Bussarono.
Non con le mani, era il campanello.
Ma forte, fortissimo. Insistente. Mille scampanellate sonore, furibonde.
E le sembrava scoppiassero nella testa. Cominciò a odiare i campanelli, l'elettricità, i rumori, la gente, l'insistenza...ma insomma, non era nemmeno libera di non aprire la porta di casa sua? Di smaltire la sua sbornia? Non doveva rendere conto a nessuno...perchè non la lasciavano in pace?
NON SMETTEVA:aveva voglia di urlare, urlò.
Non ottenne nulla, continuavano.
Allora furibonda si alzò dal letto-divano sfatto, una ciabatta sola, i capelli per aria come una megera, nella sinistra stringeva ancora la bottiglia di liquore vuota, sentiva un cattivo odore emanare dai suoi vestiti sporchi e stazzonati...ghignò: volevano vederla? Bene, bene...avrebbe aperto la porta, si sarebbero spaventati, forse sarebbero svenuti per la puzza e per l'orrore, rise forte ricordando quelli della parrocchia l'ultima volta: aveva urlato ed erano scappati via a gambe levate: spalancò di colpo la porta, urlando....
Lì davanti c'era una ragazzina, forse sedici anni, bella, pulita , furibonda più di lei...non le dette il tempo di urlare di nuovo: entrò, sbattè la porta dietro di sè e cacciò un urlo che le fece perdere l'equilibrio, finì per miracolo sulla sedia sgangherata dell'ingresso e la bottiglia a terra in mille pezzi, rimase stupita e silenziosa.
Le due donne si guardarono negli occhi, con odio sincero.
" Tanto soldi non ce ne sono! Qui puoi rubare solo porcherie e miseria!" urlò l'ubriaca in faccia alla ragazzina
" Lo so. Ma non ho dove andare per due o tre giorni, vecchia strega! E qui mi puoi tenere...se no finisco di nuovo in riformatorio! E lì non ci vado più! Piuttosto mi ammazzo!" rispose tra i denti la ragazza.
Lavinia, la vecchia, scoppiò in una risata sguaiata: " E che mi frega, mocciosa? Ammazzati pure...un po' di sporcizia in meno sulla terra..."
" Lo decido io se me ne vado o no, vecchiaccia! E per ora mi interessa vivere! "
" Ma perchè da me?" fece l'ubriaca con un pizzico di interesse...
" Perchè sei l'unica parente di schifo che ho..." rispose a voce sibilante Erica e sputò a terra.
Lavinia scoppiò in una risata rauca e sgraziata..." Certo che ne siamo dette di gentilezze...almeno non deve fingere nessuna delle due! Sei la figlia di mia sorella Grazia? " chiese piano.
La ragazza annuì, gli occhi improvvisamente nascosti dietro le palpebre socchiuse.
A Lavinia la mente si riempì di ricordi.
Giornate di sole, corse nel giardino, la merenda di fichi rubati dall'albero del vicino che non riusciva mai a sorprenderle, i giochi con il cane, i sorrisi dei parenti che tanto amavano Grazia, la sorellina bionda e gentile, quanto odiavano lei, ribelle nei suoi riccioli scuri e nel carattere. Grazia glielo diceva sempre nelle rare telefonate: " Mia figlia ha preso da te, Lavinia...non so come mai, ma ha il tuo carattere..."
Grazia era morta col male del secolo, il padre della piccola non era mai stato con loro ( " Non lo voglio quel bastardo! Lontano da noi!" queste le poche parole di Grazia sulla sua storia d'amore il cui frutto era la bimba, Erica ) Lei non ne aveva voluto sapere della nipote, era già alcolizzata, viveva di un misero sussidio sociale e di qualcosa che aveva messo da parte ai tempi d'oro, quando cantava nei locali notturni e faceva lo streap, in cerca della "grande fortuna nella grande città"...
Sapeva che Erica era stata in riformatorio e aveva una storia di droga leggera sulle spalle...
Mentre la guardava si sentì venir meno e un dolore fortissimo la attanagliò al braccio...strabuzzò gli occhi verso Erica e aprì la mano verso di lei in una muta richiesta...
Un ticchettio sommesso di macchinari. Lenzuola pulite, un tubo nel braccio, penombra, odore di disinfettanti.
Aprì gli occhi a stento.
Sulla sedia accanto a lei Erica, addormentata in una posizione strana,con il braccio appoggiato al comodino, la flebo su di sè, un monitor verdastro su cui compariva un diagramma regolare. Provò a muoversi, poteva farlo, con cautela per i vari tubi, ai suoi movimenti il diagramma divenne più intenso e subito comparve un'infermiera
" Signora Benetti...ferma! Deve andarci piano, con l'infartaccio che ha avuto!"
Erica si svegliò e la guardò intensamente, strano, sembrava ci fosse gioia in fondo ai suoi occhi.
Lavinia annuì, poi mormorò "Grazie" e le cercò la mano: era sottile, fredda, tremava un po' , non capiva se fosse lei a tremare o la ragazza.
"Almeno tu non mi hai lasciata, come la mamma..." sussurrò Erica," sei ancora qui.."
Lavinia sorrise un poco, poi " L'erba cattiva...sai com'è? Nemmeno lassù la vogliono..."
Erica annuì, con un piccolo tremolio negli occhi.
"E' Natale, senti? Suonano le campane! " disse poi.
Natale...è vero, da quanti anni non aveva più significato per lei...Quella notte magica che aveva atteso sempre come notte delle meraviglie...Forse era un segno, forse la vita poteva ancora....
Sì, era la notte in cui la parola Nascere prendeva significato...