Ciao AndGiò3000,
Mi presento, mi chiamo Hannah, sono nata a Glendale in california dove tutto ebbe inizio, ora vivo qui in Italia dove spero che tutto abbia fine, il più presto possibile.
Sono andata oltre la pazzia, non solo per amore
ho superato l'amore, ed ho scoperto che oltre c'è l'odio
Ho conosciuto la vita e la morte, ma preferisco la seconda
mi sono posta molti perchè, ma poche risposte
ho sognato molto, ed ho avuto incubi ad occhi aperti.
ho pianto, riso e parlato a molte persone, ho desiderato tanto, ora, tutto questo è finito.
ho amato più della mia stessa vita, ed è tutto sparito.
ho provato a guardarmi allo specchio senza provare schifo. ed ho scoperto la vergogna.
tra milioni di ma, e altrettanti se sono arrivata fino a qui, e finalmente mi sono resa conto, che la cosa più facile è mollare tutto, lasciarsi andare, giù, oltre il fondo, dove tutto è pace, dove ogni sensazione svanisce, dove tutto quello per cui ho lottato. non conta più un cavolo
Perchè tutto quello che tocco sparisce?
Ora, se per cortesia dai uno sguardo quì sotto, forse riusciresti a conoscermi meglio
Avevo 16 anni, ero innamoratissima. Mio fratello era sempre fuori per lavoro o per altre sue cose, ed io rimanevo sempre da sola con mia mamma. Oltre che andare a scuola dovevo badare anche a lei che si muoveva a fatica. Andavo anche a lavorare di tanto in tanto, lavori part-time, guadagnavo poco, però me li facevo bastare, non avevo molte pretese. Ma da quando conobbi Tuan le cose cambiarono: lui era molto dolce con me, era un tipo molto socievole, ma a differenza di me, aveva i piedi per terra, tanto che a volte non riuscivo ad entrare nei suoi discorsi, era la mia parte mancante. Il lavoro che facevo non mi bastava più, mia madre non era in grado di contribuire con i suoi soldi alla mia "nuova vita" e da quel momento mi rendevo sempre più conto che la libertà aveva un prezzo. Cominciavo a sentimi sola, con un immenso desiderio di crescere. Non si ha idea di come sia difficile tirarsi su da soli finché non ci si trova ad esserlo, specie in un paese grande come l'America. Glendale era poco lontano da Los Angeles, c'era tanto divertimento, e tantissime opportunità di lavoro, ma anche tante falsità e troppi pericoli per una sedicenne come me che viveva nel mondo dei sogni (non è cambiato molto da allora). C’era tanto pericolo di imboccare la strada sbagliata, come in ogni parte del mondo. E, purtroppo, una di queste l'ho imboccata io. Sono sempre stata una sognatrice, pensate esserlo a Los Angeles o in un'altro posto simile, alla mia età era facile perdersi: andavo a scuola e mi toccava lavorare se volevo uscire con le amiche, mio fratello a volte non rincasava per giorni, quindi, lascio a voi immaginare com'erano i miei giorni, la scuola, badare alla mamma, il lavoro quando trovavo il tempo… Provai a cercare opportunità di lavoro fra gli annunci, ma quasi tutti mi davano la stessa risposta, "le faremo sapere". Passarono i giorni, ed alla fine andai a lavorare in un negozio di abbigliamento. Da lì, senza dilungarmi troppo, sono finita a fare la fotomodella per una ditta di biancheria intima. La paga era super e non c'era molto da fare. Fin lì sembrava tutto facile, anzi, troppo facile, finché mi resi conto che la strada in cui mi ero incamminata era quella sbagliata. Avevo 17 anni, in quel periodo ero ingenua, ma di sicuro molto innamorata, volevo avere la mia indipendenza ed ero disposta a tutto per ottenerla. Ma nel mondo in cui ero appena entrata si va avanti per compromessi, ed ora non desidero altro che nasconderlo, se non altro al mondo intero.
È stato in quel periodo che io e Tuan ci siamo conosciuti.
Ricordo che una sera uscimmo insieme sulla sua moto, gli piaceva molto correre. Era una di quelle moto che fanno tanto rumore, tutta cromata, faceva talmente tanto rumore che dovevamo gridare per poter parlare. Casa sua distava circa 50 km, quella sera per fortuna non c'era molto traffico, ho una paura tremenda, a lui invece piaceva correre. Comunque, non ero tanto allegra, ero tesa come una corda di violino. Eravamo dietro ad una ambulanza che all'improvviso accese le luci e la sirena, girò bruscamente, e noi due ci trovammo di fronte ad un incrocio. Tuan provò a frenare ma i freni non funzionarono, e la cosa che mi scosse di più fu che Tuan si tolse il casco.
