[...] "Vedi Govinda, questo è uno dei miei pensieri, di quelli che ho trovato io: la seggezza non è comunicabile. La saggezza che un dotto tenta di comunicare ad altri ha sempre un suono di pazzia".
"Vuoi scherzare?" disse Govinda.
"Non scherzo. Dico quel che ho trovato. La scienza si può comunicare, ma la saggezza no. Si può trovarla, si può viverla, si può farsene portare, si possono fare miracoli con essa, ma dirla e insegnarla non si può. [...] Ho trovato un pensiero, Govinda, che tu riterrai di nuovo uno scherzo, ed è questo: d'ogni verità anche il contrario è vero. Una verità si lascia enunciare e tradurre in parole solo quando è unilaterale. [...] Quando il sublime Gotama nel suo insegnamento parlava del mondo, era costretto a dividerlo in samsara e nirvana, in illusione e verità, sofferenza e liberazione. Non si può far diversamente, non c'è altra via per chi vuol insegnare. Ma il mondo in sè, ciò che esiste intorno a noi, non è unilaterale. Mai un uomo, o un atto, è tutto samsara o tutto nirvana, mai un uomo è interamente santo o interamente peccatore. Sembra così perchè noi siamo soggetti all'illusione che il tempo sia qualcosa di reale. Il tempo non è reale, Govinda. E se il tempo non è reale, allora anche la discontinuità che sembra esservi tra il mondo e l'eternità, tra il male e il bene, è un'illusione".
"Ma come?" chiese Govinda ansiosamente.
"Ascolta, caro, ascolta bene! Il peccatore ch'io sono e che tu sei è peccatore, sì, ma un giorno sarà di nuovo Brahma, un giorno raggiungerà il nirvana, sarà Buddha. E ora vedi: questo "un giorno" è illusione, è soltanto un modo di dire! Il peccatore non è in cammino per diventare Buddha, non è coinvolto in un processo di sviluppo, sebbene il nostro pensiero non sappia rappresentarsi le cose diversamente. Il peccatore è oggi stesso, già, il futuro Buddha, il suo avvenire è già tutto presente. Il mondo non è imperfetto o impegnato in una lunga via verso la perfezione: no, è perfetto in ogni istante, ogni peccato porta in sè la grazia, tutti i bambini portano già in sè la vecchiaia, tutti i lattanti la morte, tutti i morenti la vita eterna.[...] La meditazione profonda consente la possibilità di abolire il tempo. [...] Ho appreso, nell'anima e nel corpo, che avevo molto bisogno del peccato, avevo bisogno della voluttà, dell'ambizione, della vanità, e avevo bisogno della più ignominiosa disperazione, per imparare la rinuncia a resistere, per imparare ad amare il mondo, per smettere di confrontarlo con un certo mondo immaginato, desiderato da me, con una specie di perfezione da me escogitata, ma per lasciarlo, invece, così com'è, e amarlo e appartenergli con gioia".
[...]
... E così parve a Govinda, questo sorriso della maschera, questo sorriso dell'unità sopra il fluttuar delle forme, questo sorriso della contemporaneità sopra le migliaia di nascite e di morti, questo sorriso di Siddharta era appunto il medesimo, era esattamente il costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l'aveva visto centinaia di volte con venerazione. Così - questo Govinda lo sapeva - così sorridono i Perfetti.
da Siddharta, Hermann Hesse