sulla fessura hai pienamente ragione. e comunque non intendevo dire che io uso (forse si) eccessivamente fessure. intendevo che l'uomo in generale lo fa per sua propria natura. volente o no, lo fai pur tu, sir brezza!
incomunicabilità di base: non potremo mai esprimere una cosa che è dentro di noi nel modo esatto in cui l'abbiamo vista/sentita/vissuta/odorata/percepita noi. se io provo a spiegarti una tal stoffa di un certo rosso che ho veduto in vetrina o una tal cucina stile country che intendo comperare o un tal suono udito in una radio, dimmi tu quali parole, sebbene ne usi centomila proprio per essere certa di star descrivendo il tutto in modo esaustivo e sebbene siamo dei vocabolari viventi, potranno in modo ESATTO esprimere quella tal cosa. L'altro, l'interlocutore, sarà lì ad ascoltare attentamente ma starà percependo il tutto in quel modo in cui lui/lei lo sta vivendo dentro ai suoi pensieri. quel rosso della stoffa che nei tuoi ricordi veritieri sarà quel particolare rosso chissà di che sfumatura sta diventando nei pensieri dell'interlocutore. e così per tutto il resto. l'interlocutore mette in moto un meccanismo di "decodifica" per giungere ad una chiave che, comunque, non potrà mai essere letta totalmente.
se spostiamo l'attenzione sulla comunicabilità delle emozioni, diviene ancor più complesso direi! ovvio che sensazioni>parole, viviamo sulle sensazioni. anche ascoltando un mio interlocutore che cerca di spiegarmi quel tal vestito di seta che ha comperato dal negozio sotto casa io starò fidandomi delle mie sensazioni per decodificare i suoi enunciati e trasformarli in immagini "reali" di cui però non ci fidiamo troppo poichè sappiamo già da noi quanto fasulle possano essere. ci creiamo immagini mentali che ci aiutino nella decodificazione, ma non l'è mai una decodificazione risolutiva!
Finale: tutto sta alla fine nell' andare più o meno "vicini" alla soluzione definitiva... che non sarà mai, però, quella definitiva.