Sentivo la moto rallentare lentamente, mi disse di mettere il casco e lui rimase senza, davanti a noi c'era un grosso camion fermo. Non ricordo molto bene cosa successe immediatamente dopo, ma finimmo fuori strada. Mi rialzai con fatica perché non ci vedevo più, la visiera del casco era sporca e, come se non bastasse, era buio. Mi tolsi il casco, non capivo da dove arrivasse tutto quel sangue, ero bloccata, realizzai dopo un po’ quello che era successo.
Non trovavo più Tuan, dopo un po’ inciampo sulla sua moto, e lui pochi metri più lontano riverso a terra nell'erba alta, riuscivo a vedere a momenti, aiutata dai fari delle auto che passavano sulla strada. Lo chiamo, grido aiuto senza risultato, gridavo con tutta la forza che avevo ma nessuno mi sentiva, “Aiutateci vi prego!”. Le auto rallentavano ma nessuno si fermava, mi abbassai per aiutarlo, tutto quel sangue, e nessuno che mi aiutava, nessuno che si fermasse. Non sapevo se pregare Dio oppure gridare aiuto. Continuavo a toccarlo, a scuoterlo ma non si muoveva. Piangevo gridando, l'unica cosa che riuscivo a fare era gridare, gridavo ma non sentivo più la mia voce, continuai a gridare, ma non sentivo altro che il rumore delle auto che passavano sulla strada vicina, e poi ancora, e ancora, andai di corsa sulla strada, e per istinto, cominciai a correre, senza meta, non si fermava nessuno. Chiedevo aiuto facendo cenno con le mani, e poco dopo si fermò un'auto della polizia, e da quel momento non ricordo nulla.
Mi risvegliai in ospedale dopo circa tre giorni. Di fianco a me c'era mio fratello e una ragazza. Da quel terribile momento la mia vita non è stata più la stessa, ancora oggi ne porto i segni indelebili dentro di me.
Nei mesi successivi, che trascorsero lenti come se qualcuno avesse fermato tutto, vedevo la scena di Tuan riverso a terra, come in un film in cui s'inceppa la pellicola e trasmette solo quella scena, sempre, sempre, di continuo, senza sosta.
Il 23 marzo, mia mamma morì, e con lei anche una parte di me.
Mio fratello ed io partimmo per l'Italia da mia zia, l'unica che mi è rimasta, ma non cambiò granché: mio fratello arrangiò un piccolo ufficio in una stanzetta, lui dormiva sul divano in soggiorno ed io stavo con mia zia. Dopo una settimana circa conobbi il primo dottore italiano, da allora non ho più smesso di conoscerne degli altri. Mi diedero delle pastiglie e delle gocce, non dormivo più. I miei giorni, la mia vita si erano fermati a quella sera, tutto di me si era arrestato quella sera, non mi sentivo soltanto vuota, non sentivo niente, non riuscivo a capire, a sentire, a captare quello che mi stava succedendo. Mi domandavo per quanto tempo ancora doveva continuare così, non sopportavo più di vedere mia zia parlare con mio fratello, vedere lei con le lacrime agli occhi, bastavo io a soffrire per tutti. Non vedevo uscita, la strada della mia vita che fino a quella sera era stata tutta così chiara, era diventata una strada buia, senza uscita, insopportabili i pensieri, emozioni sconosciute che mi laceravano dentro, che mi consumavano piano piano, voglia insaziabile di veder spegnersi tutto quanto. “Ma non sta succedendomi sul serio” pensavo in quelle poche volte che tentavo di farmi forza. Oltre a sentirmi sola, avevo dentro di me un'enorme rabbia, rabbia per me stessa, schifo per la vita e per Dio che me l'ha donata, se non si fosse tolto il casco, ora sarebbe ancora vivo.
Il pensiero che aveva sacrificato la sua vita per salvare la mia si aggiunse alle altre sofferenze dandomi la forza di farla finita, di dire basta a tutto, di spegnere per sempre l'interruttore. Mi chiusi in bagno e mi tagliai le vene di tutte e due i polsi, mi sedetti nella doccia, non sentivo dolore, forse perché il dolore che avevo dentro era così forte da coprire qualsiasi altra cosa. Maledetta vita, maledetta, maledetta, maledettaaaa! I secondi mi sembravano giorni, i minuti anni. Dopo sentii freddo, tanto freddo, e piano piano, si spense anche la luce.
