1) La voce della pioggia
E chi sei tu? chiesi all’acquata, che dolcemente pioveva,
Ed essa, strano a dirsi, mi diede questa risposta che ora traduco:
Della Terra sono il Poema, rispose dunque l’acquata,
Eterna mi sollevo impalpabile dalla terra, dal mare insondabile,
Su verso il cielo, donde, in forma vaga, totalmente mutata eppure sempre la stessa,
Discendo a lavare le aridità, i detriti, gli strati di polvere del mondo,
E quanto in essi, senza il mio ausilio, sarebbe seme latente, non nato;
Perenne, di giorno, di notte, restituisco la vita all’origine mia, la abbellisco e purifico;
(Perché il canto, emerso dal suo luogo natale, dopo il compimento e l’errore,
ascoltato o non ascoltato, debitamente con amore ritorna.)
2) Spirito che questa scena creasti
(Scritto a Platte Canon, Colorado)
Spirito, che questa scena creasti,
Questo acervo sinistro di rossi blocchi di roccia,
I picchi temerari che al cielo s’adergono,
Le gole, questi limpidi fiumi turbolenti, questa nuda freschezza,
L’informe complesso fantastico, che ubbidisce a leggi tutte sue,
Io ti conosco, spirito selvaggio – abbiamo fraternizzato,
Anche il mio è un informe acervo fantastico, che ubbidisce a leggi tutte sue;
Vennero forse i miei canti accusati d’ignorare l’arte?
Di non sapere fondere in sé le sue norme precise, la delicatezza?
Il misurato ritmo del lirico, la grazia del tempio cesellato – d’avere obliato le colonne e l’arco perfetto?
Ma di te che qui ti riveli – spirito, che questa scena creasti,
Di te hanno seguito le leggi.
3) Miracoli
Ma come? ma chi fa tanto caso d’un miracolo?
In quanto a me, non conosco nient’altro che miracoli,
Sia che passeggi per le vie di Manhattan,
O lanci il mio sguardo, oltre i tetti delle case, su verso il cielo,
O a piedi nudi cammini lungo la spiaggia, al margine delle onde,
O stia sotto gli alberi in un bosco,
O parli di giorno con quello che amo, o dorma la notte nel letto con chiunque amo,
O sieda a tavola, a pranzo, insieme con gli altri,
O contempli estranei che in faccia a me viaggiano in tram,
O guardi le api intorno all’alveare indaffarate, un pomeriggio d’estate,
O gli animali che pascolano nei campi,
O gli uccelli, o la meraviglia degli insetti nell’aria,
O la meraviglia del tramonto, o delle stelle che brillano, così luminose e tranquille,
O la sottile curva delicata, la linea preziosa della luna novella in primavera,
Queste cose, con tutte le altre, sono per me miracoli,
Che si riferiscono al tutto, eppure distinte, ognuna al suo posto.
Per me ogni ora di luce e di tenebra è un miracolo,
Ogni pollice cubico di spazio è un miracolo,
Ogni metro quadrato della superficie terrestre è pieno di miracoli,
Ogni piede del sottosuolo pullula di miracoli,
Per me il mare è un perenne miracolo,
I pesci che vi guizzano – gli scogli, – il moto delle onde – i vascelli con uomini a bordo,
Si danno mai miracoli più strani?
Ho trovato queste tre poesie di Withman che propongo alla vostra attenzione.
Devo dire che la terza mi ha colpito, la trovo molto bella, una specie di Cantico delle creature moderno, la capacità di cui parlavano oggi le nostre poetesse e ieri Liber, di vedere ancora questo nostro vecchio mondo con occhi da bambini... 