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Autore Topic: ANNA E ANTONELLO  (Letto 2032 volte)

Offline Fatachiara

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ANNA E ANTONELLO
« il: 19 Gennaio 2011, 12:13:50 pm »
ANNA E ANTONELLO


Anna era emiliana e viveva in un Lido sull’Adriatico.
Era castana di occhi e capelli, qualcuno diceva che era una bella donna e qualcun altro diceva che era insignificante.
Il mare, il molo e la spiaggia erano la sua casa da quando giovanissima fuggì dalle nebbie della Pianura Padana.
Gli adolescenti dei dintorni la trasformarono in una leggenda quando iniziarono a raccontare a tutti, anche ai turisti della stagione estiva che era sola perché il grande amore della sua vita la lasciò mentre la giovinezza le stava dicendo addio e nessuno si innamorò di lei avendo già passato i trenta.
Passeggiava sempre sulla battigia in compagnia della sua malinconia nascondendo i pochi capelli tagliati fino alle spalle in una bandana colorata e le occhiaie in un grosso paio di occhiali scuri.
Andava ogni sera al fioretto con le donne della parrocchia e non apriva mai bocca salvo per cantare e per recitare le vecchie preghiere.
Antonello era lombardo e viveva in una valle il cui fascino stava nel tramonto dietro alle montagne.
Era così bello nella sua giovinezza che tutte le donne vedendolo lungo le strade dell’oratorio e del bar gli sorridevano e lo salutavano.
Qualcuna, vedendolo in auto provenire dal giro in città, si augurava che il semaforo diventasse rosso per potergli chiedere un passaggio fino a casa.
Gli adolescenti lo trasformarono in una leggenda raccontando in città e nelle valli limitrofe che dopo esser stato lasciato nessuna ragazza con meno di vent’anni osava baciarlo al fine di evitare di innamorarsi di lui.
Le ragazze delle scuole medie e delle scuole superiori alla Santa Messa di Natale ed alla Santa Messa di Pasqua arrossivano quando i loro sguardi incrociavano il suo magnetico e seducente quindi per evitare la parte del ruba e spezza cuori, si vedeva costretto ad indossare un paio di grossi occhiali scuri appena si accorgeva di loro.
Entrambi una sera, mentre prendevano l’aperitivo al bar prima dell’ora di cena, vennero avvicinati da una donna.
Era una donna anziana, vestita in maniera stravagante, con un abito bianco con stampati dei grandi fiori rosa e bianchi, un largo cappello di paglia con un nastro rosa ed un paio di ciabatte in sughero con due strisce dorate che si incrociavano abbracciando bene i piedi leggermente abbronzati.
Entrambi la scambiarono per un’isolana del Tirreno, ma quando sentirono il corretto parlare italiano con l’accento del nord, capirono che doveva essere di una metropoli del Nord Italia.
Ad entrambi fissò un appuntamento nel suo palazzo e diede loro una piantina per arrivarci a piedi dalla stazione ferroviaria.
Disse loro che la sosta nel palazzo sarebbe durata dalla mattina del sabato fino al pomeriggio della domenica quindi dovevano prendere con loro almeno un cambio.
Durante la notte che precedeva il giorno dell’appuntamento, prepararono gli zaini ed all’alba partirono.
Arrivarono nella tarda mattinata e nonostante fossero in una metropoli, non trovarono traffico.
Attraversarono viali larghissimi pieni di palazzi antichi e moderni, vennero abbagliati dalle luci delle vetrine dei negozi e dei locali e dopo aver attraversato i cortili del castello, s’incamminarono verso il parco che attraversarono sbuffando per la stanchezza.
Antonello arrivò cinque minuti prima di Anna e dopo aver suonato il campanello, entrò e si accomodò nell’atrio come gli aveva detto la colf della signora.
Anche Anna dovette fare la stessa cosa.
Nell’atrio si guardarono con imbarazzo, capirono che entrambi dovevano incontrare la strana signora ma non si dissero nulla.
La sentirono scendere le scale e si girarono per guardarla; aveva un tailleur nero con una gonna a pieghe lunga ed una camicetta bianca, calze a rete nere, scarpe nere con i tacchi a spillo ed un fazzoletto nero che le copriva il capo.
Senza salutarli, chiese loro:
“Siete arrivati insieme?”
Antonello rispose indicando Anna:
“No, lei è arrivata cinque minuti dopo di me.”
“Seguitemi!” disse la signora girandosi per risalire le scale e perplessi la seguirono.
Entrarono in un enorme salotto e la signora li fece accomodare indicando il divano con un cenno del braccio e continuando a dar loro le spalle.
Soltanto quando si sedettero uno di fianco all’altra, la signora si girò e si sedette su una sedia di fronte a loro.
Li guardò qualche istante e vide che anziché guardarsi, guardavano lei.
Decise di presentarli e finalmente si guardarono in faccia e si diedero una stretta di mano.
Poi disse loro:
“Immagino che vogliate sapere perché vi ho fatto venire qui e perché vi voglio qui per due giorni.”
