Mi guarda di soppiatto, mentre gioco la mia ultima mossa. Perderà un sacco di quattrini. Ma queste sono le regole, non le ho inventate io, né sono stato io ad obbligarlo a fare quelle alte puntate ad ogni mano. È tipico. Un giocatore ad hoc come lui non si limita mai ad un cip o ad un passo, né mai rinuncerà a vedere. Poi, siamo circondati da un sacco di gente che ci sta a guardare, c’è anche chi punta una discreta somma su uno di noi scommettendo la vittoria. Non possiamo deluderli. Stanno qui a guardare e dobbiamo dare il meglio di noi. Ne va della nostra reputazione di “giocatori”. Ma soprattutto lui, lui va fiero di questa reputazione che gli è stata data, il mitico giocatore di Poker texano, seduto su questo tavolino verde almeno dieci ore al giorno. Mi ricordo che qualche anno fa, quando di Poker non capivo ancora niente, venivo qui con mia moglie, che adesso non c’è più, ad osservarne qualche partita. Guido era qui, esattamente qui, a questo tavolino, come stasera, a giocare le sue carte, ed ero affascinato dal suo modo di fare, dalle sue movenze eleganti, da quel suo sguardo sempre sobrio e sicuro di sé, anche quando aveva puntato una somma che, se l’avesse persa, pensavo che gli sarebbe cambiata la vita. Ma lui, incredibilmente, non perdeva mai. Piuttosto, intascava regolarmente le puntate degli avversari. Non so, non lo so neanch’io come mai oggi io sia seduto qui a questo tavolino. Non sono un bravo giocatore, ho iniziato a giocare a Poker solo da qualche mese e molta gente mi ha avvertito che non è facile giocare contro Guido. Ma cosa vuoi che sia? Il gioco è sempre uguale, quale che sia il tuo avversario. E poi ora, in tutta sincerità, sono troppo contento per pensare al rischio che ho corso. Ho voluto rischiare, ok, ho giocato duro, è vero, ma per fortuna le cose non stanno andando affatto male! Sono troppo contento. Ho un asso di picche ed uno di fiori tra le mani. Per me, ho già la vittoria. Tra qualche giorno è il compleanno della mia amata figlia. Compie sei anni. E tra un solo mese inizierà la scuola, e voglio che per il suo primo giorno sia perfetta. Da giorni mi parla di uno zainetto che ha visto in pubblicità. Costa tanto, quanto costano questi zainetti, le ho dovuto dire: “Amore mio, papà non può permettersi di comprarti quello zainetto. Te ne prenderò un altro che costa di meno”. Ma poi, alla fine, la mia povera bambina finisce per dover ereditare oggetti, vestiti e zaini dai cuginetti che sono ormai diventati grandi. Il lavoro non è andato bene, negli ultimi tempi. Il mio recente licenziamento ha contribuito a guastare tutto. Mi hanno lasciato con il culo per terra. Vedovo, ad allevare da solo una figlia, e per di più senza lavoro. Non hanno pietà di niente e di nessuno. Non si sono fatti nessuno scrupolo a licenziarmi. Sto cercando lavoro da tanto e non ho ancora trovato niente. Ma la mia bambina sarà contenta adesso, ché potrò permettermi, grazie a questa vincita, di comprarle il suo zainetto preferito, e molte altre cose, perché la fortuna ha deciso di mettersi dalla mia parte. Ho rischiato di perdere tutto, anche, non nego, con un’irresponsabilità non indifferente. Ho puntato tutto quello che avevo! Ma, alle volte, le situazioni in cui ci troviamo non ci fanno temere il peggio. Tutto sommato, avrei perso solo una somma discreta con cui avrei, al massimo, potuto pagare qualche rata di mutuo e comperare qualche pranzo per la bambina. E, va beh, ammetto, forse anche di più! Ma comunque le cose a quanto pare stanno andando benone, per me, quindi perché preoccuparmi?
