Guardavo tutto dai finestrini. Macchine, bus, aerei, treni, carri funebri. Ogni mezzo, era l’ideale per guardarmi, per specchiarmi, per dare vita a qualcosa.
Intanto c’era qualcuno che mi spiava a sua volta, qualcuno che non ha mai partecipato a niente, ma che ha sempre provato gusto a deridermi. Qualcuno che ha sempre scagliato frecce contro di me, contro la mia schiena, il mio petto.
Poi c’erano loro.
Jack, lui c’era dentro ormai. Non poteva abbandonare nessuno, era l’ancora di salvezza per molti, ed anche lui era spiato e manovrato dal tizio che manovrava me. Lui spiava tutto e tutti. E tutti, non lo sapevano. Comunque, Jack era un’amante dei prati. Erano i suoi rifugi; in quel posto, tirava fuori le energie necessarie a vincere e ad aiutare. Intanto che il tizio manovratore, sghignazzava.
Deo, un bambino con gli occhi limpidi. Stracciava soldi lui, stracciava il valore, il loro valore. Spezzava incantesimi, univa i cuori e le ali spezzate degli angioletti con cui viveva.
Miriam, la vecchia. Lei scriveva, lei beveva, lei fumava, lei scopava, lei cantava a squarciagola. Lei, lei, lei. La donna del mondo, era cosi grande che solo il mondo intero, sarebbe stata in grado di averla completamente. Una magnificenza. Un fiore, senza petali, ma scintillante.
E intanto c’era il tizio spione. Non si faceva mai i fatti propri.
Vedevo dai finestrini questi tizi. Loro godevano, giocavano, correvano. Loro pensavano, loro donavano il proprio cuore. Loro cantavano. Loro urlavano, un cielo infinito da cui scappare, ed una terra minuscola in cui restare. Campi, mari, oceani.
Continuavo a vederli, dai finestrini, il squadernino sulle mie ginocchia, lo spione che mi fissa.
Lo spione scompare, ed il giorno dopo, Deo non c’è più. Scomparso, finito, morto, impiccato con la carta che lui stesso stracciava.
Guardavo ancora, gli altri due continuavano, ma era come guardare un sole senza un raggio. Non era come prima, non poteva più funzionare alla perfezione. E il furbacchione, dietro di me, rideva a crepapelle.
Scompare di nuovo.
Mentre osservavo, Jack scompariva. Come nebbia. Puff.
Miriam, era sola. Il tizio dietro me ululava di gioia. Era rimasta sola, la vecchia, con un altro vecchio che rideva di lei.
Presi la pistola. Sparai. Bum, bum, bum. 3 colpi, forse 4, e la risata continuava. 10, 13,16,46, 53, 60 colpi…e finalmente sentìì la risata cessare. Riposo.
Testa libera, sorridevo, mi voltai. La vecchia, sanguinava e, lentamente, si dissolveva.
D’un tratto capiì.
Separi il sole dalla luna? Sbagliato. Ed io ho errato clamorosamente. Ora son solo, ne l’uno, ne l’altro. Ne il ghiaccio, ne il fuoco.
Lui, sghignazzante, ha portato via elementi piccoli, per testarmi. Io son caduto, rovinosamente. Mai porre fine a qualcosa di non conosciuto.
La corda passava intorno il mio collo, mi issavo sul tavolo, cercavo il bordo.
Mai sfidare, mai forzare, mai uccidere. Ora solo confusione con il mio folle gesto. Mai uccidere..questa volta capii.
Mi sfilai la corda dal collo, mi sedetti, ricominciai a guardare dal finestrino e li vidi.
Non Miriam, Jack e Deo. Questa volta erano Mari, Josephine e Tino.
E nessuno sghignazzava, nessuno fissava.