Antonello rispose:
“Sì.”
“Le leggende che narrano gli adolescenti arrivano alle mie orecchie. Le portano qui i turisti ed alcuni scrittori improvvisati che viaggiano in cerca di nuove ispirazioni. Quando sono arrivate alle mie orecchie le vostre leggende, ho capito chi eravate ed ho voluto incontrarvi; sapevo che quel giorno a quell’ora vi avrei trovati al vostro bar preferito per un aperitivo, per questo mi sono fatta trovare nello stesso luogo accanto a voi. Sapevo anche che non sarebbe stato difficile convincervi a venire qui perché siete persone curiose. Un’altra cosa che so di voi, è che sapete ascoltare i vostri cuori; ascoltate bene ciò che stanno dicendo perché voi vi amate. Vi accompagno nelle vostre stanze per appoggiare i vostri zaini  poi vi recherete in cucina che è la stanza qui di fianco dove è già pronto il pranzo. Se avete bisogno di qualcosa, c’è un campanello con cui potrete chiamare la colf.”
Anna chiese alla signora:
“Lei non pranza con noi?”
“Io verrò a salutarvi domani pomeriggio quando partirete. Rimarrete soli con la mia colf.”
“Perché?”, chiese ancora Anna.
“Perché io sono il vostro colpo di fulmine. Vi ho fatti incontrare ed innamorare. Ora devo andarmene; ma tornerò domani pomeriggio per salutarvi e farvi i miei auguri.”
Antonello ed Anna seguirono la signora mentre li accompagnava alle loro stanze, posarono gli zaini e quando uscirono, notarono che la signora non c’era più.
Da soli si recarono in cucina tenendosi per mano.
Quando entrarono, videro un tavolo con due piatti: uno era di casoncelli alla bergamasca e l’altro di anguille ai ferri con patatine fritte.
Anna chiese ad Antonello:
“Vuoi assaggiare tu il piatto tipico della mia zona?”
Antonello le rispose:
“Non ho fame.”
Si guardarono con insistenza fino a quando l’istinto divenne più forte della ragione, quindi buttarono i piatti in terra e si sedettero sul tavolo per abbracciarsi e baciarsi appassionatamente.
Poi tenendosi per mano visitarono l’appartamento fino a quando trovarono una camera matrimoniale illuminata soltanto da candele.
Entrarono e fecero l’amore fino al pomeriggio del giorno dopo quando si addormentarono distrutti.
Alla sera, la colf entrò per svegliarli e chiese loro:
“Cosa ci fate ancora qui? Dovevate esservene andati da ore. Non potete stare qui.”
Anna le chiese:
“Chi è lei? La colf della signora?”
“Sì, sono io. Vi ho aspettati tutto il pomeriggio dopo che ho sentito che eravate qua ed ho deciso di entrare perché voi non uscivate. Non doveva andare così. Questa è la casa del colpo di fulmine e non potete stare qui di più della durata del colpo di fulmine. Adesso vestitevi , tornate nelle vostre stanze per prendere i vostri zaini ed andatevene subito.”
Quando scesero le scale, trovarono la signora nell’atrio.
Mostrò loro il suo orologio d’oro al polso e disse:
“E’ quasi notte. Perché siete stati a casa mia tutte quelle ore? Dovevate andarvene nel pomeriggio”
Anna rispose:
“Ci eravamo addormentati.”
“Quindi lei è il nostro colpo di fulmine?”, chiese Antonello.
“Io sono il colpo di fulmine di tutte le anime gemelle come voi.”
“Perché ce ne dobbiamo andare? Io ed Antonello stiamo bene qui.”
“Ve ne dovete andare perché non è qui che dovete conoscere l’amore. Qui avete avuto il colpo di fulmine. Ora dovete conoscere l’amore e lo dovete conoscere fuori da qui.”
Anna chiese:
“Dov’è l’amore? In un altro palazzo come questo? Come faremo a conoscerlo?”
“Non lo so, ragazzi. Tanto tempo fa mi trovavo in una città emiliana e sono entrata in un bar. Mi sedetti ad un tavolino vicino ad un altro tavolino dove c’era una donna incinta che parlava con i suoi amici e mi misi ad ascoltare. Finché parlava del colpo di fulmine e dell’innamoramento, capivo tutto; parlava di me ed io mi conosco benissimo. Poi cominciò a parlare di un percorso e lì non capii più niente.
Chiesi spiegazioni al barista ed il barista mi disse che dopo il colpo di fulmine, si conosce l’amore e si inizia un percorso che può portare su strade diverse, tra cui il matrimonio ed il concepimento di un bambino. Non capii assolutamente nulla. Uscii scossa, ricordo. Mi dispiace ragazzi, ma non posso aiutarvi. Adesso, per favore, uscite e ditemi addio.”
Antonello ed Anna non vollero salutare la signora ed uscirono tenendosi per mano.
Trovarono un appartamento in affitto in un palazzo non tanto lontano e siccome era ammobiliato, entrarono subito.
Andarono a letto e caddero nell’oblio quindi si spensero.
Ciò che non aveva capito il colpo di fulmine era che quelle due persone non erano persone bensì leggende.
Se fossero rimaste nella casa del colpo di fulmine, non sarebbero morte perché il colpo di fulmine non le avrebbe mai fatte cadere nell’oblio.
Invece, facendole uscire dalla sua casa, le fece cadere nell’oblio quindi la loro morte era inevitabile.



FINE
Faty