Il tuo pensiero mi ha fatto venire in mente tanti ricordi.
A quell'epoca ero anchio sotto le armi, forse "dall'altra parte", perchè ero sergente, ma non credo, perchè sotto le armi si è sempre tutti sulla stessa barca.
Ero un ragazzo e ho conosciuto tanti ragazzi che mi chiedevano perchè volessi stare sotto le armi e non godermi la libertà, come dicevano loro. Ma la mia libertà era quella. Amavo quella vita, forse anche troppo, amavo sprazzi di libertà che venivano da fuori, portati da quei ragazzi infagottati nelle loro uniformi che sbiadivano velocemente con la vita di caserma, da reclute diventavano ben presto soldati. Amavo passare le notti di guardia e di ronda con loro, sollevare il morale ai più abbattuti o nostalgici di casa, parlando a lungo, di guardia a un deposito munizioni o a un cortile, come la canzone dei Pooh.
Mi raccontavano dei genitori, della ragazza, amavo figurarmi la vita che avevano vissuto e che li aspettava usciti da quelle mura, mentre per me, lo sapevo, mi ero arruolato per quello, tutto questo mi era stato negato, precluso, non sarei mai stato felice.
Piangevo assieme a loro quando si congedavano, perchè un pezzo della mia vita che avrebbe dovuto e potuto essere se ne andava. Poi ricominciavo da capo con le nuove reclute.
Da qui all'eternità.
Sembra un racconto, ma è la storia della mia vita.