario di chiusura, vado a mettermi le scarpe marrone e a levarmi questa livrea, questa divisa che mi fa appartenere a una categoria, a un mondo ben preciso e inquadrato.
E lì c'è conservato il tovagliolo di Maria, questo è il suo bellissimo nome, e io lo annuserò e se avrò voglia di piangere sulla mia vita lo farò, anche con le lacrime, in nome di quella maledetta libertà che non ho più, che è finita con la mia vita nel giorno in cui si è spenta tra un menù e un calice per vino rosso...