Guido punta ancora, non si vuole far vedere intimorito. Nessuno lo può intimorire! Credo d’essere stato bravo, perché lo sto portando nella direzione da me desiderata. Sto bluffando un bluff. In verità non è un bluff. Debbo dire che mi manca il coraggio di quest’uomo che ho di fronte: se non avessi avuto questa coppia d’assi mi sarei già ritirato da un pezzo. Ma lui non lo sa. Sono un nuovo giocatore, non mi conosce e non può prevedere le mie mosse o capire se sto bluffando o no. Mi guarda assorto, riesco a malapena a vedere i suoi occhi scuri, di sfida, dietro questa nuvola nera di fumo che esce dal suo sigaro messicano. Gli ricambio lo sguardo, fingendo un poco d’imbarazzo, di timore. Dopo un’ennesima boccata, dice: “Vedo”. È tipico. Non potrebbe mai arrendersi, è il numero uno, la gente qui intorno rimarrebbe delusa da un suo ritirarsi. Viene con me fino alla fine del gioco. Vede e punta. Questo bluffa, starà bluffando, di certo, e quasi mi dispiace che farà una pessima figura di fronte a tutti. Non stacca i suoi occhi da me. Siamo rimasti in due in questa mano. I nostri avversari si sono già ritirati molto tempo fa. È giunto il momento di svelare le nostre carte. “Parla”, mi dice. Contento, soddisfatto, come se avessi conquistato il mondo – perché non è certo cosa di tutti i giorni vincere contro Guido – poso le carte scoperte sul tavolino. Sento il bisbiglio delle persone che ci circondano, specie di quelle che avevano puntato il loro denaro sul mio avversario. Non gli stacco gli occhi di dosso, ho troppa curiosità di vedere la sua reazione. Mi odierà. Ma per lo meno so che, nonostante abbia perso, non rimarrà comunque col culo per terra. È un uomo straricco, lo sanno tutti, non ha certo bisogno di vincere, e lui, beh, lui gioca solo per sfizio, per passione, non come me, che gioco per disperazione. Neanche lui mi stacca gli occhi di dosso. Dopo una profonda boccata al suo sigaro che oramai si è consumato, scopre una ad una anche le sue carte. Non posso credere ai miei occhi! Anche la gente che ci circonda è allibita. Sento un vociare confuso di stupore a cui faccio a malapena caso. Le sue carte, mio Dio, non posso crederci, sono un asso di cuori e un asso di quadri. Rimango allibito. Non capisco se dobbiamo spartire la somma o se vince lui secondo la regola del “come quando fuori piove”. Ma dal suo gesto di prendersi l’intero guadagno, capisco che sia valida la seconda opzione.
Ho perso tutto. Sono disperato. Mi vengono improvvisamente alla mente tante cose. Non ho più una moglie, non ho più un lavoro e, dulcis in fundo, non ho più denaro. Sono rimasto solo con una bambina da allevare ed un mutuo da pagare. Chi riuscirà a guardare in faccia la mia bambina, adesso? Come potrà lei capire che suo papà è stato uno sciocco ed ha perso tutti i suoi soldi in un maledetto casinò? Come potrà lei essere contenta di andare a scuola con uno zaino vecchio mentre tutte le sue amichette avranno lo zainetto della pubblicità? Guido sembra non interessarsi più di me. Si alza e raggiunge una donna dai capelli biondi, che indossa un mini abito rosso, con le paillette dorate, le gambe scoperte. Li guardo dirigersi verso una scalinata, e scompaiono dietro la curva, lasciandomi qui, a bocca aperta. Non mi accorgo nemmeno che mi stanno chiedendo di cedere il posto ai giocatori che prenderanno parte alla prossima partita. Mi ritrovo così, vuoto, solo, disorientato, in mezzo a tutta questa gente ben vestita, in mezzo a questo casino, stordito dal vociare confuso, dal rumore delle palline che ruotano nelle roulette, dalle risate isteriche dei vincitori, “Les jeux sont fait!”, urlano i croupier, “les jeux sont fait!”.