Il mio e i vostri incubi... diurni e notturni. Raccontiamoci...
Volevo un giorno da ricordare… ma è stato un incubo da dimenticare!
E’ il suo ultimo giorno di ferie estive e, appena alzata, il primo pensiero martellante nella mente è quello di voler godere di ogni ora, minuto e momento che restano prima di rientrare nella routine quotidiana e abitudinaria, che non disprezza affatto, perché oltre ad essere utile alla sopravvivenza è notevolmente gratificante in quanto ama il suo lavoro.
Intenta ad assaporare e rendere piacevole ogni istante di quelle ultime ventiquattro ore, viaggia con la mente alla ricerca di ciò che permetterà di rendere particolare la giornata. Si domanda come può impiegarla affinché sia diversa e ricordarla con il sorriso in bocca, e comunque non intende rinunciare al suo abbraccio con il mare ed il sole, nella spiaggia così straordinariamente benefica e rilassante dove si è recata negli ultimi giorni liberi, rifugio a lei tanto caro sia per la tranquillità che per la vicinanza a persone che sente vicine al cuore.
Per cui, preparato l'occorrente necessario per stare via qualche ora, dà un'ultima occhiata tra le mura di casa e si dice che, strada facendo, un'idea se la farà pur balenare: la fantasia non le manca davvero ed è solita scherzare con il destino modificandone repentinamente le sue strade. Così, frizzante nell''umore e con quella carica di entusiasmo che la fa gioire come un'adolescente, è pronta sull'uscio di casa con il borsone da mare in mano e mentre sta inserendo le chiavi tintinnanti nella serratura viene fermata dall'inaspettato e insolito squillare del telefono.
Precipitosamente si avvicina all'apparecchio sperando non sia un richiamo anticipato al lavoro - ma poi dirà che sarebbe stato mille volte meglio - e sente la propria voce rispondere: "Sì! Tua madre? Come? Quando? Va bene, corro subito! Intanto vado e ti aspetto là" e avverte il pavimento… sprofondare sotto di lei.
* * *
La vedo, distesa sul pianerottolo di casa circondata dalle vicine di condominio; il viso, in un forzato sorriso come volesse allontanare la gravità della cosa, è una maschera punzecchiata di rosso e, nell'insieme, tutto il corpo è come avesse ricevuto una scarica di proiettili di sangue. All'interno dell'abitazione mi destano impressione quegli schizzi rossi alle pareti che partono dalla porta-finestra con i vetri rotti mentre sul pavimento un piccolo ma lungo rigagnolo di sangue, che pian piano tende a raggrumarsi e ad imbrunire, fa intuire il percorso che ella ha effettuato prima di distendersi fuori dell'ingresso di casa, nell'attesa di ricevere lo sperato aiuto, gridato fino a quel momento con voce sofferta.
Le immagini che mi si parano davanti bloccano tutto il mio essere dandomi l'impressione di trovarmi sul set di un film d'horror. Domando come possa essere successo tutto ciò, quell’inspiegabile e raccapricciante scena che neanche a volerla studiare in tutti i suoi preparativi si sarebbe riusciti a renderla così perfettamente spaventosa e macabra. Contrariamente a come ella è di solito, in questa drammatica circostanza cerca di scusarsi e tenta di ironizzare sull'episodio con il sorriso in bocca, timorosa di ricevere i rimproveri e le sgridate del caso.
Immediatamente il pensiero che più intimorisce la mia mente è quello di crederla paralizzata visto che non noto fratture alle gambe, né al collo, né alla testa ma solo una visibile compromissione all’arto superiore dove le viene tenuto compresso un asciugamano che pian piano tende a cambiare colore perché si intride sempre più di sangue. A questa agghiacciante
visione mi consola però il fatto che è cosciente e vigile perciò deduco che non sia in fin di vita, anche se mi convinco che essendo caduta da un'altezza di due metri, piccola com'è e con un'elevata forma di osteoporosi, di sicuro si sarà rotta… la colonna vertebrale.
La vedo e la credo paralizzata e questo mi crea panico. Un vortice di pensieri percorre la mia mente rendendomi per un momento disperata e per l’altro leggermente sollevata e mentre aspetto con ansia frenetica il 118 annoto mentalmente tutte le dichiarazioni che lei ha reso alle vicine di casa e di come si siano premurosamente attivate dopo aver udito i suoi flebili lamenti di aiuto. Ringraziandole per la loro vicinanza carica di calore, commossa le saluto, e vedendole lentamente far ritorno nelle rispettive abitazioni mi accingo, disperata come un naufrago, verso un incognito percorso... di sofferenza.
I suoi occhi supplichevoli mi guardano alla ricerca del perdono per il disturbo arrecato, sicuramente con la consapevolezza che il suo agire è stato veramente imprudente e mentre la osservo percepisco la sua mal celata paura, una grande paura per ciò che ne potrà conseguire nel suo corpo e nella vita di tutti.