Mi risvegliai in ospedale, ero da sola, guardavo le gocce della flebo che scendevano piano piano. Non ce la facevo più, dovevo alzarmi, andare via, fuori, scappare, mi strappai l'ago, e cercai di trovare l'uscita. Un infermiere, poi altri, mi riportano indietro, non capivo cosa dicevano, poi mi addormentai. Al mio risveglio c'era mia zia ed una sua amica, Lucia. 10 giorni dopo uscìì dall'ospedale e tornai a casa a Varese con la pancia mi faceva male ormai da giorni. Non riuscivo a parlare, mia zia mi portò da un'altro dottore. Non capivo bene cosa dicevano, ma il dottore mi spiegò nella mia lingua che avevo subito un aborto e toccava fare il raschiamento di nuovo.
Io sentivo, ascoltavo le parole del dottore che si appesantivano sempre di più, l'eco le distorceva, una lacrima, forse l'ultima, scappò via dai miei occhi, non avevo più posto nel mio cuore per altro dolore. Aborto? Non ne sapevo nulla, poi svenni. Mi riportarono a casa, venne anche Lucia che divenne la mia compagna di vita. Devo soprattutto a lei se sono ancora quì a scrivere. Passarono mesi, e ci fu l'idea di una vacanza, partimmo per la Calabria, Tropea. Avrei dovuto essere contenta, ma sembrava tutto grigio, a tratti trasparente. Dopo qualche giorno che eravamo a Tropea, andammo a vedere i Pooh in concerto, in un paese vicino, non ricordavo nulla di quello che vedevo, alla fine si era fatto tardi, e ci fermammo in una pizzeria a mangiare qualcosa. Lì ho conosciuto Michele, faceva il pizzaiolo, non avevo né fame nè sete, mi sentivo sparsa per il mondo. Michele fece dello straordinario quella sera, le pizze che non mangiavo le ributtava nel forno e me ne presentava un'altra, e poi ancora e ancora, continuava ad infornare pizze e le portava a me che ero seduta al tavolo con Lucia e mia zia. Alla fine forse gli era rimasta l'ultima pizza da fare, forse esasperato se la sbatté in faccia da solo,
riuscì a strapparmi un sorriso, lui si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia, da allora siamo rimasti insieme per 4 anni. E anche se io dovetti ritornarmene a Varese, lui veniva tutti i mesi a trovarmi.
Ero finita in un tunnel lungo, buio, senza speranze. La mia vita era finita quella sera, in un posto lontanissimo da dove mi trovavo, ma che porterò nel mio cuore per sempre.
Ora però, un raggio di sole era spuntato anche per me. Michele mi telefonava 3 o 4 volte al giorno, mi faceva ridere, ogni tanto mi diceva “Ma stai ridendo almeno?” ed io battevo una volta sul tavolo, poi lui continuava nei suoi discorsi un po’ strampalati, a volte insensati, le provava tutte per farmi ridere, poi la sera ci beccavamo nelle chat, dove anch'io potevo fargli sapere qualcosa, e tra una visita e una telefonata andò avanti per 4 anni. Io lo amo ancora non so lui però, ma non me ne faccio un peso, cioè penso sia una cosa naturale, si insomma succede a tutti di lasciarsi no? continuai a chattare, mi sentivo libera, quasi normale, decisi di continuare a studiare, cosa che facevo di giorno, perché poi la sera andavo in chat. Ne scoprii una molto bella, e chatto lì da più di un anno, sono diventata tenente.
Ma 3 sere fa un ragazzo in chat mi rivelò quello che per tutta la mia vita avevo cercato di nascondere. Non gliene faccio una colpa, lui non poteva sapere, tutto è ritornato a galla, come in un flash di luce abbagliante, ed ora mi ritrovo da sola, ancora dispersa, piena di vergogna, di rabbia, di disperazione. Non riesco ad accettare il mio passato, che è tornato a bussare alla mia porta, perché la gente non mi accetta per quello che realmente sono. Perché ogni volta che provo ad essere sincera rimango da sola? Perché tutto quello che tocco sparisce? Perché???
Ora trascorro gran parte delle mie notti parlando da sola, pregando Dio perché mi aiuti. Quanto è grande il debito che devo pagare per poter avere finalmente un po’ di pace! Riprenditi questa stupida vita che mi hai dato, non la voglio più. Vorrei non essere mai nata, vivo con la voglia di morte, str**a di morte, tu che mi hai fatto visita molte volte nella mia vita, portami con te la prossima volta, ma fallo in fretta.
Ecco qui, questa è la sintesi della mia vita. Bastava semplicemente scrivere: "Ho tanta voglia di morire". scusa per il tempo che hai perso a leggere.
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